Draghi a Roma sferza banche Italia: troppe e con troppi manager

E costi ricadono sui clienti. Ok bad bank e riforma Popolari

MAR 26, 2015 -

Roma, 26 mar. (askanews) – In Italia troppe banche e troppi banchieri. E alla fine il conto lo pagano i clienti. E’ il severo richiamo lanciato dal presidente della Bce, Mario Draghi, al termine dell’attesa audizione alla Camera dei deputati. La prima da capo della politica monetaria europea, ma che ovviamente conosce il panorama bancario tricolore a menadito visto che è stato governatore della Banca d’Italia fino all’ottobre del 2011. “Ci sono 750 banche e 750 Cda. L’argomento per un consolidamento è forte”, ha detto. Un richiamo giunto proprio all’indomani dell’approvazione, da parte dell’istituzione comunitaria, della riforma delle banche popolari voluta dal governo. Ma anche su questo con una nota di biasimo.

Perché Francoforte si è energicamente lamentata del fatto che il decreto con cui è stata operata la riforma avrebbe dovuto esserle notificato prima del varo. E non con quel ritardo “immotivato” con cui invece il ministero dell’Economia ha richiesto il suo parere (obbligatorio): quasi un mese. Ad ogni modo il contenuto della riforma è stato appoggiato pienamente e la Bce ne ha raccomandato una piena attuazione.

Draghi ha esordito nella sua relazione ribadendo valutazioni rosee sulla situazione economica. “La situazione congiunturale e le prospettive dell’area euro sono ora più favorevoli di quanto siano state negli ultimi anni. Grazie a “vari fattori che aiutano la fiducia e una ripresa che acquista forza e stabilità”, tra cui anche le misure prese dalla stessa Bce. Specialmente il maxi piano di acquisti di titoli di Stato, il quantitative easing partito materialmente a marzo che è stato al centro di molte domande.

Il Qe procede secondo i piani, e anche se è stato avviato a marzo inoltrato la Bce conta di centrare l’obiettivo mensile di 60 miliardi di bond rilevati. Non c’è peraltro “nessun segnale” che manchino le emissioni da rastrellare, ha ribadito Draghi.”Trovo strana l’obiezione di chi sosteneva che potrebbero non bastare, visto che da 30 anni si dice che in Europa ci sta troppo debito pubblico”.

Draghi ha difeso l’euro da coloro che lo accusano di aver causato la bassa crescita italiana. “Si era smorzata già prima”, dal 2,5 per cento annuo circa degli inizio degli anni ’90 all’1,5 per cento del 1999. Ora il potenziale di espansione è praticamente a zero e questo è un ulteriori segno della necessità di varare riforme strutturali. Per l’immediato un aiuto arriverà dal Qe della Bce, Draghi ha citato le recenti stime Bankitalia che hanno parlato di un punto aggiuntivo di Pil al 2016. Ma la penisola deve fare la sua parte con politiche economiche sane (mentre nel 2014 la spesa pubblica è cresciuta) che si accompagnino appunto alle riforme.

E poi le banche. Con un chiaro riferimento all’ipotesi di creare una bad bank, Draghi ha spiegato che alla Bce “guardiamo con favore a provvedimenti che liberino i crediti deteriorati dai bilanci delle banche, anche da quelle italiane”.

Ma questo aiuto dovrebbe accompagnarsi a una razionalizzazione del sistema. Perché “l’Italia ha 750 banche – ha detto rispondendo ad una domanda -. Sono 750 sono consigli di amministrazione, ognuno con almeno 5 membri. Fino a qualche anno fa ve ne erano anche con 19 membri. Ogni Cda costa una certa cifra e tutto questo sistema è molto costoso. Questi costi vengono pagati dai clienti delle banche. Capite – ha concluso Draghi – che l’argomento per un consolidamento del sistema bancario italiano è forte”.