Al Babel Film Festival tutto il cinema delle lingue minoritarie

Appuntamento a Cagliari dal 2 al 7 dicembre

NOV 26, 2019 -

Roma, 26 nov. (askanews) – Tutto pronto a Cagliari per la sesta edizione del Babel Film Festival, il primo concorso cinematografico internazionale destinato esclusivamente alle produzioni cinematografiche che guardano e raccontano le minoranze, in particolare linguistiche, in programma dal 2 al 7 dicembre. Una novità rilevante in un contesto cinematografico mondiale in cui le grandi produzioni si ostinano a parlare lingue omologate e universali, che appiattiscono, in un certo senso, l’universo dell’espressione umana.

La lingua minoritaria è infatti una lingua che vive della sua diversità e della ricchezza che restituisce nel suo vivere. Non solo nella vita che le garantisce il parlante, ma anche nella vita che le rinnovano le arti poetiche. Il cinema, che in passato non ha mai valorizzato le parlate locali se non in relazione alla capacità di restituire la caricatura di un modo di vivere stratificato (in termini sociologici e antropologici), da diversi anni è stato in qualche modo vivificato dall’incontro con le parlate locali, con le lingue e i dialetti che sopravvivono nelle aree linguistiche spesso periferiche di tutto il mondo.

La sesta edizione del Babel Film Festival mantiene come in passato le promesse di un programma ampio e articolato, ricco nei contenuti e che rende ragione di una vitalità creativa nel rapporto tra cinema e lingua reale. Circa 120 i film pervenuti per questa edizione, 53 film in concorso, 71 film proiettati. Promosso dalla Società Umanitaria – Cineteca Sarda di Cagliari e dall’Associazione Babel, patrocinato anche quest’anno da varie istituzioni italiane ed europee, tra le quali la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio d’Europa, dalla Regione Autonoma della Sardegna e dal Comune di Cagliari, il festival è introdotto da alcuni importanti appuntamenti a partire già dal 28 novembre, quando saranno presentati i due film nati dai progetti vincitori del concorso Kentzeboghes giunto alla sua terza edizione, il primo concorso per progetti cinematografici nelle lingue e dialetti della Sardegna. Si tratta di Bar Seui di Andrea Deidda (in sardo campidanese) e L’ultimo barbiere di Carrera Longa di Antonio Maciocco (in sassarese).

Con l’anteprima del festival di sabato 30 novembre si entra nel vivo con il film fuori concorso Dantza del regista basco Telmo Esnal che negli anni scorsi ha vinto diversi premi del BFF. Un film dedicato al ciclo della vita, sulla lotta per la sopravvivenza, dove il passare del tempo è segnato dal corso della natura e la danza è la lingua scelta per raccontarlo. Un’opera poetica straordinaria che immette dentro la vita dei popoli, della terra, dei miti e delle tradizioni che ne segnano la resistenza vitale.

L’inaugurazione del festival è affidata a una produzione del Babel, un omaggio alla città di Cagliari che ospita il festival dalla prima edizione. Il film di Paolo Carboni, Casteddu Sicsti, è una docufiction che racconta il capoluogo sardo sul finire degli anni ’60, combinando i linguaggi della messinscena cinematografica, dell’intervista e delle immagini di repertorio: tre anziani amici si incontrano in una barberia e rievocando i ricordi della loro gioventù negli ultimi anni ’60, danno vita al primo film lungometraggio realizzato in cagliaritano. Il festival si sviluppa quindi fino al 7 dicembre con la proiezione dei film in concorso, fino alla serata di premiazione in cui saranno consegnati 13 premi. Tre sono i premi assegnati dalla giuria composta dalla regista Fiorella Infascelli (presidente), dal produttore e regista Daniele Maggioni, dal regista e sceneggiatore Marco Antonio Pani, dall’animatrice e regista di animazione Michela Anedda, dal segretario generale di ELEN (European Language Equality Network) Davyth Hicks, dal direttore della fotografia Mario Brenta e dalla regista del Quebec orientale Crystal Dawn Jerome.

Quest’ultima sarà anche protagonista di una serata interamente dedicata all’attività di Wapikoni Mobile, centro di produzione audiovisiva e musicale itinerante fondato nel 2003 dal regista Manon Barbeau nel Quebec e Labrador con la collaborazione del National Film Board of Canada. Il festival è ricco di anteprime nazionali, ma anche di momenti fortemente legati all’attualità. Molti sono i film parlati in kurdish e che raccontano il dramma dei curdi. Storie di soprusi, violenze e memorie da recuperare come in Bîr (Well) di Veysi Altay (Turchia 2018), regista recentemente condannato perché il semplice parlare dei curdi può significare essere assimilati al terrorismo, e Veger [Return] di Selman Deniz (Turchia 2019); ma anche storie di lingue tagliate e cancellate, che i curdi contrastano in modo originale come racconta Her mal dibistanek [Every house is a school] di Ardin Diren (Turchia, 2019). Così come storie di guerra come l’assedio di Afrin restituito in Shadow of the Kurdistan mountain di Azad Evdike (Syria 2018).

E poi c’è l’attualità catalana, la cui conflittualità e problematicità è metaforizzata da un film come Cada quinze dies di Sesé Laura Huguet e Joan Tisminetzky (Spagna 2018), documentario militante e intimista che sviscera il tema universale delle alleanze e delle difficoltà in ogni rapporto genitore-figlio. I 5 film in concorso per il premio più importante del BFF sono: l’inedito in Italia We will be happy one day di Pawel Wysocza?ski (Polonia 2011), che con uno sguardo cinematografico ruvido ed essenziale racconta la storia di Daniel, che vive in un distretto molto povero chiamato Lipiny nella Slesia, in Polonia meridionale e cerca un alternativa alla povertà, con l’aiuto della nonna Aniela, pensando di girare un film con il suo cellulare; Los ojos del camino di Rodrigo Otero Heraud (Perù 2017) film poetico che esprime i sentimenti della cultura andina verso la Madre Terra e gira intorno alla figura di uno sciamano andino che appare, cammina e scompare come uno spirito errante; Oreina di Koldo Almandoz (Spagna 2018), guarda ai giovani senza radici che vivono ai margini della città, dove le industrie si affacciano su fiumi e paludi e la sopravvivenza significa vivere pericolosamente in contesti relazionali difficili; La kora di Gianfranco Mura (Italia, 2018) esplora il mondo musicale della Kora, arpa a ponte dell’Africa occidentale, nelle mani di un musicista africano che la suona sulla spiaggia del Poetto di Cagliari, mescolando la melodia alle storie e alle danze delle feste coloratissime fino alla grande e caotica Dakar; infine A bolu di Davide Melis (Italia 2019) è un documentario che investe una delle più autentiche culture dell’isola, quella del pastoralismo, che trova sintesi ed espressione compiuta nel Canto a Tenore. Altri due eventi speciali sono dedicati al cinema dei sardi con al produzione originale Inferru (Italia 2019), di Daniele Atzeni, un ipnotico viaggio tra gli ultimi disperati, folli e al contempo lucidissimi pensieri di un anziano minatore e il film Raixe – In viaggio con i tabarchini di Andrea Mura (Italia 2019), viaggio cinematografico alla scoperta dell’affascinante epopea del popolo tabarchino durante secoli di peregrinazioni attraverso il Mediterraneo.

Centrale per questa edizione è l’istituzione di una struttura formativa denominata Babel Academy, che vuole essere una occasione di formazione continua e permanente per gli appassionati di cinema e per coloro che vogliono meglio comprendere i ruoli, le professioni e gli aspetti creativi del mondo dell’audiovisivo. Dal 3 al 7 dicembre si terranno 5 incontri per il cinema con la regista e documentarista Alina Marazzi (sull’utilizzo delle immagini storiche pubbliche e private a supporto della narrazione filmica), il regista Mario Brenta (l’approccio al cinema del reale), il sound designer Massimo Mariani (il suono al cinema, i tempi della progettazione e della post produzione sonora), la segretaria di edizione Lara Saderi, (il ruolo chiave della figura della segretaria di edizione nelle produzioni) e il regista Daniele Maggioni (come trasferire l’idea di partenza in una narrazione, dallo sviluppo alla sua attuazione).

Due mostre fotografiche e un concerto di artisti che cantano nelle lingue minoritarie e dialetti (il Tenore Supramonte di Orgosolo, il catalano Joan Isaac, il trio di Flo, il progetto Randagiu Sardu e Rossella Faa) completano il quadro di un programma articolato e ricco di contenuti.