Confindustria,il programma di Boccia. 8 fattori per competitività

Relazioni industriali prima leva di competitività

MAR 17, 2016 -

Roma, 17 mar. (askanews) – Rilanciare la “vocazione industriale” dell’Italia agendo su otto fattori di competitività. E’ questa la linea indicata da Vincenzo Boccia, candidato in corsa per la presidenza di Confindustria, ai 198 membri del Consiglio generale.

Prima leva di competitività sono le relazioni industriali. Per Boccia “con il Jobs act il governo ha aperto la strada al superamento del mercato del lavoro rigido e dualistico”. Ora “spetta a noi ora la grande responsabilità di completare la riforma con un assetto di relazioni industriali adeguato alle sfide competitive che abbiamo di fronte”. Il livello aziendale di contrattazione, ad eccezione del comparto delle costruzioni, deve diventare cruciale mentre quello nazionale “può ancora servire a definire le tutele fondamentali del lavoro”.

Seconda questione, il credito e la finanza per la crescita e le reti d’impresa. Occorre “costruire una finanza al servizio delle imprese”.

Terzo fattore di competitività è la riforma dello Stato, “la riforma delle riforme per sbloccare il Paese”. Occhi puntati, in primis, sul capitolo delle semplificazioni sulle quali si avanza “troppo adagio”.

Quarto punto la questione fiscale. A giudizio di Boccia “il nostro sistema resta oppressivo” e “continuiamo a pagare non solo troppe tasse ma anche cattive tasse”. Bisogna abdare verso una “drastica semplificazione”.

La questione energetica è il quinto nodo da affrontare per rilanciare il Paese. Vi sono “ampi spazi su cui intervenire per ridurre il costo dell’energia e rimuovere le barriere che limitano la libera circolazione dell’energia a livello europeo”.

Cruciale è poi, come sesto fattore, il capitale umano. “Non possiamo pensare di affrontare le sfide tecnologiche del futuro senza avere le competenze tecniche”.

Internazionalizzazione e Sud sono le ultime due leve di competitività. Valorizzare il made in Italy nel mondo, secondo Boccia, “deve essere per noi una missione”. Quanto al Mezzogiorno, “non ha bisogno di politiche speciali ma di politiche più intense”.