Muri, natura e infiniti: istantanee dalla Biennale architettura

Cronache dai padiglioni di Germania, Francia e Paesi Nordici

LUG 9, 2018 -

Venezia, 9 lug. (askanews) – Rappresentare la generosità di spirito che consente di concentrarsi sulla qualità dello spazio e, grazie a questa, offrire in dono una nuova libertà. Sono questi i primi obiettivi del manifesto FREESPACE che le curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara hanno voluto porre alla loro Biennale di Architettura. E lungo queste linee guida ci siamo mossi a Venezia per scoprire alcune delle partecipazioni nazionali a nostro parere più interessanti.

Il padiglione della Germania, per esempio, da anni, sia nelle Biennali d’arte sia in quelle di architettura, è un luogo cardine, basti pensare al Leone d’Oro del 2017 alla performance di Anne Imhof. E anche questa volta il progetto “Unbuilding Walls”, curato da Marianne Birthler con gli architetti dello Studio GRAFT, riesce a colpire. Sia dal punto di vista estetico, con il rinnovo di un minimalismo che risale alla “Germania” in macerie di Hans Haacke, sia da quello concettuale e architettonico. Dietro le pareti nere, dietro la rappresentazione di un muro, così evocativo da tanti punti di vista, si svelano infatti una serie di progetti realizzati sul confine tra le due Germanie negli ultimi 28 anni, uno spazio unico, in quanto al tempo stesso vuoto e, in alcuni casi, nel cuore della Berlino simbolo e capitale dell’unificazione.

A pochi passi di distanza, proprio davanti al padiglione tedesco ai Giardini ci si imbatte poi in quello francese, curato dagli architetti di Encore Heureux e dedicato ai “Luoghi Infiniti”. Al centro della riflessione, in uno spazio sovraccarico e affascinante, dieci siti che si sono trasformati in modo imprevisto, favorendone l’appropriazione da parte dei cittadini. E’ il caso dell’Hotel Pasteur a Rennes, storico edificio che dal 2013 accoglie attività di ogni genere, senza un programma preliminare. Se ci si pensa è una scelta per molti versi rivoluzionaria nel quadro delle pianificazioni urbane, ma che la città, dopo un momento di diffidenza, ha accolto e riconosciuto come propria. Oppure ecco la storia de Le Tri Postal di Avignone, vecchio centro di smistamento della corrispondenza divenuto spazio per l’ospitalità a lungo termine dei senzatetto. Insomma, qui FREESPACE si declina in storie di incontri tra individui e luoghi carichi di potenzialità, lasciate poi libere di realizzarsi in tanti modi.

Terzo e ultimo capitolo di questo piccolo viaggio arbitrario è il padiglione dei Paesi Nordici, in questa Biennale affidato all’architetto finlandese Eero Lundén. Il titolo del progetto, “Another Generosity”, rimanda, così come le strutture che riempiono lo spazio, uno dei più affascinanti dei Giardini, alla relazione tra ambiente edificato e natura, e al modo in cui l’architettura può facilitare la coesistenza simbiotica di entrambi. E la generosità invocata da Farrell e McNamara qui prende la forma del dialogo tra gli esseri umani e l’ambiente, partendo dagli elementi base di aria e acqua.

Tre momenti, tre luoghi e tre progetti, tra i molti di questa Biennale di architettura. Istantanee da un’istituzione che dà una forma visibile ai propri principi e che, ogni anno, a noi pare in grado di sollevare nuove domande. E queste, si sa, sono molto più importanti delle risposte per chi vuole crescere, cambiare e desiderare ancora.