Fiat: Marchionne, non chiudo stabilimenti in Italia

NOV 2, 1245 -

(askanews) – Torino, 4 feb – Sergio Marchionne respinge almittente la richiesta di confronto di Maurizio Landini,replica ai costruttori tedeschi, e in particolare Volkswagendi cui dice, scherzando, di doversi esercitare al mattino perpoterne pronunciare il nome, ma assicura che non chiudera’stabilimenti in Italia, e che la richiesta di un interventodella commissione europea per tagliare in modo equo lacapacita’ produttiva europea, che altrimenti rischiera’ dicolpire prossimamente la Spagna, non riguarda il Lingotto. ”La Fiat e’ fuori dal discorso, abbiamo scelto unastrategia tutta nostra”. Promette che tutti gli operai oggiin cassa integrazione torneranno in attivita’ entrotre-quattro anni, se possibile ”anche piu’ velocemente”. Ein vista del prossimo governo lancia due messaggi: conservarela credibilita’ internazionale, e dare la certezza che ilpaese verra’ gestito. L’amministratore delegato della Fiatrisponde per un’ora e mezza alle domande del direttore diRepubblica Ezio Mauro, in occasione della convention sullavoro promossa dal quotidiano al teatro Carignano diTorino.

Racconta la Fiat dei ”due mondi”, in salute grazie aChrysler e che pur soffrendo riesce a reggere la grandegelata del mercato europeo: 3,5 milioni di sovracapacita’produttiva, 5 miliardi di perdite tra tutti i costruttori,tra cui Peugeot che ha lanciato una sfilza di prodotti chebruciano 200 milioni al mese. A questi ritmi spiegaMarchionne la Fiat non reggerebbe piu’ di due anni. Perquesto ha deciso ”di alzarsi dal tavolo”, di aspettare.

Sintonia completa con l’azionista: ”Senza di loro oggi laFiat non ci sarebbe”, da loro e’ arrivato in questi anni unsostegno senza esitazione: ”La famiglia non ha vendutoun’azione in Fiat da quando sono arrivato. Non ha mollatonulla”. Sulla stessa sedia occupata il giorno prima dalnumero uno della Fiom Landini, e che aveva dato spunto ad unainevitabile battuta su quanto fatto da Berlusconi in tv conMarco Travaglio, Marchionne taglia corto sulle presunteaperture del sindacalista: ”Deve fare pace con gli altrisindacati, non puo schierarsi contro la maggioranza deilavoratori della Fiat”. Un confronto su investimenti emodelli? No spiega Marchionne, l’orizzonte delle decisionidel Lingotto va ben oltre l’Italia che conosce Landini: ”C’euna differenza fondamentale – dice – nel ruolo del sindacatoper come lo vede Landini e per come lo vediamo noi”. Nientedi ideologico, assicura, magari qualcosa dai toni quasipersonali: ”Non so quando Landini sia stato elettosegretario generale della Fiom ma fino al suo arrivo noi conla Fiom abbiamo sempre avuto un rapporto eccezionale”. ”Nonce l’abbiamo con la Uaw che e’ una delle piu’ agguerriteorganizzazioni sindacali, non ce l’abbiamo con la canadeseCaw che e’ ancora piu’ agguerrita degli americani, noncapisco perche’ debba essere un problema di opinioni tra me ela Fiom”. Quanto ai 19 esuberi di Pomigliano, con loscioglimento di Fip, il problema e’ tecnicamente risolto.

E politicamente? domanda Mauro. ”Politicamente non lorisolvero’ mai – replica Marchionne – perche’ non ho alcuninteresse nella politica, sto gestendo l’azienda, il problemaper me e’ risolto”. Si rammarica ancora per Fabbrica Italia. Quell’annuncio”e’ stata veramente un’imbecillagine di quelle di misureeccezionali”, soprattuto per il contesto nel quale e’avvenuto, perche’ all’estero sarebbe stato chiaro chel’impegno era condizionato all’andamento del mercato. E ilmercato, racconta, ha perso il 60% dei volumi. ”Ci sonomomenti quando si gestiscono attivita’ – osserva Marchionne -in cui e’ meglio alzarsi dal tavolo”. Un mercato che si e’dimezzato non per problemi intrinseci all’auto e ai modelli,ma perche’ ”non c’e’ disponibilita’ economica da parte deiconsumatori. Non ha niente a che fare con la Fiat – diceMarchionne che ricorda anche l’impatto dell’Imu – questo e’un problema strutturale del paese ed e’ uno degli impegni cheil nuovo governo deve assumere per ristabilire un po’ ditranquillita”’. Quanto alla strategia del gruppo, Marchionnespiega quello che viene definito il cambio di pelle: puntaresui marchi premium a cominciare da Alfa Romeo. ”E’ unmarchio che deve essere ricostruito – dice – lo abbiamodanneggiato noi. Quello che abbiamo fatto noi all’Alfa non e’molto piacevole – ammette l’ad -. Per lo sviluppo dellavettura mi assumo tutta la responsabilita’. La 159 l’holanciata io, non e’ colpa di nessuno, l’ho trovata in casa,ma l’ho lanciata. Ho lanciato la Brera, lo Spider, bellemacchine, ma non Alfa”. Il marchio non si tocca quindi:”Alfa Romeo non si vende. L’avro’ detto 200mila volte.

L’Alfa non e’ in vendita e specialmente a loro”, riferendosiai tedeschi di Volkswagen. Prroprio con la Germania,Marchionne mostra di avere un conto aperto: racconta come iquotidiani avessero bollato come ”arrogante” lo sbarco inAmerica per ”rilevare la Chrysler, azienda che la tedescaDaimler per dieci anni era stata incapace di gestire”.

Quella del segmento premium ”e’ una strada non facile cherichiede tantissimo coraggio per farlo che stiamo afrontandocon una concorrenza agguerrita dove ci guardano dall’alto inbasso, continuamente, e parliamo dei cari amici tedeschi, -dice esplicitamente – che continuano a criticare le nostreattivita’ a cui io rispondo in una maniera piuttosto apertanon e’ che mi vergogni: io non mi vergogno di essere italianoe non devo niente a nessun tedesco”. E sottolinea: ”Lamacchina piu’ costosa in tutto il mondo la presenteremo noicome Ferrari (la 250 Gto da 41 mln di dollari, ndr) al salonedi Ginevra a marzo del 2013 e per quando la presenteremosara’ completamente venduta. E stiamo parlando di operaiitaliani, meccanici italiani, mortoristica italiana, stileitaliano prodotto in Italia e venduto nel mondo, mi dica -sbotta Marchionne rivolto al direttore di Repubblicasuscitando applausi – cosa devo imparare io dai tedeschi dinuovo?”. Per il resto la Fiat ridisegna la presenza nelleutilitarie, sulle ”colonne” della 500 e della Panda,”probabilmente ce ne sara’ un’altra, la Panda X che sara unpo’ piu’ larga”. Ma lascia aperto uno spiraglio anche per levetture low cost: ”Stiamo analizzando se c’e’ spazio per noiin quel campo, per coprire quel vuoto che l’uscita della Fiatdal settore andrebbe a creare. Per farlo – dice Marchionne -bisogna avere delle capacita’ produttive al di fuori delsistema europeo, perche’ qui parliamo soltanto di prezzo”.

Dove verra’ prodotta la Punto? Chiede Mauro. Marchionnerisponde con una mezza battuta: ”La produciamo a Melfi hocontrollato questa mattina: la facciamo ancora li’, non l’haspostata nessuno ieri sera”. Quanto alla fusione conChrysler, Marchione conferma le intenzioni di chiudere entroil prossimo anno. Con Veba il fondo che possiede la quota diminoranza, non c’e’ contenzioso, ma una semplice discussionesul prezzo”. Poi incalza Mauro, tutto spinge per untrasferimento negli Usa: ”No, direi di no”, replicaMarchionne che spiega che cio’ dipendera’ dalla facilita’ diaccesso ai mercati finanziari e dalle scelte dell’azionista.

E conclude con una frase d’affetto per Torino: ”Una citta’bellissima, con una storia incredibile. Sono stato fortunato- assicura il top manager italo canadese -. E con tutto ilbene che le voglio, Detroit non e’ Torino”. eg/red