Astrazeneca e richiamo con vaccino diverso, il punto dell’immunologo

Andrea Cossarizza spiega rischi e benefici dopo lo stop per gli under 60

GIU 12, 2021 -

La pandemia Roma, 12 giu. (askanews) – Stop Astrazeneca a chi ha meno di 60 anni e chi ha fatto la prima dose farà il richiamo con un vaccino diverso, a Rna messaggero, Pfizer o Moderna. La decisione è presa, dal ministero della salute, sentito il comitato tecnico scientifico, Tutto a posto? Al di là di possibili eventuali problemi organizzativi, chi deve fare la seconda dose ‘eterologa’, con un vaccino diverso, è di fronte a dati non ancora consolidati e opinioni diverse degli esperti. Askanews ha fatto il punto con l’immunologo dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il professor Andrea Cossarizza, che con il suo team ha studiato fin dai primi giorni della pandemia la tempesta di citochine innescata dal Covid e continua a studiare la risposta del nostro sistema immunitario al Sars-cov-2. Premessa, la decisione (accelerata da due casi di trombosi in giovani donne, una fatale per una 18enne su cui la procura di Genova indaga) di fermare Az per gli under 60 era ormai inevitabile? ‘Sì. I dati Ema del 23 aprile sul rapporto rischio-beneficio per le differenti fasce di età sono chiari: per le persone (sane) più giovani sotto i 30 anni, il rischio di ammalarsi gravemente o morire di Covid-19 è vicino allo zero mentre il rischio di avere effetti collaterali con il vaccino Astrazeneca è un po’ più alto. Al di sotto dei 30-40 anni a questo punto della pandemia, con questa circolazione del virus il rischio è superiore al beneficio, nelle persone giovani il rapporto è sbilanciato, quindi si deve cambiare vaccino. L’alternativa è disponibile, non siamo in una situazione drammatica in cui mancano altri tipi di vaccini, quindi perché non usarli? Forse nella decisione delle autorità sanitarie si poteva lasciare dieci anni in più, prevedendo uno stop per gli under 50, ma in base al principio di precauzione, e dato che qualche caso di effetto collaterale grave in donne over 50 c’è stato, si è deciso di stare sotto i 60, e mi sembra una buona idea’. Ma le persone possono essere spaventate a questo punto, perché dovrebbero ‘sperimentare’ un richiamo con un vaccino diverso? ‘I dati sono ancora pochi, e su questo non c’è dubbio. C’è un lavoro spagnolo dell’Università Carlo III di Madrid su circa 600 pazienti, secondo cui il richiamo con Pfizer dopo una prima dose Astrazeneca dà un’ottima produzione di anticorpi, assolutamente valida, e non rileva alcun effetto collaterale particolare. Ma è un comunicato stampa, non ancora uno studio pubblicato. Poi su Lancet è stata pubblicata una parte di un lavoro dei colleghi inglesi, mirato a studiare l’efficacia del mix, che riporta l’analisi ad interim sulla tollerabilità e rileva qualche effetto collaterale in più, di lieve entità, come mal di testa e dolenzia, ma su numeri molto piccoli quindi senza valore statistico. La situazione si può vedere da due prospettive: dal punto di vista teorico il richiamo con un vaccino diverso funziona ma non abbiamo dati, oppure non abbiamo dati ma dal punto di vista teorico il mix funziona’. Un ‘bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto’, e ‘io farei un velocissimo studio mirato su qualche centinaio di persone e andrei a valutare. Comunque le autorità sanitarie inglesi hanno dichiarato che i loro dati immunologici saranno disponibili tra qualche settimana’. E quindi si potrebbe aspettare? ‘Questa è una valutazione politica, che non mi compete. Bisogna anche valutare la necessità o meno di somministrare velocemente la seconda dose. Io sarei favorevole al mix ma è vero che servono i dati per avere più sicurezze. Proviamo a fare chiarezza: una persona che ha meno di 60 anni e ha fatto la prima dose con Astrazeneca il richiamo con Astrazeneca non lo fa. Se deve fare il richiamo può aspettare un po’ – ma immagino proprio poco, perché in questo momento l’organizzazione messa in piedi dal generale Figliuolo è ottima e perfettamente in grado di riprogrammare il trasferimento delle dosi, e quindi farlo con Pzifer o Moderna. Teoricamente non ci sono grandi differenze tra i vaccini a DNA o a mRNA, sia il vaccino di Astrazeneca che quello di Pfizer-Biontech o Moderna non contengono proteine virali ma acidi nucleici che fanno produrre lo stesso antigene virale. I vaccini attuali sono diretti contro la stessa proteina spike del virus, non si vede perché non dovrebbe funzionare il mix’. Con un elemento da tenere presente, che il richiamo è importante, non si può depennarlo con facilità, e quello che accade nel Regno Unito con la variante delta (ex indiana) che buca la prima dose dei vaccini dovrebbe bastare a sottolinearlo: ‘Il richiamo è necessario a prescindere – ricorda Cossarizza – la seconda dose porta il titolo degli anticorpi molto in alto, e mantiene le cellule immunitarie di memoria a lunga vita. Usare un vaccino diverso per il richiamo potrebbe metterci più al sicuro. E nella peggiore delle ipotesi l’effetto potrebbe essere quello della prima dose di un vaccino diverso. Poi, con dei dati in mano, valuteremo meglio come procedere’. C’è chi dice faccio il test e se ho gli anticorpi alti, non ho bisogno di fare la seconda dose. Non è così immediato: ‘Per sapere se si è davvero protetti bisognerebbe fare dei test specifici sull’immunità cellulo-mediata, misurabile con test non di routine che per ora possono fare solo laboratori di ricerca, altamente specializzati’. Un’altra incertezza per i vaccinandi riguarda gli adolescenti, Pfizer è stato approvato per i 12-16enni e sono partite le vaccinazioni, ma anche qui i dati non sono tanti. I centri per il controllo della malattie Usa hanno anche segnalato alcuni casi di miocardite, segnalazioni per la verità ridimensionate dall’American Heart Association: ‘Oltre a dover essere stabilito il nesso – spiega Cossarizza – secondo i report sarebbero malattie comunque autolimitantesi, che guariscono da sole senza necessità di una terapia, a differenza delle miocarditi che sono state segnalate nel caso di infezioni da Sars-cov-2 nei giovani’. Ma sono comunque necessarie le vaccinazioni negli adolescenti? ‘Dobbiamo diminuire la viremia, la circolazione del virus nella popolazione, su questo non c’è dubbio. E le interazioni sociali che hanno i giovani sono infinitamente più alte di quelle degli anziani, bisogna tenerne conto. Io personalmente sono favorevole a vaccinare anche i giovani. Riducendo la viremia tra i giovani si riduce il rischio che siano contagiati i più anziani ma anche il rischio di generare nuove varianti, che potrebbero poi colpire altre categorie, persino gli stessi giovani, come insegna la variante gamma in Brasile. La campagna di vaccinazione non si può fermare per nessuna fascia di età perché dobbiamo ridurre la viremia di comunità, dobbiamo ridurre la probabilità di sviluppare nuove varianti. Più il virus replica più varianti verranno generate. Se arrivasse una variante virale capace di legarsi in modo perfetto al recettore ACE-2, sfuggire agli anticorpi e mostrare una altissima capacità di replicazione potremmo avere dei problemi’. Sia chiaro: ‘Lo vorremmo ma il rischio zero non esiste, per nessuna cosa nella vita. Un vaccino efficace e che protegge può essere accompagnato dalla insorgenza di vari tipi di effetto collaterale, da lievi e frequenti, a rarissimi ma molto gravi. Così in effetti accade, su un milione di persone qualcuno sviluppa un effetto collaterale grave, e non si pensa a quello che non è successo grazie al vaccino. Ovvero che non si sono infettate centinaia di migliaia di persone e che quindi non ci sono stati migliaia di morti. Il singolo caso purtroppo non si può evitare, gli effetti collaterali dei farmaci esistono, basta leggere il bugiardino e gli effetti collaterali di un banale antinfiammatorio’. Ricordiamo che ‘abbiamo già fatto dei miracoli vaccinando in pochi mesi milioni di persone, e questo ha ridotto in modo incredibile la pandemia, i morti e i ricoveri. Quello che dobbiamo capire ora è come usare meglio i vaccini, per ridurre al massimo i rischi dell’uso di questi farmaci’. Qualcuno dice non voglio fare la cavia: ‘E’ un atteggiamento comprensibile, e anche ragionevole. Non c’è nulla di male a voler attendere, e non avendo dati è sicuramente difficile prendere decisioni. Nel momento in cui usciranno i risultati, che io immagino siano positivi, allora ci rassicureremo tutti; nel frattempo è logico che ogni persona faccia quello che ritiene meglio fare. Io mi vaccinerei anche con il mix, perché comunque la proteina che viene prodotta nell’organismo con la spinta del vaccino è alla fine sempre la stessa, dal punto di vista immunologico non c’è motivo perché non debba funzionare. E i rischi, secondo me, sarebbero gli stessi di fare una prima dose con quel vaccino. Ma è anche vero che non ci sono dati definitivi. Quindi massimo rispetto di ognuno, ma invito comunque a mantenere la fiducia nella scienza e un invito anche a credere ai dati che presto arriveranno’. Ché non c’è da meravigliarsi sia così: ‘La scienza procede per necessari aggiustamenti, la pandemia, il Sars-cov-2 e i vaccini sono ancora troppo recenti e cambiamenti, nuovi dati, nuove scoperte ce ne saranno ancora. Di conseguenza anche l’informazione dovrà spiegare bene eventuali cambiamenti (che spero siano proprio pochi!), che vanno accettati con la fiducia nel cercare di fare tutto al meglio possibile’. Giovanna Turpini