Libri del 2018, non fiction: transumanesimo, polpi e libertà

Mark O'Connel, Zadie Smith, Peter Godfrey-Smith

DIC 24, 2018 -

Milano, 24 dic. (askanews) – La non fiction, come accade da un po’ di anni, forse perché i suoi confini si sono comunque molto allargati e comprendono spesso oggetti che sono letterari a tutti gli effetti pur non essendo romanzeschi (il buon proposito di lettori e recensori per il 2019 potrebbe – tardivamente – essere quello di chiudere definitivamente con questa associazione esclusiva letteratura-romanzo). Uno di questi è il magnifico e spaventoso reportage di Mark O’Connell nel mondo del transumanesimo, del post umano, del “download del cervello”. “Essere una macchina”, che è uscito nella “Collana dei casi” dell’editore Adelphi, è un libro, come i due citati prima, molto contemporaneo, e anch’esso, come capitava con Timothy Morton, ci parla di qualcosa che sembra futuro fantascientifico, ma in realtà è solo il presente, in molti casi gli scenari che il giornalista descrive sono “già successi”, anche se a volte solo per una finora piccola comunità di adepti. Ma il post umano, la “vita” oltre la morte, sono oggetto di investimenti colossali dei protagonisti del Big Business e in molti luoghi che sembrano usciti dalla penna dell’ultimo Don DeLillo si trovano veramente le teste ibernate di persone che si sono fatte decapitare subito dopo la morte in attesa delle tecnologie che, prima o poi, permetteranno loro di risvegliarsi. Magari, e qui c’è probabilmente la parte più originale e inquietante del racconto di O’Connell, sotto forma di “altro”, sotto forma di software cosciente, senza più la soma del corpo. Ma sarà ancora vita? Sarà ancora umana?

Sempre in casa Adelphi e sempre nel terreno del ragionamento sulla coscienza e l’intelligenza, il 2018 ha portato in libreria un altro saggio difficile da trascurare: “Altre menti” di Peter Godfrey-Smith, dedicato alla cosa “più vicina all’incontro con un alieno intelligente che ci possa capitare”. Questa volta però la fantascienza (nella solita accezione un po’ scontata) non c’entra: gli alieni in questione sono seppie e polpi. Il libro, secondo volume della collana “Animalia”, è dedicato ai cefalopodi e alla loro via alternativa allo sviluppo cosciente e offre, da un punto di vista spesso filosofico, ma con moltissima interazione reale con gli animali, un avvicinamento al concetto vero di “alterità”. Oltre che una finestra capace di allargare le nostre prospettive e offrirci occhiali migliori per guardare a quello che, Morton e Kant ci perdonino, continuiamo a chiamare “il mondo”.

La non fiction come letteratura si diceva, e allora ecco la nuova raccolta di “idee, visioni, ricordi” di una delle scrittrici più importanti del mondo: Zadie Smith, che per Sur edizioni ha portato in Italia il suo “Feel Free”. Per capire di cosa stiamo parlando (e conviene ricordare, in quest’epoca di certezze assolute da sbandierare sui social ogni 18 minuti, che la precedente raccolta di non fiction della Smith si intitolava “Cambiare idea”), basta una piccola citazione: “A mio parere un vero ‘creativo’ non dovrebbe accontentarsi di soddisfare una domanda preesistente, ma dovrebbe modificare la nostra idea di ciò che desideriamo. Al cuore della creatività si trova un rifiuto. Perché un’opera veramente creativa evita sempre di vedere il mondo come lo vedono gli altri, o come viene generalmente descritto. Rifiuta le opinioni convenzionali e generiche: rinnova”. Bum. Mi vengono in mente le battaglie culturali del presidente della Biennale Paolo Baratta, che da anni insiste sul tema di ridefinire il desiderio, sia di arte sia di architettura. Insomma, quando c’è un’intelligenza mobile, e quella di Zadie Smith è mobilissima e diventa scrittura altrettanto imprendibile, tutto alla fine si tiene, in modo assolutamente precario se volete (parliamo pur sempre di cultura, suvvia), ma chiarissimo.