La Cina continua a perdere colpi ma Eurolandia mantiene lo slancio

Export Dragone e superindice giù. Invece Eurostat alza dati Pil

SET 8, 2015 -

Roma, 8 set. (askanews) – Economia della Cina sempre più in affanno, secondo gli indicatori che si accavallano nel confermare l’indebolimento del gigante asiatico. Il Dragone sembra quasi essersi seduto, innescando crescenti preoccupazioni tra analisti e operatori di mercato dopo che la tenuta della sua tradizionalmente forte crescita ha rappresentato uno dei pochi punti fermi durante la crisi economica globale degli ultimi anni. A fronte di questa dinamica, per una volta Eurolandia risalta invece in positivo: finora la maggior parte delle lancette dell’economia riportano una tenuta della crescita.

Tanto che Eurostat ha perfino rivisto al rialzo i dati sul Pil del primo semestre. Nei primi tre mesi la crescita è stata dello 0,5 per cento rispetto a fine 2014 mentre nel secondo trimestre si è attestata al più 0,4 per cento, in entrambi i casi i dati sono di 0,1 punti percentuali superiori a quanto precedentemente riferito.

La tenuta della crescita ha trovato conferme nel superindice economico dell’Ocse: per l’area euro ha registrato un meno 0,01 per cento su base mensile e un più 0,33 per cento su anno, leggermente meglio della media dei paesi avanzati (-0,06% su mese e -0,32% su anno). E proprio questa indagine elaborata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha registrato il più forte calo mensile sulla Cina, un meno 0,26 per cento assieme al meno 2,12 per cento sul confronto annuo.

Ancora più netti i dati sul commercio estero. Ad agosto le esportazioni cinesi hanno subito una nuova contrazione, che anche se inferiore alle attese restano comunque pesante e pari al meno 5,5 per cento su base annua. E a riprova di un mercato interno che ha già rallentato, le importazioni hanno segnato una flessione ancora più forte, meno 13,8 per cento.

Dinamiche che potrebbero spiegare la mini svalutazione a sorpresa (un meno 3 per cento, nemmeno tanto “mini” quindi) operata da Pechino in piena estate. Per questo alcuni ipotizzano che nonostante gli impegni in senso contrario appena assunti da tutti i paesi del G20, Cina inclusa, ovvero a non effettuare svalutazioni competitive, potrebbe esserci altro in arrivo. Specialmente se la situazione non dovesse migliorare, o se anzi peggiorasse.

La attese qui però sono discordanti. Ad esempio gli analisti di Ubs ritengono “altamente improbabile” che la Cina operi una svalutazione consistente, dell’ordine del 10 per cento rispetto ad un paniere di valute internazionali. Tuttavia se lo facesse i risultati ci sarebbero: la banca stima in un punto percentale di crescita economica in più, proprio grazie alla leva delle esportazioni. Tuttavia solo sé gli altri stati emergenti non dovessero adeguarsi. Perché se invece scattasse un “iseguimento” al ribasso sui cambi, ma manovra cinese ne risulterebbe smorzata.

Ad ogni modo la valutazione complessiva di Ubs sul gigantesco Paese asiatico è orientativamente rassicurante. “L’economia cinese quest’anno è stata certamente debole e continua a subire pressioni al ribasso. Ma pensiamo che i timori di un atterraggio accidentato siano esagerati”, affermano gli economisti della banca. Quanto ai sospetti ventilati sull’affidabilità dei dati statistici “sicuramente ci sono problemi, ma concentrarsi sui settori più deboli per trarre conclusioni generali sull’economia fornisce una visione parziale”.