L’idea dello spazio al centro della 16esima Biennale Architettura

"Freespace", curata da Yvonne Farrell e Shelley McNamara

GIU 7, 2017 -

Venezia, 7 giu. (askanews) – Ripartire dallo spazio, per proseguire il percorso di consapevolezza sul ruolo dell’architettura nelle nostre vite. Il presidente della Biennale, Paolo Baratta, in anticipo rispetto alla tradizione, ha presentato i curatori della 16esima Mostra internazionale di Architettura, Yvonne Farrell e Shelley McNamara e, soprattutto, il tema da loro scelto: “Freespace”. Un approccio che, in attesa dei contenuti, sottolinea alcuni concetti chiave come la generosità e il senso di umanità, e rilancia parole come “dono” o “dignità”.

“Partire dallo spazio – ha detto Baratta ad Askanews – è un modo per riconoscere all’architettura un ruolo fondamentale nella vita nostra, perché noi viviamo nello spazio creato dall’architettura. Dobbiamo riconoscere che l’architettura è una necessità, che la mancanza di architettura è una perdita, come se buttassimo via il frutto del nostro lavoro. Perché condannarci a spazi banali, quando invece con l’architettura si possono organizzare spazi nei quali riconoscerci meglio come individui e come comunità, sapendo che c’è stato un pensiero rivolto a noi?”.

La coppia di architetti irlandesi, già Leone d’Argento alla Biennale del 2012, ha offerto ai cronisti una dimensione filosofica dell’architettura che fa pensare all’idea stessa della progettazione, prima degli oggetti e accanto alle persone a cui i progetti saranno poi rivolti. Insomma, come accade per la Biennale d’Arte attualmente in corso a Venezia, una forte impronta umanistica.

“Siamo state ispirate – ha spiegato Shelley McNamara – dalla descrizione della natura della musica fatta da Daniel Barenboim come qualcosa di inesplicabile se non attraverso il suono. Noi crediamo che la natura dell’architettura sia inesplicabile se non attraverso lo spazio. Lo spazio è il nostro primo interesse, perché è lo spazio che poi determina gli oggetti. Lo spazio è il prodotto di un sogno, di una immaginazione: come immaginare uno spazio nel quale le persone si sentano bene, come immaginare uno spazio che possa focalizzarsi sulla gioia della vita, ma anche su quella della luce del sole, delle ombre, della Luna. Che tipo di spazio desideriamo come esseri umani per sentirci bene. Questo è molto importante per l’architettura”.

Dalla relazione con il contesto naturale a quella con la dimensione sociale il passo è molto breve e, alla Biennale, quasi obbligatorio.

“Noi non vogliamo – ha aggiunto Yvonne Farrell – che le persone considerino l’architettura come una semplice collezione di oggetti, ma come lo spazio creativo nel quale vive la società. Vogliamo cambiare la percezione, vogliamo rendere più consapevoli del fatto che l’architettura è una somma di superfici che contengono noi come società, in tutto il mondo. E dall’altra parte vogliamo ricordare ciò che la natura offre, questi doni gratuiti che permettono di avvicinare allo spazio dell’architettura”.

E lo spazio che sarà indagato dalla Biennale di Farrell e McNamara è anche fatto di assenze, di vuoti, di ciò che apparentemente sembra non essere l’architettura, ma Baratta ha invitato a pensare in termini più ampi: “Se uno guarda l’isola di San Giorgio – ha detto – la cosa più chiara che può capire è che quell’architetto, quando fece quella chiesa, stava pensando a noi. L’architetto sapeva che stava costruendo lo spazio davanti alla chiesa”. Anche se quello spazio è, all’apparenza, solo vuoto. “Il ruolo culturale della Biennale – ha concluso il presidente Baratta – è quello di far tornare il desiderio di queste cose alla gente. Fare tornare la consapevolezza e il desiderio, e mostrare che si può fare, e che spesso non costa neanche tanto, anzi si spende molto di più per fare le cose male. È uno sforzo di formazione, di conoscenza, di arricchimento di noi stessi. Senza architettura siamo tutti più poveri”.

La 16esima Biennale di Architettura aprirà al pubblico il 26 maggio 2018 e si concluderà sei mesi dopo.