Bce, domani direttorio, Draghi alle prese con Brexit e banche

E' il primo Consiglio monetario dopo il referendum in Gb

LUG 20, 2016 -

Roma, 20 lug. (askanews) – Occhi di nuovo puntati sulla Bce domani, al primo Consiglio direttivo di politica monetaria successivo al voto a favore della Brexit. Nelle settimane che hanno seguito il referendum, il presidente Mario Draghi si è astenuto dal fare valutazioni sull’inattesa decisione dei sudditi della Regina. Ma ora sarà inevitabilmente chiamato a dire la sua, nella tradizionale conferenza stampa esplicativa che segue il direttorio, alle 14 e 30.

Le decisioni sui tassi di interesse verranno annunciate alle 13 e 45. La maggior parte degli analisti non prevede cambiamenti, con il tasso di rifinanziamento principale che è stato azzerato a marzo, il tasso sui depositi abbassato al meno 0,40 per cento e quello sui rifinanziamenti marginali alle banche al più 0,25 per cento.

Quanto alle ormai numerose misure non convenzionali, è stato ipotizzato che a riflesso dell’impatto negativo della Brexit sulla crescita – e conseguentemente sulla velocità di risalita dell’inflazione, che resta a livelli troppo bassi – già domani la Bce potrebbe annunciare una proroga al programma di acquisti di titoli, pubblici e privati. Così la fine del quantitative easing potrebbe slittare da marzo a settembre 2017.

Ma ad oggi l’istituzione monetaria non ha inviato alcun segnale in tal senso. E’ unicamente circolata, durante il Consiglio europeo post Brexit, una stima attribuita alla Bce che quantificherebbe mezzo punto percentuale di crescita economica in meno nell’area euro.

In ogni caso sarebbe perfettamente coerente per la Bce attendere settembre per qualunque eventuale decisione. Visto che il quadro dei mercati sembra essersi stabilizzato, passate le turbolenze immediatamente successive al voto, e peraltro al consiglio dell’8 settembre saranno disponibili le nuove previsioni su crescita e inflazione dei tecnici dell’istituzione stessa.

Domani invece è prevedibile che Draghi venga interpellato anche sulla questione delle banche italiane, appesantite dai crediti deteriorati. Da settimane il governo sta portando avanti un negoziato “costruttivo” con la Commissione europea sul da farsi.

Il problema sembra essere costituito dalle nuove regole europee che impongono il controverso bail in, il salvataggio autofinanziato da azionisti e, peggio ancora, obbligazionisti, prima che si possa pensare a soccorsi pubblici. Ma è uno scenario che il governo sembra voler evitare dopo l’esperienza non certo entusiasmante dello scorso anno sulle 4 banche “risolte” tosando i titolari di bond subordinati.

La tensione innescata dal voto per la Brexit potrebbe essere invocata come argomento per spianare la strada ad un intervento pubblico cautelare. Bisognerà attendere i risultati degli stress test sulle banche europee che saranno completati il 29 luglio. La valutazione sulla compatibilità con le norme sugli aiuti di Stato spetta alla Commissione europea. Gli stress test vengono condotti dall’Eba. Tuttavia la Bce è l’autorità di vigilanza, per quanto questo ramo sia affidato alla francese Danièle Nouy Draghi resta il massimo responsabile dell’istituzione.

E il suo parere ha un rilievo primario sia sulla valutazione dei rischi a carico della stabilità finanziaria, fattore che potrebbe essere fatto pesare per giustificare un soccorso pubblico cautelare senza bail in. Sia per valutare l’impatto che eventuali prelievi forzosi sugli obbligazionisti potrebbero avere nel compromettere i canali di trasmissione della politica monetaria.