Molteplicità di Rauschenberg: una retrospettiva alla Tate Modern

Uno sguardo complesso sul percorso creativo di un artista chiave

MAR 8, 2017 -

Londra, 8 mar. (askanews) – “Molteplicità, varietà e inclusione”. Ci sono tutti, e si vedono, gli elementi fondanti (per sua stessa definizione) dell’arte di Robert Rauschenberg, nella grande mostra che la Tate Modern di Londra gli dedica fino al 2 aprile. Un’esposizione, organizzata con il MoMA di New York, che attraverso 11 sale ricostruisce la complessità di un percorso artistico decisivo nella storia del secondo Novecento, senza indugiare solo sulle icone, ma offrendo soprattutto cittadinanza, come ci si aspetta da una retrospettiva, alle varianti, ai sentieri meno noti, alle ricerche che hanno accompagnato tutta la vita di Rauschenberg.

Così accade che già la prima sala, in un percorso articolato per tipologie di approccio al lavoro, sia ricca di opere che aprono altre porte e altre strade. Dai grandi dipinti monocromi, bianchi o neri, all’accostamento di elementi modulari, dalle cancellazioni alla traccia di uno pneumatico (lasciata da un’auto guidata da John Cage) sui fogli di carta, si intuisce la futura rilevanza della lezione di Rauschenberg, capace di andare oltre i movimenti come l’Espressionismo astratto o la Pop Art, per raggiungere un terreno indefinito, molteplice e, in fondo, puro, che è lo spazio dove la sua arte diventa possibile e significante, oltre che influente in maniera imprescindibile, con il suo rimandare indiretto, per esempio, tanto alle Linee di Piero Manzoni quanto al lavoro che verrà di un Theaster Gates, oltre che al costante – e talvolta mimetico – rapporto con Jasper Johns, solo per citar alcune suggestioni praticamente immediate. La sensazione, fin da subito, è dunque che Rauschenberg più che delle semplici opere abbia realizzato un modo di pensare alle opere che, dopo di lui, non ha più potuto prescindere da lui.

Fin dall’inizio della sua carriera l’artista texano ha cercato il dialogo con altre forme espressive, soprattutto teatro e musica, per allargare lo spazio della semplice cornice pittorica. Così i dipinti sono diventati i leggendari “Combine”, quadri aumentati dalla presenza di oggetti che fanno a pezzi la bidimensionalità, oppure, al contrario, la ricompongono, come nel caso del celebre letto. Che in fondo, poi, può anche essere la stessa cosa, se pensiamo in termini di contenitori e contenuti (dove i primi contano più dei secondi).

Altre icone sono i “Silkscreens”, come l’opera che fa da manifesto alla mostra londinese, una delle più note della serie dedicata al presidente John Kennedy, forse l’immagine del lavoro di Rauschenberg che più si è affermata nell’immaginario collettivo. Il grande fascino dell’esposizione, però, si annida altrove, nell’imprevisto, nel nuovo e, appunto, nell’inclusività della sua arte, come sta a dimostrare una sezione come la numero 7, “Technology”, dove si può ammirare un pezzo semplicemente straordinario (e di cogente contemporaneità) come “Mud Muse”: una vasca metallica che contiene circa 3800 litri di bentonite mista ad acqua che continua a ribollire grazie a dell’aria che viene pompata in base allo stesso suono prodotto dall’incessante attività dell’argilla liquida.

La mostra prosegue ricostruendo altre tappe della vita e della carriera di Rauschenberg (strettamente correlate le due dimensioni, ma senza eccessi morbosi sull’ambito biografico), da quella sulle performance live al periodo dell’astrazione materiale, fino ad arrivare agli ultimi lavori dell’artista, scomparso nel 2008, con grandi opere che in qualche modo appaiono delle possibili (e inevitabilmente provvisorie) summe del percorso creativo di un uomo che, senza mai dimenticare la dimensione pittorica, ha profondamente cambiato l’arte, dilatandone i confini in molti modi e rendendo, per fortuna, ancora più difficile rinchiudere la creatività dentro definizioni rigide.

Un’operazione che, spostandosi in ambito museale, sembra corrispondere a quanto portato avanti dalla nuova Tate Modern, sempre più luogo di inclusione e, anche a livello di progettazione di mostre, terreno di sperimentazione e ricerca. Come anche questa retrospettiva su Robert Rauschenberg sta significativamente a dimostrare.