Drenig, intellettuale di Fiume che ha avvicinato Italia e Croazia

Mostra-convegno al Senato, Istituto di S. Maria in Aquiro

OTT 18, 2016 -

Roma, 18 ott. (askanews) – La cultura come mezzo per unire i popoli. Per Francesco Drenig avvicinare l’Italia e la Croazia era un obiettivo imprescindibile. Negli anni venti del Novecento, con Fiume contesa tra Italia e il Regno degli Slavi del sud, si era creato al confine orientale uno stato di tensione insostenibile. Fu il periodo dell’impresa dannunziana, dell’effimero Stato Libero di Fiume e altri avvenimenti di cui ancora oggi rimane l’eco storica. In questa temperie infuocata Francesco Drenig lottava per trovare un pensiero comune, una sintonia di aspirazioni e ed esigenze, un terreno di scambio tra i due paesi.

Alla figura di questo grande intellettuale fiumano viene dedicata la mostra-convegno (14 ottobre 2016) ‘Drenig – contatti italo-croati 1900-1950’ , organizzata e curata dal Museo Civico di Rijeka-Fiume, patrocinata dall’Ambasciata di Croazia, dal Ministero della cultura croato e dal Senato della Repubblica Italiana. L’evento si è tenuto in occasione del ventennale del Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia sui diritti delle minoranze presso il Senato della Repubblica italiana all’Istituto di Santa Maria in Aquiro a Roma. Tra il pubblico erano presenti il campione olimpionico di marcia Abdon Pamich, esule fiumano, il senatore Luico Toth esule zaratino, il presidente dell’Associazione italo croato Giovanni Orsoni, il direttore della rivista ‘Fiume’ Giovanni Stelli, mentre hanno inviato un saluto bene augurale il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, la presidente della Comunità degli italiani di Fiume Orietta Marot e l’ex Ministro degli esteri Giulio Terzi.

Il convegno è iniziato con un introduzione musicale del maestro fiumano Francesco Squarcia, pluripremiato che ha introdotto il convegno con arie musicali classiche e terminato l’esibizione con la sua canzone ‘Immensamente’ premiata al concorso ‘Melodie istro-quarnerine’. Poi il senatore Aldo Di Biagio, assai attivo nell’ambiente Adriatico, ha moderato l’incontro evidenziando come la manifestazione, dovuta alla collaborazione tra il Museo Civico di Rijeka-Fiume, la Società di Studi Fiumani e del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno (per quanto riguarda il libro del prof. Dubrovic su Drenig) rappresenti uno straordinario caso di dialogo culturale che merita di venir portato a conoscenza anche a Roma, quindi al di là dei luoghi giuliani solitamente interessati. In seguito Di Biagio ha ricordato come, grazie alla sua storia e alla sua gente, Fiume-Rijeka sia stata scelta come ‘Capitale europea della cultura’ per il 2020 e come le importanti iniziative culturali sostenute dalla Società di Studi Fiumani con il suo Archivio Museo di Fiume abbiano avuto come naturale conseguenza l’attribuzione nel giugno di quest’anno della Targa d’oro della città di Rijeka-Fiume al presidente della Società di Studi Fiumani Amleto Ballarini, così motivata: ‘per il dialogo culturale intrapreso e la promozione dell’immagine della sua città natale’.

Si tratta della prima occasione, nell’ambito delle relazioni italo-croate, in cui un esule fiumano ottiene un riconoscimento di tale valore in Croazia.

L’ambasciatore Damir Grubi?a ha ricordato l’importante presenza di croati o cittadini di origini croate perfettamente inseriti nella società italiana e le migliaia di italiani che vivono in Croazia, dove in cinque atenei delle città di Pola, Fiume, Spalato, Zagabria e Zara si studia la lingua e cultura italiana. Amleto Ballarini, Presidente della società di studi fiumani, ha sottolineato come Drenig sia stato simbolo di una fiumanità aperta e civile, capace di mantenere la propria identità senza rinunciare a riconoscere i valori altrui e di essere sempre attenta ai nuovi fermenti culturali. Ballarini ha anche ricordato il cammino di una città che ha sofferto i grandi avvenimenti del Novecento in maniera drammatica.

Marino Micich, Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume, ha ricordato la figura del figlio di Drenig, Neri e la sua generosità nel fornire all’Archivio Museo storico di Fiume molti documenti e fascicoli sul padre che possono essere utili agli studiosi. Inoltre ha evidenziato l’importanza delle oltre sessanta opere di artisti fiumani conservate nell’Archivio Museo storico di Fiume di Roma. Il direttore del Museo della città di Fiume, Ervin Dubrovic, autore di un importante libro sull’intellettuale fiumano, ha presentato un interessante documentario sulla vita e l’opera di Drenig ricordando la pluriennale collaborazione con la Società di Studi Fiumani.

Francesco Drenig svolge una notevole attività di traduttore negli anni venti del Novecento, dedicandosi in maniera preminente alla traduzione di poeti croati, serbi e sloveni e anche di autori russi e cecoslovacchi .La vocazione di Fiume a imporsi quale centro di scambio culturale trova il suo correlativo nella pubblicazione, nei primi anni del Novecento, di importanti riviste letterarie nella città quarnerina. Soprattutto si impongono per la loro predisposizione a incoraggiare l’incontro tra la letteratura italiana e quelle dei vicini stati europei le riviste ‘La Fiumanella’ e ‘Delta’, entrambe fondate da Francesco Drenig.

‘La Fiumanella’ si proponeva di diffondere la cultura italiana in Jugoslavia, Ungheria, Cecoslovacchia, Austria e Germania e favorire le scambievoli conoscenze tra le letterature di questi paesi. La pubblicazione più influente del periodo è, però, ‘Delta’ che dal 1923 al 1925 svolge un’opera fondamentale nello sviluppo di uno scambio reciproco tra le letterature italiane, tedesche, magiare, slave e ceche. L’obiettivo del mensile è dichiarato fin dalla scelta del nome ‘Delta’, termine che indica la foce in cui si incontrano due o più ramificazioni di un fiume e che qui è inteso quale luogo di incrocio di varie civiltà. A undici anni dalla fine dell’esperienza con ‘Delta’ Drenig torna a dedicarsi al giornalismo con la rivista ‘Termini’ (1936). Anche questo interessante mensile letterario nato sotto il regime fascista ripropone gli obiettivi che si erano poste le due precedenti riviste ovvero quello di far conoscere reciprocamente le culture e le letterature del bacino sub danubiano e del mondo balcanico. Drenig collabora con le sue traduzioni in un numero speciale di ‘Termini’ dedicato alle letterature jugoslave, mettendo in luce scrittori e poeti croati ma anche bosniaci e serbi di grande livello. Un grande interesse per l’immagine e la comunicazione visiva portano Drenig ad approdare a una nuova passione che dagli anni Trenta occupa gran parte del suo tempo: la fotografia. La sua opera fotografica ruota in prevalenza attorno a tre tematiche fondamentali quali l’interesse per i dettagli naturalistici, l’attenzione nei confronti della combinazione di luci e di ombre e infine lo studio delle atmosfere confidenziali e familiari con la resa accurata dei dettagli.

La descrizione della poliedrica attività intellettuale e artistica di Drenig non esaurisce il suo ruolo nella storia di Fiume. Egli ha, infatti, sempre dedicato le sue migliori energie alla città quarnerina facendo parte, da giovane, della cerchia fiumana degli irredentisti. Nell’ottobre del 1913 è, con Luigi Cussar e Giorgio Gerngross, tra gli autori dell’attacco al Palazzo del Governo e in seguito a tale azione viene arrestato con altri ventotto intellettuali di Fiume e internato nel villaggio di Kiskunhalas. Successivamente viene mandato al fronte in Galizia con l’esercito austroungarico. Dopo il ritorno a Fiume fa parte del Consiglio nazionale italiano e si unisce alla legione dannunziana con l’incarico di propagandista. La sua partecipazione all’impresa fiumana non comporta, però, ruoli militari. Dopo il giovanile periodo irredentista e l’impegno al fianco di D’Annunzio Drenig preferisce evitare di tornare all’attività politica ma continua a collaborare alla rivista ‘Termini’, che come già ricordato usciva nel periodo fascista, ma si astenne da qualunque compromissione politica. Ciò che, però, per Drenig è un dato irrinunciabile è l’italianità. Dopo la fine della seconda guerra mondiale e la sconfitta dell’Italia, Fiume viene occupata da reparti armati jugoslavi. Nel 1947, dopo l’annessione ufficiale di Fiume alla Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia, Drenig decide di mantenere la cittadinanza italiana e affronta la via dell’esilio insieme agli altri connazionali. Morì nel 1950 a Fabriano lasciando un ricordo positivo tra gli intellettuali fiumani.