Crisi: da Napolitano al card. Bagnasco l’imperativo e’ ”Lavoro”

36 3, 1279 -

(askanews) – Roma, 20 mag – ”La preziosa opera del prof. D’Antona, il suo illuminante contributo nella elaborazione di nuove politiche del lavoro attente, in una dimensione europea, alle piu’ aggiornate dinamiche organizzative e di rappresentativita’ sindacale, rivestono ancor oggi un rilievo centrale, nel contesto di una crisi angosciante e drammatica, che impone alle Istituzioni, alle forze sociali e alle imprese la messa in atto di efficaci soluzioni per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo economico e sociale del Paese”. Questo uno dei passaggi principali della lettera inviata al segretario della Cgil, Susanna Camusso, dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della commemorazione del professor Massimo D’Antona. Sullo stesso tasto ha insistito, nella prolusione di apertura dei lavori della 65.ma Assemblea generale della Cei e fotografando l’attuale condizione in cui si trova l’Italia, il cardinale Angelo Bagnasco: ”Abbiamo il dovere di dare voce alle preoccupazioni crescenti e al disagio sociale diffuso, alla moltitudine di giovani che non trovano lavoro, a quanti, anche avanti negli anni ma senza possibilita’ di pensione, l’hanno perso, a quanti sono in ambascia per l’incertezza del domani, a coloro che oggi sono scesi al livello della poverta’ e a volte dell’angoscia”. ”C’e’ da chiedersi – ha aggiunto il il presidente della Conferenza episcopale italiana – qual e’ la lama piu’ dolorosa nella carne della gente? Quella che chiede interventi immediati ed efficaci perche’ ogni giorno e’ in gioco il giorno dopo? Il lavoro, diceva recentemente il Santo Padre, e’ un elemento fondamentale per la dignita’ di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci ”unge’ di dignita’, ci riempie di dignita””. Affinche’ il lavoro veramente ”unga” di dignita’ ogni lavoratore, ha sottolineato il presidente della Cei, ”non deve diventare, quando c’e’, talmente invasivo da impedire sia il necessario riposo fisico e spirituale, sia la possibilita’ di coltivare i rapporti con gli altri, tenendo conto che i primi rapporti sono quelli della famiglia. E’ del tutto evidente che il lavoro domenicale impedisce che la famiglia si ritrovi unita in un tempo disteso e comune da dedicare a se stessa, agli altri e, se credente, a Dio e alla comunita’ cristiana. Considerare cio’ di poco conto, magari con la giustificazione di lasciare il lavoro festivo come un’opzione, significa sottomettere la persona all’economia, senza peraltro evidenti vantaggi, con danni incalcolabili per la tenuta della societa’ intera”. Le statistiche pubbliche sul lavoro e l’occupazione, ha ricordato il card. Bagnasco, ”sono eloquenti e non ammettono repliche” e come emerge nel recente Rapporto-proposta sul lavoro della Cei, ”siamo convinti che e’ possibile superare la crisi con un forte e deciso piano industriale che, tenendo in casa il patrimonio e la professionalita’ italiana, rilanci con tenacia la produzione nazionale insieme alla necessaria attenzione finanziaria”. dab/gc