Da Wall Street alla City cresce la protesta contro i mega-bonus

Aumentano gli azionisti che votano contro compensi top manager

MAG 7, 2016 -

Roma, 7 mag. (askanews) – Martin Sorrell dovrà essere molto convincente con gli azionisti di Wpp per giustificare i 70 milioni di sterline di compensi del 2015. Sorrell non è l’unico executive che deve fronteggiare la crescente irritazione degli azionisti contro mega-bonus e compensi da capogiro nonostante le performance poco brillanti di molte aziende. Da Wall Street alla City, ma anche a Parigi e Zurigo, la lunga stagione delle assemblee societarie è caratterizzata dalla “rivolta” di molti azionisti nei confronti delle relazioni sulla remunerazione dei manager.

Non sembra una replica del 2012, quando è stato toccato il picco dei voti contrari delle assemblee dei soci ai compensi, ma dopo tre anni di incessante progressione dei corsi azionari, quest’anno chairman, board e ceo devono fare i conti con performance azionarie piuttosto deludenti.

Sorrell nel 2012 registrò il voto contrario al suo compenso da 30 milioni di sterline dal 60% dei soci, da allora un quarto degli azionisti boccia la relazione nonostante negli ultimi 5 anni la capitalizzazione di Wpp sia raddoppiata a quasi 31 miliardi di sterline.

Martedì prossimo si annuncia una giornata calda anche per Rakesh Kapoor, ceo della Reckitt Benckiser, e il suo compenso da oltre 23 milioni di sterline. Alcuni investitori hanno annunciato voto negativo sui compensi.

La bocciatura dei compensi da parte degli azionisti non ha effetti diretti. In gran parte dei paesi il voto dell’assemblea dei soci non è vincolante. In alcuni casi tuttavia ha portato a modificare i profili di stipendi e bonus. Nel 2012 l’ira degli azionisti su stipendi esorbitanti portò alle dimissioni del ceo di AstraZeneca David Brennan e di quello di Aviva Andrew Moss.

Non è stato il caso di Renault dove il ceo Carlos Ghosn la settimana scorsa ha visto il voto contrario del ministero delle finanze francese (azionista con quasi il 20%) al suo compenso da 7,5 milioni di euro (oltre agli 8 come numero uno Nissan), confermato immediatamente dal board.

Il caso più emblematico di questa stagione è quello del ceo di Bp, Bob Dudley. Oltre il 60% degli azionisti ha bocciato i compensi di Dudley aumentati del 20% a quasi 20 milioni di dollari nonostante la perdita record del gruppo petrolifero. Anche Mark Cutifani di Anglo American ha dovuto subire il voto contrario della maggioranza dei soci alla sua remunerazione che comprendeva un bonus da 3,4 milioni di sterline nonostante un tionfo del 75% del titolo nel corso del 2015 e una perdita netta da 3,7 miliardi di sterline.

Maggioranza dei soci contraria ai compensi anche per Smith & Nephew e per la Weir Group. Al gruppo farmaceutico Shire i contrari alla politica dei compensi è salito al 49,45%, in particolare sull’aumento del 25% a 21,6 milioni di dollari della retribuzione del ceo Flemming Ornskov.

Il blog “asyousow.org” ogni anno stila una classifica dei 100 manager eccessivamente pagati. Al primo posto c’è il ceo di Discovery Communications, David Zaslav, con 156 milioni guadagnati l’anno scorso e secondo gli analisti del blog la giusta remunerazione doveva fermarsi a 14 milioni. In vista dell’assemblea dei soci del 19 maggio il fondo CtW Investment ha raccomandato di votare contro la relazione sui compensi.

Qualche mal di pancia potrebbe manifestarsi anche all’appuntamento di Gilead Sciences l’11 maggio. Il ceo John Martin da anni è una della star di Wall Street. Tra parte fissa e bonus i compensi di Martin oscillano intorno ai 18 milioni di dollari ma lievitano con le stock option. Solo l’anno scorso gli hanno fruttato 164 milioni e dal 2011 ha intascato quasi 600 milioni. Ma da metà dello scorso anno il titolo ha interrotto l’incessante rialzo e staziona a un livello inferiore al 25% dai massimi.

Alcuni azionisti hanno puntato il dito anche sul tesoretto pensionistico di Jeff Immelt, ceo di General Electric. Nel 2015 è aumentato solo di 6,3 milioni dopo i 18,5 milioni dell’anno precedente. In ogni caso in 13 anni è arrivato a sfiorare gli 80 milioni. Secondo Rosanna Weaver, analista dei compensi dei top manager, “più che un piano pensionistico è un trasferimento di ricchezza intergenerazionale”.

Secondo la società Equilar dal 2011 al 2015 è salito dal 63% all’83% la percentuale delle corporation americane che legano i compensi alla performance del titolo. Il nuovo ceo di Google Sundar Pichai potrebbe beneficiare di 200 milioni di dollari. Tim Cook di Apple vanta un pacco di azioni ancora sottoposto a restrizioni che vale 543 milioni. Ma il numero uno di Apple ha chiesto due anni fa al board e ai soci nuove regole più penalizzanti su incentivi a lungo termine e stock option anche con effetti retroattivi.

Il ceo di Allergan, Brenton Saunders, invece ha incassato nel 2015 un bonus da oltre 20 milioni di dollari non in azioni e gli studi di consulenza ISS e Glass Lewis hanno raccomandato il voto contrario in quanto la componente fiscale sul bonus sarà pagata dal colosso farmaceutico. I 5 top manager di Allergan hanno incassato in totale 52 milioni di dollari per la definizione della fusione con Pfizer (poi saltata).