La Chiesa cattolica è contro Steve Bannon e i populismi

Citato anche il russo Dugin

APR 19, 2019 -

Città del Vaticano, 19 apr. (askanews) – Il presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea, il gesuita Jean-Claude Hollerich, mette in guardia da personalità come lo statunitense Steve Bannon e il russo Aleksandr Dugin, “sacerdoti” dei populismi che “evocano una falsa realtà pseudo-religiosa e pseudo-mistica, che nega il centro della teologia occidentale, che è l’amore di Dio e l’amore del prossimo”, in un articolo sulle prossime elezioni europee per la Civiltà cattolica, il quindicinale dei gesuiti stampato con l’imprimatur della Segreteria di Stato vaticana.

“L’Europa, che sta perdendo la propria identità, si costruisce identitarismi, populismi, in cui la nazione non è più vissuta come comunità politica, ma diventa un fantasma del passato, uno spettro che trascina dietro di sé le vittime delle guerre dovute ai nazionalismi della storia”, scrive l’arcivescovo di Lussemburgo. I populismi “costruiscono una falsa identità, denunciando nemici che sono accusati di tutti i mali della società: ad esempio, i migranti o l’Unione Europea. I populismi legano gli individui non in comunità dove l’altro è una persona vicina, un partner nel dialogo e nell’azione, ma in gruppi che ripetono gli stessi slogan, che creano nuove uniformità, che sono l’anticamera dei totalitarismi. Un cristianesimo autoreferenziale rischia di veder emergere punti comuni con questa negazione della realtà e rischia di creare dinamiche che alla fine divoreranno il cristianesimo stesso. Steve Bannon e Aleksandr Dugin – scrive mons. Hollerich – sono i sacerdoti di tali populismi che evocano una falsa realtà pseudo-religiosa e pseudo-mistica, che nega il centro della teologia occidentale, che è l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Perché l’amore non può esistere senza libertà, e la libertà è la condizione indispensabile di ogni interazione umana, è la condizione indispensabile dell’agire e della responsabilità politica. Senza libertà la nostra fede non esiste. Risvegliamo quindi nei nostri cittadini il senso della libertà, della responsabilità e della solidarietà, diamo priorità a una fede viva, che è relazione, a una fede che non ha bisogno di offrire sacrifici sugli altari di Baal. Ma non lasciamoci ingannare: in un mondo che è alla ricerca di comunità, l’identità è importante. Si devono rispettare tutte le identità; al tempo stesso, però, si deve fare di tutto perché esse non siano chiuse, ma aperte, e divengano identità dialoganti”. Per il gesuita, “il rispetto del popolo è l’antidoto contro i populismi”.

L’arcivescovo di Lussemburgo peraltro ricostruisce con cognizione di causa la storia dell’avvio dell’integrazione europea: “Il piano Schuman era la risposta a un grande problema: il bacino minerario della Lorena e del Lussemburgo poteva essere sfruttato con profitto solo utilizzando il carbone della Saar.

Dal 1870 ciò non costituiva più una difficoltà: la Lorena era tedesca e il Lussemburgo era economicamente legato al Reich. Nel 1918 la Lorena ritornava alla Francia e il Lussemburgo era in unione economica e monetaria con il Belgio. La Saar e il suo carbone restavano tedeschi; da qui il tentativo di annettere quel territorio alla Francia. Nel 1945 la situazione era simile, perché la Saar stava per optare per la Germania.

Le sfide economiche avrebbero potuto condurre verso una terza guerra. Schuman, nato in Lussemburgo da padre lorenese e madre lussemburghese, capiva bene questo problema. Secondo il piano da lui indicato, la collaborazione economica e la cessione di una parte della sovranità sarebbero stati preferibili a uno scontro economico che, secondo le lezioni della storia, avrebbe potuto portare a nuovi conflitti armati. Mettendo in comune il carbone e l’acciaio, la guerra tra i sei Paesi della Ceca diventava impossibile”.

Ska/Int2