Una vita tra libri e impegno: Brescia racconta Ferlinghetti

Una mostra importante al Museo di Santa Giulia

OTT 12, 2017 -

Brescia, 12 ott. (askanews) – Se una mostra possa davvero restituire il senso di una vita è una questione complessa, una domanda alla quale è molto difficile rispondere, perché spesso ciò che un’esposizione racconta è una parte di quella vita, mentre la totalità resta altrove. A volte però, a questa totalità si riesce ad avvicinarsi di più, ed è quello che accade al Museo di Santa Giulia a Brescia, che ospita la mostra “A Life: Lawrence Ferlinghetti. Beat Generation, ribellione, poesia”. Qui, attraverso stanze di diversi colori e un percorso scientifico rigorosamente costruito dalle due curatrici – Giada Diano e Melania Gazzotti – insieme al direttore della Fondazione Brescia Musei, Luigi Di Corato, si snocciola la figura a tutto tondo di Ferlinghetti, poeta, artista, viaggiatore, attivista politico ed editore che, dai tempi dello sbarco in Normandia, cui prese parte, fino a quelli dell’America di Trump, di cui è un fiero contestatore, ha lasciato un segno nella storia culturale del Novecento.

Un segno multiforme, che forse in virtù di un talento eclettico e inquieto, non lo ha visto protagonista assoluto di un’unica disciplina, ma piuttosto “moderno Ulisse”, come scrive nel suo testo in catalogo Melania Gazzotti, sempre in movimento tra le tante manifestazioni della sua arte. Che nella mostra bresciana sono tutte documentate, e da qui si arriva a quella sensazione di ritratto completo di una vita di cui si scriveva all’inizio.

L’esposizione presenta materiali eterogenei e somiglia alla libreria di Ferlinghetti, la mitica City Lights di San Francisco, divenuta poi la casa editrice, per citare solo un caso, di un’opera come “Urlo” di Allen Ginsberg, che contribuì, dopo il processo per oscenità di cui si fece carico proprio Ferlinghetti in prima persona, essendo il poeta all’estero, a cambiare per sempre il costume e la società americana. Nelle sale del Museo di Santa Giulia ovviamente si trova molta Beat Generation, i volti dei protagonisti, da Jack Kerouac e dalla prima edizione, magnifica, di “On the Road” al sempre sorridente Gregory Corso; da William Burroughs, che scopriamo essere stato anche giovane – sembrava impossibile! – a quel matto di Neal Cassidy, magnificamente fotografato da Ettore Sottsass. Accanto a lui non può mancare Fernanda Pivano, dalle cui collezioni provengono molti dei pezzi esposti, alcuni dei quali stuperfacenti, come il manoscritto di “Smoking Grass Reverie”.

Ma la mostra, e qui sta la sua qualità principale e la sua mancanza di ammiccamenti, fa molto altro: racconta dei pellegrinaggi nel mondo di Ferlinghetti, delle case in cui ha vissuto, dei momenti che hanno fatto epoca, come i suoi reading al ritmo del jazz insieme a Kenneth Rexroth, che si possono ancora ascoltare sollevando uno dei due strani apparecchi telefonici che a un certo punto il visitatore della mostra si trova di fronte. E poi le battaglie politiche, il pacifismo di un ex soldato – lui che era andato a Nagasaki per vedere che cosa volesse dire davvero la guerra combattuta con le armi nucleari -, il Sessantotto, le poesie di Pasolini tradotte da lui stesso, le impeccabili infografiche curate da Fabrica, i video, i taccuini… Naturalmente anche il Ferlinghetti artista visivo, di cui sono esposti alcuni grandi dipinti, ma di cui a noi piace sottolineare soprattutto il grande talento di disegnatore, con più di un pezzo che ha la forza di andare oltre e toccare lo spettatore nel profondo.

Quello che però forse rimane di più, alla fine, è il sorriso gioioso che troviamo spesso sul volto di Lawrence Ferlinghetti, oltre che la testimonianza viva di un fermento culturale che ha scosso l’America e che qui ci viene raccontato con passione e documentazione.