Quattordici donne e il virus: il nuovo libro di Veronica Passeri

Esce da Castelvecchi "Penelope alla peste", storie dalla pandemia

AGO 1, 2020 -

Milano, 1 ago. (askanews) – “Di fronte alla minaccia, alla morte, le donne sono capaci di far la differenza”: lo scrive Giovanna Botteri nella prefazione al libro di Veronica Passeri “Penelope alla peste – La pandemia raccontata dalle donne” che esce per Castelvecchi per ora in ebook e poi in versione cartacea da settembre. E proprio la frase della Botteri, che ha raccontato guerre e catastrofi in mezzo mondo, sembra adattarsi alla perfezione al libro di Veronica Passeri, che, partendo dal proprio essere giornalista, si è focalizzata sull’universo femminile durante una delle grandi tragedie, tuttora in corso, del nostro iper presente.

Il volume raccoglie quattordici storie dentro la quarantena, quattordici voci di donne protagoniste dell’emergenza e della ripartenza, con le loro vite e il loro sguardo sull’Italia ai tempi del Covid-19. C’è Barbara, anestesista, e il suo grido d’accusa – “C’è troppa gente in giro!” – mentre negli ospedali si muore e mancano i respiratori e i posti letto; c’è Nicole, psicologa, che ascolta i fantasmi degli operatori sanitari a fine turno; Lucia, fisico medico, che guarda la pandemia – e l’Italia – dalla Cina; Rosanna, che festeggia dietro a un vetro i suoi ottantasei anni, ma quando sente una sirena torna bambina, è di nuovo il 1943. E poi c’è Irene, sei anni, la casa dei nonni che sembra “scomparsa” dal pianerottolo e c’è Cinzia, che vede le sue donne partorire sempre più sole. Voci di lotta e di resistenza raccontate da Veronica Passeri, storie vere che ripercorrono la grande sofferenza e la bellezza nascosta degli ultimi mesi.

Sguardi diversi, trasversali si sarebbe detto una volta, dentro un mondo, quello delle donne, che è più largo delle sue stesse definizioni e che la sensibilità di Passeri sa toccare in modi interessanti, da cronista, ma anche da narratrice, con la sensibilità, per esempio nella vicenda della piccola Irene, di capire che le tragedie sono anche molto piccole, ai confini di quell’immaginario surreale, ma profondissimo, che appartiene ai bambini e alle bambine. E raccontare ciò che in fondo non si capisce è, a ben guardare, il mestiere degli scrittori.