Poste, Economist: attraente per chi scommette su ripresa Italia

Grazie a servizi finanziari e assicurativi, non alla parte postale

OTT 17, 2015 -

Roma, 17 ott. (askanews) – Poste Italiane, “considerando quante poche grandi aziende sono quotate alla Borsa Italiana e alla luce di dati macroeconomici moderatamente positivi, potrebbe essere un investimento attraente per chi scommette sulla ripresa italiana”. E’ il giudizio del settimanale britannico The Economist che dedica un articolo all’imminente sbarco in Borsa del’azienda guidata da Francesco Caio.

L’articolo segnala che “gli investitori potrebbero anche essere sedotti dalla promessa del pagamento di un dividendo pari ad almeno l’80% dell’utile netto per il 2015 e il 2016”, ma puntualizza che l’attrattiva per gli investitori, più che dalla parte postale dell’azienda, che conta soltanto per il 14% dei ricavi e che lo scorso anno ha accumulato 504 milioni di euro di perdita, deriva dalla parte finanziaria grazie alle attività assicurative (66% dei ricavi) e dagli altri servizi finanziari (19%). Queste due componenti hanno contribuito a spingere in alto i risultati di Poste Italiane, che nel primo semestre 2015 ha messo a segno ricavi totali in ascesa del 7% a 16 miliardi e un risultato operativo in crescita del 26% a 638 milioni.

“Avendo fatto leva sulla propria base di detentori di conti correnti per sviluppare il proprio business assicurativo il gruppo ora punta ad espandersi sull’asset management. In aprile Poste Italiane – si legge ancora – ha comprato il 10% di Anima, un gestore italiano di fondi. E ora progetta di offrire ai clienti prodotti con tassi d’interesse più elevati dei titoli di stato (che costituiscono il 13,4% dei risparmi in Italia contro una media Ue del 4,9%). La possibilità di attingere al grande stock di risparmio, in un periodo nel quale gli investitori al dettaglio sono a caccia di rendimenti, è uno dei principali messaggi che la società sta inviando con il suo road show”.

Insomma, secondo l’Economist “questi servizi non postali sono ciò che ha reso possibile pensare di quotare un pezzo di quello che altrimenti sarebbe stato un gigante in perdita delle consegne”.

“La domanda iniziale per le azioni – conclude l’Economist – è forte. “Ma non menzionate la posta”.