Andrea Crisanti: la battaglia sul coprifuoco è ridicola

"Sono tutte le aperture il problema vero"

APR 22, 2021 -

Roma, 22 apr. (askanews) – Varato il decreto con la road map sulle riaperture resta lo scontento di molte categorie produttive, e infiamma la battaglia sul coprifuoco. Sembra questo, in tempo di pandemia, il problema del giorno. Askanews ne ha parlato con Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di medicina molecolare, epidemiologia e virologia dell’Università di Padova. E dal coprifuoco prende spunto una riflessione ben più ampia, che ci riporta (forse) alla realtà, a quello che non si vuole ancora vedere.

“Un’ora, dalle 22 o dalle 23 non fa nessuna differenza. Hanno aperto i ristoranti a cena, che senso ha? Epidemiologicamente un’ora in più o meno non cambia, a quel punto era meglio farli contenti”, commenta Andrea Crisanti. Perché “il problema è generale, sono tutte le aperture il problema vero. Stare a discutere di un’ora è pazzesco, ridicolo”. Che poi, visto che le riaperture sono scaglionate e che sono legate alle fasce di rischio, ai colori, attribuiti alle regioni in base ai dati dei contagi e agli indici di rischio “bisogna vedere se poi le riaperture riusciranno a farle, perché ci debbono essere gli elementi, i dati. Se i contagi non lo permettono una regione non va in zona gialla. Non è detto che ci sarà la possibilità di riaperture”.

E non banalizziamo con l’etichetta di pessimista: “Io non sono pessimista, semplicemente la situazione epidemiologica secondo me non consente di fare le riaperture. Si sono presi la responsabilità di farle? Va bene”.

La campagna vaccinale può cambiare le carte sul tavolo? “La vaccinazione non fa in tempo ad avere un impatto sui contagi, sull’indice Rt”, quindi, che ci piaccia o meno, “finchè la vaccinazione non avrà questo impatto non ci restano che le misure di contenimento”. Purtroppo non ci sono curve sovrapponibili: “Il virus si propaga a ritmo esponenziale, la vaccinazione segue tutto un altro ritmo. E la vaccinazione potrà avere un’incidenza sul diffondersi del virus, sui contagi, quando saremo al 70% di vaccinati, almeno con le prime dosi. Forse allora si inizierà a vedere l’impatto”.

Come accaduto in Inghilterra, e per Crisanti – professore all’Imperial College di Londra dal 2000 – “l’Inghilterra è sicuramente un esempio positivo da seguire. Ma dall’Inghilterra ci separano almeno 30 milioni di dosi di vaccino anti-covid somministrate, di fatto 5-6 mesi probabilmente”. Perché “a 500mila dosi al giorno non ci siamo arrivati, ci arriveremo? E se ci arriviamo, bisognerà vedere per quanto tempo riusciremo a mantenere quel ritmo. Sia per problemi legati alla logistica sia ai rifornimenti di vaccini”.

Una situazione che non permetterebbe slanci in avanti eppure, per molti le riaperture programmate sono troppo poche, protestano ad esempio gli organizzatori di eventi, gli amministratori di parchi divertimenti. “Ormai abbiamo aperto un vaso di Pandora quindi è chiaro che tutti dicono: ‘ma perché i ristoranti sì e noi no?’. A questo punto non si tiene più niente”, annota Crisanti, pur ribadendo quello che ormai dovremmo sapere, che gli assembramenti sono l’occasione più rischiosa per la diffusione del virus.

C’è evidentemente la difficoltà di giustificare socialmente le misure di contenimento, le misure restrittive, ma non dovrebbe esserci, ché “socialmente si dovrebbe giustificare con facilità, perché far morire delle persone d’asfissia è inaccettabile. Di questo muoiono le persone per il Covid-19”. Non respirare, questo significa ammalarsi e morire di Covid, eppure c’è la battaglia sul coprifuoco, la preoccupazione per la stagione estiva: “Si è perso il contatto con la realtà. Anzi, non abbiamo mai avuto davvero il contatto con la realtà, cosa significa la pandemia. Lo assicuro: se una persona vedesse come si muore di asfissia non penserebbe ad altre cose, non penserebbe che la vita è andare in palestra o al ristorante. Ci sono cose più importanti. Tutto questo è il risultato di una mancanza di valori che è purtroppo diffusa”.

E la richiesta delle persone che dicono “io devo lavorare perchè devo mangiare e dar da mangiare ai figli”? “E’ una richiesta a cui si deve rispondere. A queste persone vanno dati i ristori giusti. Se hanno fatto la dichiarazione dei redditi giusta, devono avere i ristori giusti. Niente altro da dire”.

Ormai il decreto sulle riaperture è varato e se ne chiedono sempre di più: “Più che preoccupato sono disilluso. Difficile descriverlo, sono oltre la preoccupazione, allo sconforto”, confessa Crisanti. Ma che cosa si può fare, da subito, per migliorare la situazione? “L’unica cosa da fare in questa situazione è stringere la cinghia altri due mesi e vaccinare più persone possibili. Allo stesso tempo creare intorno all’Italia una rete di salvaguardia, come ha fatto l’Inghilterra, implementando una sorveglianza feroce fatta di quarantene e tamponi per chiunque entra o esce. Così bisogna fare, non ci sono altri modi”. Non c’è scelta per Crisanti: “Due mesi di misure di contenimento e vaccinazioni a tappeto, nient’altro da fare. E siamo ormai già in ritardo”. C’è anche un altro rischio all’orizzonte: “Immagino che il passo successivo sarà quello di ridefinire i criteri per i colori, per le zone di rischio, si dirà che sono troppo stretti”.

“Non c’è una ricetta facile per uscirne – avverte Crisanti – è come un’infezione che ad un certo punto è diventata una cancrena. E’ stata trattata male all’inizio, ma non si risolve il problema ripetendo le stesse cose sbagliate”. E le scorciatoie fanno pagare un prezzo troppo alto, anche se non lo si vuole vedere.

(di Giovanna Turpini) Gtu