Alla ricerca del genio: l’inutile e bellissima domanda sull’arte

Ipotesi di risposte, tra Parreno, Hirst e Andreotta Calò

GIU 10, 2017 -

Milano, 10 giu. (askanews) – Un mondo sotterraneo senza via di fuga se non la vita; un video che, in 13 minuti, racconta una intera cosmogonia; un negozio di ferramenta, ricostruito nei minimi dettagli; una passerella arancione che attraversa un lago; una fabbrica di sculture dall’aspetto fantascientifico.

L’arte contemporanea assume di volta in volta sembianze molto diverse, in ossequio alla definizione di uno dei più importanti curatori di oggi, Massimiliano Gioni: “Arte è ciò che un certo momento storico, una serie di comunità, riconoscono come tale”.

E pertanto, in questa “crisi costante”, che però è anche opportunità, definire che cosa sia il genio è difficile, forse inutile da certi punti di vista. Ma proprio perché l’inutilità – si pensi alle giostre lentissime di Carsten Höller o ai vestiti appesi di Joseph Beuys – è una delle funzioni su cui il contemporaneo spesso ragiona, ecco che si può provare a rispondere all’impossibile domanda.

Il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, identifica il momento creativo dell’artista come quello in cui si dona qualcosa all’umanità: “Un pensiero, una riflessione, una dilatazione”. Qui, in questo ampliarsi del campo, in questo continuo ribaltamento delle regole del gioco, si può annidare la genialità di Philippe Parreno, che in sostanza cambia radicalmente la natura all’opera d’arte, lasciando solo ipotesi di mostre; oppure quella di Pamela Rosenkranz, che ha immaginato una piscina di Evian e medicinali; o ancora quella di Theaster Gates, che crea strutture sociali come pratica d’arte.

Certo, poi il genio degli artisti di oggi è multiforme e può essere anche genio economico, vengono in mente i nomi di Jeff Koons o Damien Hirst, genio della fuga, come con Maurizio Cattelan, genio tecnologico, come in Tomas Saraceno o nello stesso Parreno… e si potrebbe continuare all’infinito.

Ma per capire ciò che non si può spiegare forse oggi basta andare alla Biennale di Venezia, entrare nel Padiglione italiano e fermarsi a contemplare il lavoro di Giorgio Andreotta Calò.

Il senso del genio sarà lì, accanto a voi, discreto e sorridente.