Brasile, la parabola discendente tra scandali e recessione

Dopo il boom degli anni 2000 la crescita si è interrotta

SET 10, 2015 -

Roma, 10 set. (askanews) – Ascesa e declino del Brasile. La sesta economia del mondo è alle prese con una crisi economica e politica che fa sembrare un ricordo remoto gli anni di crescita impetuosa iniziati con la presidenza Lula. Il declassamento a junk del debito brasiliano da parte di S&P è solo l’ultimo in ordine dei tempo dei segnali che mostrano un repentino deterioramento di uno dei paesi simbolo delle economie emergenti.

I progressi economici e sociali realizzati dal Brasile sono evidenti. Tra il 2003 e il 2013 oltre 26 milioni di persone sono uscite dalla fascia della povertà e al tempo stesso è stata abbattuta la diseguaglianza (il coefficiente di Gini è passato da 6 del 2003 a 0,54 del 2013). Nello stesso periodo i redditi del 40% più povero della popolazione (dati Banca della Mondiale) sono saliti in termini reali a una media del 6,1% rispetto al 3,5% del totale del paese.

Già dal 2013 questo trend si è arrestato, quale effetto della frenata dell’economia. Il Brasile ha visto una crescita del Pil del 4,5% medio l’anno tra il 2006 e il 2010, per rallentare al 2,1% tra il 2011 e il 2014 e l’anno scorso c’è stata una stagnazione mentre per il 2015 le stime più recenti indicano una contrazione superiore all’1%.

In parallelo sono peggiorate le finanze pubbliche con un rapporto tra deficit e Pil che è passato dal 2,7% del 2012 al 6,2% dell’anno scorso e per il 2015 si manterrà sopra il 5%. In tre anni il deficit commerciale è raddoppiato dal 2,1% al 4,2% del Pil. In un recente report la Banca Mondiale sottolineava che il peggioramento della congiuntura del Brasile e dei conti pubblici non lasciano tuttavia prevedere il rischio di una crisi. Il Brasile continua ad attrarre investimenti dall’estero (pari al 2,9% del Pil). Inoltre dispone di riserve abbondanti, circa 360 miliardi di dollari (17% del Pil) e può vantare un solido sistema finanziario.

I problemi del Brasile scontano gli scandali politici e il trend negativo dei prezzi delle materie prime. La presidenza Rousseff si è indebolita e la fiducia è ai minimi dopo l’esplosione dello scandalo Petrobas. L’azzeramento dei vertici, decine di arresti di tra imprenditori e fuinzionari pubblici per fatti di corruzione pesano negativamente sui piani del governo per rivitalizzare la crescita attraverso un ambizioso programma di investimenti infrastrutturali da 64 miliardi di dollari.

Il paese presenta un preoccupante gap infrastrutturale che frena la crescita della produttività, in particolare nei trasporti e nell’energia. Recentemente l’Ocse ha rilevato che i conti pubblici sono in deterioramento mentre l’inflazione continua a salire. Dal 5,9% del 2013 il tasso medio per il 2015 è stimato al 9%. “La priorità del paese è ricostruire la fiducia sulle politiche macroeconomiche”, in particolare assicurare il ritorno dell’inflazione in linea agli obiettivi. La banca centrale ha alzato i tassi tre volte in meno di 12 mesi, i rendimenti sui titoli di Stato decennali viaggiano in prossimità del 15%.

Nell’ultimo World Economic Outlook, il Fmi stima una contrazione del Pil del Brasile dell’1,5% nell’anno in corso e una modesta crescita dell’1% per il 2016. Sul fronte conti pubblici a luglio il deficit è stato il peggior risultato dal 2001 con entrate fiscali in calo mentre è in corso un duro scontro politico sull’ipotesi di reintrodurre la tassa sulle transazioni finanziarie che era stata abolita nel 2008 dal presidente Lula. L’obiettivo è riequilibrare i conti pubblici realizzando un avanzo primario di almeno l’1% del Pil.

In questo scenario il gradimento nei confronti del presidente Dilma Rousseff è crollato all’8% e non è ancora scontato che riuscirà ad evitare l’impeachment anche se l’opposizione di centrodestra non è più così determinata a processare la Rousseff. Ma senza un cambiamento di rotta è difficile immaginare che il successore di Lula potrà portare a termine il mandato nel 2018.