Crisi: Squinzi, se le imprese chiudono muore il paese

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(askanews) – Torino, 13 apr – Se le imprese chiudono, muore il Paese. Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, lo sottolinea con profonda amarezza concludendo, dal palco dell’Oval a Torino, il convegno biennale della piccola impresa. ”Cosa deve accadere di piu’ perche’ si comprenda la gravita’ dell’emergenza economica del paese?”, domanda Squinzi. Il grido di dolore che plasticamente ieri e’ stato rappresentato dal minuto di silenzio degli oltre mille imprenditori in platea per le aziende che chiudono a causa della crisi, oltre 4.000 dall’inizio dell’anno, oggi prende contorni piu’ politici. Piu’ che un convegno, una manifestazione, come e’ stato sottolineato anche oggi, nella quale si avverte che ”la pazienza e’ finita”. E ”l’inerzia totale” di 50 giorni, a causa dell’impasse nella formazione del governo, rimarca Squinzi, e’ costata gia’ un punto di Pil. ”Basta con questo gioco dell’oca”, dice Squinzi, serve un governo. Lo dicono gli imprenditori, lo reclamano anche i sindacati che sono venuti qui a Torino anche per provare a dire si’ al patto dei produttori per salvare il Paese. ”Una santa alleanza”, come l’ha definita Raffaele Bonanni, leader della Cisl. Non serve un governo purche’ sia, precisa Squinzi, ”tanto per assolversi la coscienza”, ma un governo di qualita’ di alto profilo, di capacita’ politica elevata”, capace di adottare gli opportuni provvedimenti con al primo posto dell’agenda il lavoro e le imprese. Accanto a questo, come ha ricordato ieri il leader dei ‘piccoli’ Vincenzo Boccia, serve un patto dei produttori che punti innanzitutto a salvare la fabbrica. Perche’ senza manifatturiero il paese non riparte. E Squinzi, dopo i dati da economia di guerra, evidenziati ieri dall’ufficio studi di Confindustria, reclama la priorita’ di una crescita fondata sull’industria. Il patto, spiega Squinzi, e’ ‘irrituale’, ma gli imprenditori si prendono da subito in carico la loro parte: ”Ci impegniamo su quello che dobbiamo fare noi adesso per il nostro paese”. Tutta Confindustria, spiega, ”sta operando per mettere in circolazione credito e linfa vitale adesso”. ”Vogliamo interventi mirati e realizzabili, con risorse vere”, aggiunge Squinzi, che definisce un primo passo lo sblocco dei crediti delle imprese verso la P.A. per 40 miliardi, ma ”non molleremo la presa”, dice, fino a quando tutto, ovvero 100 miliardi, sara’ saldato. Contemporaneamente Squinzi chiede un intervento anticongiunturale utilizzando le risorse europee non spese, una moderna legge Sabatini per i beni strumentali, l’information technology, il sostegno dei mercati esteri, l’apertura dei cantieri per la protezione del territorio, il risparmio energetico, la ristrutturazione del patrimonio pubblico, credito di imposta per l’innovazione, occupazione giovanile e ricerca. La porta dei sindacati al patto non sembra chiusa. E’ piu’ convinto Raffaele Bonanni, che pero’ sulla manifestazione di protesta congiunta, imprenditori e sindacati, proposta dal leader Uil Luigi Angeletti, appare prudente (”vedremo, decideremo insieme”). Apre anche Susanna Camusso, che ricorda come il patto sia patrimonio della Cgil gia’ dai tempi di Bruno Trentin: ”Una fabbrica che chiude – dice, accostando in modo inedito due situazioni sempre considerate lontane nella storia della Cgil – e’ come una famiglia che entra’ in poverta”’. Per entrambe il recupero e’ spesso impossibile. Si evidenzia una convergenza sulle emergenze: ”Il carico fiscale su lavoro e imprese e’ insopportabile”, dice Camusso. E per fermare la ”valanga”, che si e’ abbattuta sul paese bisogna intervenire su fisco e lavoro, esorta la leader Cgil, si deve spostare il carico fiscale dal lavoro e dall’impresa, alle rendite e alle grandi proprieta’ (poco prima il rosario di tasse, elencato in video da un imprenditore esasperato, lungamente applaudito). Serve piu’ redistribuzione, aggiunge Camusso, che sul lavoro significa applicare su larga scala i contratti di solidarieta’. Premessa e’ una nuova stagione di relazione industriali che archivi quella degli ”strappi”. Sono pronto, replica Bonanni: ”L’accordo sula rappresentanza lo faremo. E daremo una scossa alle relazioni industriali”. eg/vlm