Banche, il tetto Ue su titoli di Stato: tegola da 1.200 miliardi

Il documento dei 5 presidenti rimanda il tema a Comitato Basilea

FEB 18, 2016 -

Roma, 18 feb. (askanews) – Il premier Matteo Renzi ha detto a chiare lettere che l’Italia metterà il veto su qualsiasi iniziativa per introdurre un tetto al possesso di titoli di Stato da parte delle banche. Tema spinoso e delicato che alimenta divisioni dentro l’area euro che arrivano anche all’interno della Bce. E’ di un anno fa infatti la proposta del numero uno della vigilanza bancaria della Banca Centrale Europea, Daniel Nouy, di limitare il possesso di titoli di Stato di un singolo Paese da parte delle banche al 25% del proprio capitale.

Una proposta che ha trovato l’immediato favore dei falchi tedeschi, dal ministro delle finanze Wolfgang Schauble, al vertice della Bundesbank. Frena invece il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che in quanto anche ministro delle Finanze dell’Olanda non è certo una colomba. E proprio oggi al parlamento europeo ha rilevato che serve un “approccio graduale”. “Non puoi chiedere alle banche che sono state strutturate in un dato modo di cambiare questo aspetto in tempi brevi”.

All’Ecofin della scorsa settimana, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva espresso la contrarietà italiana a introdurre meccanismi di limiti automatici. “La vera questione va ben al di là dei vincoli sui portafogli delle banche, è una questione che deve essere risolta nel processo di Basilea e a livello globale”.

Forse a Berlino e in qualche altra cancelleria dell’area euro, nonché in qualche ufficio dell’Eurotower dimenticano il rapporto dei 5 presidenti del giugno scorso per rafforzare l’unione economica e monetaria. Juncker, Tusk, Draghi, Schultz e Dijsselbloem hanno sottolineato la necessità di procedere rapidamente a introdurre la garanzia europea sui depositi mentre qualsiasi modifica regolamentare su come trattare i titoli di Stato nei bilanci delle banche deve essere affrontata a livello globale con un accordo nell’ambito del Comitato di Basilea.

Indicazione ricordata recentemente dal vice presidente della Bce, Vitor Constacio, che ritiene pericolosa l’introduzione di un tetto per il possesso di titoli di Stato. I bond governativi dell’area euro ammontano a quasi 6.900 miliardi di euro e di questi oltre 2.800 miliardi sono nei portafogli delle banche. Con un tetto al 25% le banche dovrebbero rafforzare il capitale di alcune decine di miliardi di euro o in alternativa dismettere titoli di Stato per la parte eccedente i 1.600 miliardi, ovvero ben 1.200 miliardi.

Nell’area euro la fotografia dei bilanci bancari presenta tinte piuttosto diverse. Nel portafoglio delle banche italiane i titoli di Stato (389 miliardi di euro a dicembre secondo i dati Bankitalia) sono quasi il 15% degli attivi rispetto a una media europea del 9%. Anche la Spagna presenta un valore (340 miliardi) sopra la media (13,5%) mentre la Germania è in linea (9% con 380 miliardi di bond) e la Francia è al 6% (con 303 miliardi di euro di titoli governativi). Quasi un paradosso la Grecia è agli ultimi posti. Le banche greche infatti detengono soltanto 11 miliardi di euro in titoli di Stato.

Molti analisti concordano sul fatto che limitare il possesso di titoli di Stato avrebbe effetti molto negativi sul funzionamento del mercato secondario. Le banche detengono ampie quantità di bond governativi per una serie di ragioni. Si tratta di strumenti molto liquidi, che possono essere utilizzati come collaterali e con favorevole merito di credito.C’è invece una stretta relazione tra titoli di Stato in portafoglio e credito all’economia. Uno studio del Fondo monetario internazionale rileva che per ogni euro in più di bond governativi le banche riducono di 60 centesimi il credito a famiglie e imprese.

Il dibattito sul limite al possesso di titoli di Stato da parte delle banche rischia comunque di non centrare il bersaglio. E soprattutto sembra ignorare le cause della crisi finanziaria esplosa nel 2008. Le ingenti perdite accusate dalle banche tra il 2008 e il 2012 sono state determinate in larga parte dall’eccessiva assunzione di rischi (derivati e strumenti finanziari esoterici come i cdo sintetici) e dalla elevata esposizione sul settore immobiliare, comprendendo mutui subprime americani e altri asset tossici.

Il bilancio della crisi finanziaria è che i salvataggi bancari sono costati alle casse degli Stati dell’area euro, e quindi ai contribuenti, oltre 800 miliardi di euro a fronte di appena 50 miliardi di euro di perdite accusate da tutte le banche con esposizione sui titoli di Stato della Grecia. Salvataggi che con la direttiva sul bail-in in vigore dal primo gennaio non sarebbero più permessi.