Rapporto classe dirigente: abbassare spread della sintonia con il Paese

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(askanews) – Roma, 22 mag – Abbassare ”lo spread dellasintonia” con il paese: ascoltare i cittadini, imprese eterritori, favorire la crescita e lo sviluppo locale. Questala ricetta contro la crisi di rappresentanza contenuta nelsettino rapporto sulla classe dirigente, realizzatodall’Associazione Management Club (AMC) unitamente a LUISSGuido Carli e Fondirigenti, presentato oggi a Roma. Il rapporto ha continuato a presidiare un duplice aspetto:quello della debolezza delle elite, che si manifesta, non daoggi, in ogni ambito e livello e non solo nella politica,nonche’ quello della necessita’ di ritrovare una saldaturavirtuosa tra Rappresentati e Rappresentanti.

Nel paese crescono le tensioni e l’insoddisfazione cheanche nelle recenti elezioni ha portato alla ribalta lalogica della orizzontalizzazione, con derive di protesta.

C’e’ quindi il rischio di perdere il contatto tra e’lite erappresentanti e bisogna promuovere una sintonia positiva.

Le tendenze di fondo sulle quali si e’ partitinell’analisi: uno scivolamento verso l’alto della sovranita’nazionale e una deresponsabilizzazione strisciante delleazioni a livello locale; le rappresentanze appaiono ancorafortemente autoreferenziali; si avverte la necessita’ di daremaggiore attenzione nei confronti dei temi della crescitarispetto a quelli del rigore. Da qui l’esigenza di esercitareil ruolo della rappresentanza, di saper guardare ”in alto”e contemporaneamente di saper guardare ”in basso”,interpretando appieno una modalita’ di esercizio del ruolo diclasse dirigente che aggancia e sostiene le dinamiche inbasso per rappresentarle successivamente in alto in tutti ilivelli necessari, siano essi nazionali, europei o mondiali.

Secondo il rapporto l’Italia non potra’ salvarsi guardandosolamente in alto (a Bruxelles). Rivendicare un auspicabilerecupero della decisionalita’ politica non basta se quelrecupero non e’ sostenuto da una ristrutturazione radicaledei nostri apparati amministrativi centrali e periferici. Nonbasta decidere se poi non si possono implementare quelledecisioni.

L’Italia avrebbe bisogno di modernizzare le istituzionirappresentative e di governo per accrescere la loro efficaciae legittimita’. Come si documenta nel rapporto, la riformadel Titolo V della nostra Costituzione non ha alzato ilivelli di auto-governo delle Regioni, piuttosto ha alzato icosti per il loro mantenimento. Anche a livello centrale le cose non vanno bene:bicameralismo simmetrico, rappresentanza parlamentarepletorica, procedure decisionali barocche. In un contesto adalta integrazione economica e monetaria, l’Italia fatica apromuovere i propri interessi. Fatica a farlo verso l’alto(l’Europa), fatica a farlo al centro (a Roma), fatica a farlonei territori. Ci vuole una riscossa delle elite diffuse, unosforzo culturale da parte loro di superare antichiparticolarismi e fazionismi, ci vuole un nuovo pattonazionale per rendere il paese piu’ efficiente e piu’giusto.

Le elezioni del 24-25 febbraio scorsi hanno consegnato unpaese disorientato e arrabbiato. Occorre ridare al paese unavisione del futuro.

Sul versante economico, la densita’ industriale nellesingole aree ha effetti diretti sulla produttivita’ delleimprese stesse. I dati vedono una situazione divaricata tranord e sud in termini di quantita’ e la qualita’ delleinfrastrutture di informazione e di comunicazione, qualita’delle disposizioni normative, livello e qualita’ dellatassazione sulle imprese, quantita’ e qualita’ della PubblicaAmministrazione presente sui territori. A tutto questo siaggiunge poi l’insieme di altre infrastrutture immateriali ein primo luogo le spese di Ricerca e Sviluppo e il livello diistruzione della popolazione che sottolineano ancora unavolta il ritardo complessivo dell’Italia rispetto all’Europae in particolare del Mezzogiorno rispetto al Paese.

Diventa centrale definire le giuste priorita’ da partedelle classi dirigenti per quanto riguarda il livello diperformance industriale dei diversi territori del Paese. Unastrategia per l’attrazione e lo sviluppo delle attivita’industriali, e per il conseguente rilancio dellaproduttivita’, passa per un impegno forte delle e’lite edelle classi dirigenti per dotarsi di regole e processi checonsentano di investire in infrastrutture, di ridurre il pesodella PA e parallelamente il carico fiscale sulle imprese, diottemperare agli obiettivi della strategia ”Europa 2020”per il capitale umano da noi stessi sottoscritti. La situazione al Sud appare preoccupante. Non colpiscetanto che la recessione abbia inciso di piu’ nelle regionimeridionali, o che queste rischino di perdere occupazionemanifatturiera anche nei prossimi anni. Colpisce soprattuttoche la quota delle imprese che intraprendono strategie diinternazionalizzazione siano il 13% al Sud contro il 26% nelresto d’Italia, o che i giovani con una occupazione sianomeno del 30%, circa la meta’ che al Nord.

red/rf