Il Generale Mori: la mafia di Matteo Messina Denaro è finita, non c’è un capo

Ad askanews:"Intercettazioni fondamentali, ma non da sole"

GEN 17, 2023 -

Roma, 17 gen. (askanews) – Il generale Mario Mori, comandante dei Ros negli anni in cui fu arrestato Totò Riina, plaude alle forze dell’ordine per l’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro che, dice in questa intervista ad askanews, “segna la fine di un periodo della storia della mafia e in particolare di cosa nostra operativa”. “Indubbiamente – afferma il generale dei carabinieri – quella mafia è finita. Riina rappresentava l’alfa, Messina Denaro rappresenta l’omega. Messina Denaro che non è mai stato un capo, ma per fare un esempio militare è l’ultimo colonnello di cosa nostra”. Per l’ex comandante dei Ros, il Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, non esiste un “successore” di Matteo Messina Denaro a capo della mafia. “Se si intende un successore come capo a modo di Riina o di Bagarella, io dico di no. Perché la mafia a mio avviso non scompare – prosegue Mori – la mafia si evolve. Quello che non muore ed è pericolosamente vivo è il sentire della cultura mafiosa. E io sostengo che per combattere la cultura mafiosa bisognerà alzare il livello dello scontro, nel senso che la cultura mafiosa non la batte nè una brillante polizia nè una brillante magistratura; la cultura mafiosa la batte la politica, la cultura, l’informazione, l’industria che offre posti di lavoro e toglie l’acqua intorno al pesce di cosa nostra. Questo è il livello che è un gradino superiore da combattere. E questa è viva, ed è pericolosa perché può riprodurre anche in forme nuove di criminalità di tipo operativo”. “Non è possibile che nessuno si fosse accorto” della presenza di Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara. “E’ proprio la cultura mafiosa, non è solo connivenza ma è anche il dire ‘Chi me lo fa fare'”. L’ex comandante dei Ros autore dell’arresto di Totò Riina, il generale Mario Mori non ha dubbi su come si muove la mafia ora sul territorio. “Campobello di Mazara è una piccola realtà ma è tipica del modo di essere di una certa società siciliana. Intanto bisogna vedere da quanto tempo abitasse lì, ma almeno qualche mese è passato, e non è possibile che nessuno se ne fosse accorto. E’ proprio quella cultura mafiosa che non è solo connivenza ma è anche il dire ‘Chi me lo fa fare’ che ha consentito che ciò si verificasse”. “C’è anche da dire – aggiunge il generale dei carabinieri – che nel tempo il sistema di sicurezza creato intorno a Matteo Messina Denaro piano piano era stato sgretolato. C’erano stati arresti nel tempo che ne avevano ridotto le sue difese. Poi con la situazione fisica che lo ha obbligato ad andare in clinica, ecco che i limiti di sicurezza sono stati attraversati ed è stato arrestato”. “Le intercettazioni telefoniche sono fondamentali almeno per quanto riguarda alcuni aspetti di reato. Per il terrorismo mi sembra siano indispensabili”. Nei giorni in cui, all’indomani dell’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro si discute sulla validità delle intercettazioni come strumento nella lotta alla mafia e alla criminalità, il generale Mario Mori, ex comandante dei Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) dei carabinieri, si dice convinto dell’importanza di tale strumento. Ma, dice ad askanews, “è uno strumento a sostegno delle indagini, non è l’indagine stessa”. “Il problema è il feticcio delle intercettazioni telefoniche che non mi convince del tutto – afferma -. E’ uno strumento che serve a sostegno delle indagini, non è l’indagine. Molte volte tutto si realizza attraverso le intercettazioni, e questo non va bene. Ne sono convinto. Moltissimi processi basati solo sulle intercettazioni sono miseramente crollati in sede dibattimentale”, conclude Mori. (di Serena Sartini) Ssa/Int13