Draghi potenzia il bazooka Bce per la seconda volta in 3 mesi

Tassi ancora più già e acquisti titoli alzati di 20 mld al mese

MAR 10, 2016 -

Roma, 10 mar. (askanews) – Tassi ancora più giù e rilancio del piano di acquisti di titoli. Dopo giorni carichi di attesa, pressioni e pronostici, la Bce a guida Mario Draghi è finalmente scesa in campo con un potenziamento degli stimoli all’economia. E ancora una volta il banchiere centrale italiano è riuscito a sorprendere, annunciando un pacchetto di misure che è andato oltre le aspettative che pure erano lievitate specialmente nelle ultime fasi. Le misure decise puntano a “rafforzare lo slancio dell’economia”, ha spiegato Draghi, e favorire il ritorno dell’inflazione media dell’area euro a valori accettabili.

Si tratta di un secondo potenziamento del Qe targato Bce, dopo quello deciso appena tre mesi fa, al Consiglio direttivo del 3 dicembre. Se in quella occasione la reazione dei mercati (alla “sola” proroga di sei mesi sul piano di acquisti di bond) era stata generalmente di delusione, stavolta sulle prime la risposta è stata opposta, con balzi in avanti delle Borse e una marcata discesa dell’euro. M in un clima di persistente volatilità l’euforia si è andata via via spegnendo e i listini, così come i cambi valutari, hanno poi decisamente cambiato rotta.

Mettendo da parte le giravolte delle Borse, quello sfornato dalla Bce è un drastico potenziamento del “bazooka monetario” che, formalmente, stimolando l’economia, dovrebbe sospingere una inflazione appena ricascata sottozero a valori più accettabili. Innanzitutto l’istituzione ha tagliato tutti i tassi di riferimento. Quello sulle operazioni di rifianziamento principali è stato azzerato, dal precedente 0,05 per cento, il tasso sulle operazioni marginali è stato limato allo 0,25 per cento. E l’intervento più atteso, quello sui depositi custoditi per le banche, che era già negativo, ha visto un taglio di 10 punti base, al meno 0,40 per cento. Tutte misure che andranno in vigore dal 16 marzo.

Ma soprattutto la Bce ha aumentato di ben un terzo la mole mensile del suo piano di acquisti di titoli, 20 miliardi in più con cui il quantitative easing sale a 80 miliardi di euro al mese. Contestualmente ha drasticamente ampliato la gamma di titoli coinvolti, annunciando l’ammissibilità anche di tutte le obbligazioni di emittenti non bancarie con rating pari all'”investment grade”. Infine, ha lanciato un nuova tornata di rifinaziamenti straordinari mirato a favore delle banche (Tltro), quattro nuove operazioni con la prima asta che scatterà a giugno e con scadenza prolungata da 3 a 4 anni.

Oltre al merito delle misure decise, l’annuncio di oggi da parte della Bce sancisce dei cambiamenti anche sulle metodologie di comunicazione. I vari provvedimenti sono stati infatti inseriti nella comunicazione sui tassi di interesse, che dal 1999 ad oggi recava unicamente le variazioni sui tre tassi di rifinaziamento. Draghi ha poi chiarito di non attendersi al momento altri tagli dei tassi. E questo, secondo alcuni analisti, spiegherebbe almeno l’altalena dell’euro, che dopo esser caduto sotto 1,09 dollari è rimbalzato ben sopra 1,11.

Il tutto sulla base di pesanti revisioni al ribasso sulle previsioni di crescita economica e inflazione. Ora sul 2016 i tecnici dell’istituzione si attendono un mesto 0,1 per cento del caro vita, a fronte dell’1 per cento indicato solo tre mesi fa, a dicembre. Sul 2016 si prevede una inflazione all’1,3 per cento, da precedente 1,6 per cento, e sul 2018 viene atteso un 1,6 per cento, che comunque sarebbe ancora non del tutto agganciato all’obiettivo ufficiale (inferiore ma vicino al 2%).

Sulla crescita economica dell’area euro, ora la Bce prevede l’1,4 per cento sul 2016, dal precedente 1,7 per cento, un 1,7 per cento sul 2017 invece dell’1,9 per cento e un 1,8 per cento nel 2018. Draghi ha avvertito che l’istituzione potrebbe prolungare ulteriormente il piano di acquisti di titoli appena potenziato e ampliato. E che i tassi di interesse appena tagliati resteranno “ai livelli attuali o più bassi per un esteso periodo di tempo”, e comunque “ben oltre” il termine attuale del Quantitative easing, ovvero marzo 2017. Nell’area euro comunque “non siamo in deflazione” e “la situazione è sostanzialmente diversa da quello che era in Giappone negli anni ’90”.

Il banchiere centrale ha semmai rivendicato che lo scenario giapponese è stato scongiurato proprio dalle energiche misure messe in campo dall’istituzione monetaria, peraltro appena potenziate. Perché in assenza di interventi della Bce “oggi avremmo una deflazione disastrosa”. E la deflazione a sua volta avrebbe avuto come effetto implicito quello di “aggravare il peso dei debiti pubblici”, con tutte le conseguenze di una situazione simile. “Ammettiamo che l’orizzonte temporale per tornare ai livelli obiettivo è più lungo di prima, ma questo non significa che abbiamo deflazione”.

Le misure di oggi sono state decise con “una maggioranza schiacciante” di favorevoli, ha poi puntualizzato. E il fatto che Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, notoriamente ostile a queste operazioni, non votasse a causa del meccanismo di rotazione, non ha minimamente modificato la discussione. “La rotazione non ha cambiato nulla sulla discussione – ha detto Draghi – ognuno esprime la sua posizione, indipendentemente dal fatto di votare o meno”.

Fatta ancora una volta la sua parte, monetaria, il presidente della Bce è tornato a sollecitare i governi a fare la loro, sulle politiche economiche e strutturali. “Nella maggior parte degli Stati – ha ricordato Draghi, citando la Commissione europea – gli sforzi sulle riforme vanno rilanciati dato che l’attuazione delle raccomandazioni è stata limitata nel 2015. Le politiche di bilancio dovrebbero sostenere la ripresa, mantenendosi nel rispetto delle regole dell’Ue. La piena e coerente attuazione del patto di stabilità e di crescita è cruciale oper mantenere la fiducia. Al tempo stesso – ha avvertito – tutti i Paesi dovrebbero sforzarsi per una composizione delle politiche di bilancio più favorevole alla crescita”.