Libri del 2018, letteratura straniera: Halliday e Szalay

"Asimmetria" (Feltrinelli) "Tutto quello che è un uomo" (Adelphi)

DIC 24, 2018 -

Milano, 24 dic. (askanews) – Sulle sponde letterarie americane e, guarda caso, con il personaggio di un anziano scrittore proprio nell’anno della morte di Philip Roth, ci siamo imbattuti in un romanzo d’esordio fuori dal comune: “Asimmetria” di Lisa Halliday, pubblicato da Feltrinelli. Una storia in due macro-capitoli dedicati il primo alla relazione tra il leggendario premio Pulitzer Ezra Blazer e la giovane Alice, lei sì personaggio straordinario per il modo in cui Halliday lo ha immaginato e messo in pagina, il secondo ad Amar, economista iracheno-americano che viene trattenuto a lungo in aeroporto a Londra e così c’è l’occasione di trama per raccontare la sua vita. Bisogna dire che, anche per originalità, il botto lo fa la prima parte del romanzo, il botto è Alice, intorno a lei si stendono tutte le altre ramificazioni di storia, lingua, costruzione letteraria. Ma quando la ragazza dice a Blazer “Facciamo qualcosa di terribile”, è lei che serve il perfetto assist allo scrittore per rispondere: “Mary-Alice, questa è la cosa più intelligente che tu abbia mai detto”. Se non è amore così, non saprei cosa altro potrebbe essere. Tra i due personaggi, ma questo è relativo, e soprattutto tra noi e il romanzo. E questo conta.

Una parola, in questa lista, la merita poi un romanzo che, facendo finta di essere qualcosa d’altro – per esempio una specie di romanzone di inizio Novecento oppure una classica storia di formazione – in realtà fa davvero quello che promette il risvolto di copertina: racconta “in tutta la sua perturbante evidenza il nostro tempo, quello che viviamo ogni giorno”. Si tratta di “Tutto quello che è un uomo” del canadese-ungherese David Szalay (Adelphi), libro che – banalizzando molto, è chiaro – sceglie un passo che potremmo definire classico, con il quale batte un percorso ipercontemporaneo, la cui riconoscibilità però appare poco a poco, come se ce la dovessimo guadagnare, ma, sia chiaro, non certo in senso punitivo, solo di consapevolezza progressiva, di lento autosvelamento attraverso gli oggetti, i pensieri, le tristezze e le geografie, della nostra stessa vita. Non arriveremo, per fortuna, a un approdo definitivo, ma, come hanno detto in tanti e penso soprattutto a David Foster Wallace che parla di Kafka (David Foster Wallace che parla di Kafka, due universi completi, non uno solo) e dice più o meno: lo stesso assurdo viaggio verso casa era già casa.