Assosementi: nuovo corso Ue su Ngts colmerebbe gap competitivo

Intervista a presidente Carli:effetto a cascata su settore primario

MAG 11, 2021 -

Roma, 11 mag. (askanews) – Una nuova regolamentazione europea sulle Ngt (New genomic Techniques) aiuterebbe l’Europa e, quindi anche l’Italia, a colmare il gap competitivo con Paesi come Usa e Cina, ma anche con l’Inghilterra, che già vi fanno ricorso. Con un effetto a cascata sul settore primario che, oggi, si trova a competere con chi già usa le Ngts e sta lavorando a varietà migliorate e più performanti. L’uso dei nuovi strumenti biotech darebbe un spinta alla ricerca sia pubblica sia privata e potrebbe rappresentare anche una sorta di ‘rete di sicurezza’ per tante eccellenze italiane o varietà autoctone che nel futuro potrebbero andare incontro a problematiche di tipo fitosanitario. In una intervista ad Askanews, Giuseppe Carli, presidente di Assosementi (organizzazione che rappresenta 147 aziende dell’industria sementiera nazionale), parla delle possibili ricadute di una nuova normativa sulle biotecnologie nel settore sementiero, nella ricerca e nel comparto agricolo in genere.

Quanto investe il settore sementiero in ricerca e sviluppo? “Il settore investe una quota significativa del proprio fatturato che a seconda dei casi può arrivare fino al 20%”. A causa della sentenza della Corte Ue 2018, che ha fatto ricadere le New Genomic Techniques (NGTs) nel campo di applicazione della cosiddetta Direttiva OGM, gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle aziende sementiere sono rallentati a causa dell’incertezza normativa che si è venuta a determinare. “Chiaramente – spiega Carli – una regolamentazione europea che preveda forti restrizioni o condizionamenti all’impiego delle NGTs in attività di miglioramento genetico vegetale comporterebbe il rischio di disinvestimenti in ricerca con riduzione della disponibilità di innovazione vegetale e di delocalizzazione delle risorse e degli investimenti in altri Paesi, dove queste restrizioni non sono presenti”. Con un conseguente aggravio del gap competitivo con questi paesi.

“Tuttavia, l’impatto economico peggiore – spiega Carli – sarebbe probabilmente avvertito dal nostro settore primario. Infatti, i prodotti agricoli europei si troverebbero a competere sul mercato globalizzato con quelli provenienti da Paesi dove le NGTs sono utilizzate” . In questi mercati potrebbero arrivare varietà migliorate e più performanti in tempi più brevi rispetto a quelli richiesti dai metodi tradizionali. Questo si tradurrebbe in una perdita di terreno e di competitività che potrebbe anche non essere recuperabile. “Non va infatti dimenticato ricorda Carli – che i prodotti ottenuti ricorrendo alle NGTs non sono distinguibili da quelli ottenibili con vie tradizionali”.

Qual è ad oggi stato dell’arte della ricerca italiana applicata alle Ngt? Innanzitutto, bisogna dire che, qualora venisse adottato un nuovo quadro normativo a livello europeo l’Italia non partirebbe comunque da zero, “perché sono stati condotti alcuni lavori di ricerca nei quali si è fatto ricorso a tecniche NGTs per migliorare le caratteristiche delle colture, ma i ricercatori si sono dovuti fermare in attesa di un’evoluzione del quadro normativo che possa permettere di procedere con i test in campo”. Quali le ricerche già effettuate? “Quelle sulla vite, per migliorarne la resistenza agli attacchi fungini e, con il progetto VITECH del CREA, per sviluppare portainnesti tolleranti agli stress idrici e produrre uva da tavola senza semi. Quelle sul melo, per aumentarne la resistenza ai patogeni (progetti Fondazione Edmund Mach), sul pomodoro, per accrescerne la resistenza alla siccità e alle malattie, come ad esempio orobanche (progetto CISGET del CREA). E ancora sull frumento, per incrementarne la resa (progetto WHEADIT del CREA) e ridurne gli allergeni, sul il riso, per aumentarne la resistenza al brusone e infine sulla melanzana, per la riduzione dell’imbrunimento”.

Sebbene la risoluzione approvata dalla Commissione Agricoltura e Produzione Agroalimentare abbia richiesto al Governo di favorire le sperimentazioni in pieno campo delle varietà ottenute con genome editing, “a oggi – ricorda Carli – non vi è stata nessuna azione normativa in merito e anche la sperimentazione in campo da parte di enti di ricerca risulta di fatto non possibile”.

Qual è lo scopo ultimo delle NGTs? “E’ la costituzione di nuove varietà, migliorate rispetto a quelle già esistenti. Le NGTs, ricordiamolo spiega il presidente di Assosementi – sono soltanto tecniche che possono aiutare a velocizzare il processo di inserimento di resistenze e caratteristiche utili in varietà nuove o autoctone. Tutte le varietà non possono essere considerate eterne perché vi è sempre un continuo adattamento con l’ecosistema. Anche le eccellenze italiane o le varietà autoctone potrebbero andare incontro a problematiche di tipo fitosanitario sempre più frequenti, a causa della globalizzazione dei mercati e dei cambiamenti climatici. Le NGTs consentirebbero, in caso di necessità, interventi mirati e precisi per migliorarne la resistenza”.

Ma quali sono i tempi entro cui la Ue potrà dotarsi di un nuovo regolamento? “I tempi non sono brevi – constata Carli – Lo studio pubblicato il 29 aprile è soltanto il primo passo di un processo più lungo che vedrà il coinvolgimento di diversi attori, come le autorità europee, i portatori di interesse, i competenti ministeri dei paesi membri. È auspicabile che si arrivi ad un’applicazione il più uniforme possibile tra i vari Paesi dell’UE. Questa condizione potrebbe essere soddisfatta con un regolamento e non una direttiva, come tra l’altro indicato anche dalla Commissione”.

E a cosa il legislatore dovrà prestare particolare attenzione? “Gli aspetti da tenere in considerazione sono molteplici. Particolare attenzione dovrà essere posta alla predisposizione di meccanismi di tracciabilità e di controllo, basati sulle caratteristiche del prodotto e non sui procedimenti utilizzati per ottenerlo. In questo modo potranno essere evitate limitazioni inutili a quelle caratteristiche innovative che potrebbero verificarsi anche spontaneamente in natura”.