Donne all’altare, le novità (e le spine) della riforma del Papa

Francesco istituzionalizza l'accesso a lettorato e accolitato

GEN 11, 2021 -

Città del Vaticano, 11 gen. (askanews) – Con l’eliminazione di una singola parola, ‘viri’, uomini, Papa Francesco modifica significativamente il diritto canonico e istituzionalizza la presenza delle donne all’altare durante la celebrazione eucaristica, per proclamare le Sacre scritture o dare la comunione.

Jorge Mario Bergoglio ha firmato il 10 gennaio, festa del battesimo del Signore, la lettera apostolica ‘Spiritus Domini’ in forma di motu proprio, pubblicata oggi, con la quale, in virtù del battesimo che accomuna tutti i fedeli, uomini e donne, laici e ordinati, conferisce alle donne, in forma stabile con riconoscimento pubblico e con apposito mandato del vescovo, l’accesso ai ministeri del lettorato e dell’accolitato.

Secondo la professoressa Phillys Zagano, studiosa statunitense, quello del Papa rappresenta ‘il primo riconoscimento ufficiale’ del fatto che le donne possono servire all’altare: ‘Qui – ha dichiarato al National Catholic Reporter – abbiamo il Santo Padre che stabilisce per legge che una donna può essere all’interno del santuario, che una donna può stare vicino al sacro’. Rispetto ad una plurisecolare tradizione di purità cultuale, una decisione rilevante.

‘Le donne che leggono la Parola di Dio durante le celebrazioni liturgiche o che svolgono un servizio all’altare, come ministranti o come dispensatrici dell’eucaristia, non sono certo una novità: in tante comunità di tutto il mondo sono ormai una prassi autorizzata dai vescovi’, sottolinea Vatican News. Ma era l’eccezione, più o meno diffusa a seconda dell’area geografica e dell’orientamento ecclesiologico, alla norma. ‘Ora Papa Francesco, anche sulla scia del discernimento emerso dagli ultimi Sinodi dei Vescovi, ha voluto ufficializzare e rendere istituzionale questa presenza femminile sull’altare’.

Il codice del 1983 ‘permetteva ad ogni laico di svolgere temporaneamente il ministero di lettorato o accolitato’, commenta Zagano, ‘ma ci sono voluti molti anni affincé le donne venissero incluse nella categoria di ‘ogni laico’. Questo significa uguale umanità’.

Più specificamente, il Pontefice argentino ha modificato il primo paragrafo del canone 230 del Codice di Diritto canonico (1983), che recepiva il motu proprio Ministeria quaedam di Paolo VI (17 agosto 1972), e che ora recita: ‘I laici che abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti’. Viene dunque abolita la specificazione ‘di sesso maschile’, ‘viri’ appunto, riferita ai laici e presente sinora nel codice.

A riprova della delicatezza dottrinale della materia su cui è andato ad incidere, il Papa ha voluto accompagnare il provvedimento con una lettera al prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Luis F. Ladaria, il dicastero responsabile di vigilare sull’ortodossia cattolica, per spiegare, argomentare, precisare. Con il motu proprio Ministeria quaedam del 1972 Papa Montini modificò la ‘venerabile tradizione della Chiesa’ sugli ‘ordini minori’ introducendo i ‘ministeri istituiti’ (altro sono gli ordini sacri) e riservandoli agli uomini: ‘Non senza motivo’, nota però Francesco, ‘San Paolo VI si riferisce a una tradizione venerabilis, non a una tradizione veneranda, in senso stretto (ossia che ‘deve’ essere osservata): può essere riconosciuta come valida, e per molto tempo lo è stata; non ha però un carattere vincolante, giacché la riserva ai soli uomini non appartiene alla natura propria dei ministeri del Lettore e dell’Accolito. Offrire ai laici di entrambi i sessi la possibilità di accedere al ministero dell’Accolitato e del Lettorato, in virtù della loro partecipazione al sacerdozio battesimale, incrementerà il riconoscimento, anche attraverso un atto liturgico (istituzione), del contributo prezioso che da tempo moltissimi laici, anche donne, offrono alla vita e alla missione della Chiesa’.

Una innovazione, dunque, che allarga le maglie della normativa canonica senza strapparle, recepisce una certa prassi ecclesiale – assente, per dire, tra i cattolici tradizionalisti – e la istituzionalizza, muovendo un passo, limitato ma simbolicamente rilevante, nell’inclusione delle donne.

E’ il metodo Bergoglio: quello di un riformismo attento a non rivoluzionare la dottrina ma determinato a farla evolvere. A rischio – è già avvenuto svariate volte nel corso del pontificato – di scontentare tanto i conservatori e i reazionari, che temono modifiche che stravolgano la forma della Chiesa passata o attuale, quanto i progressisti, che sottolineano piuttosto come nella prassi già capitasse di vedere donne all’altare.

Effettivamente il Pontefice argentino non ha inventato nulla. Anzi, nella lettera che accompagna il motu proprio ha tenuto a ricordare, citando un noto pronunciamento di Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis, che ‘rispetto ai ministeri ordinati la Chiesa ‘non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale’ (1994). Niente donne preti, insomma, e – almeno per ora – niente diaconesse. ‘Sarebbe fuorviante’, afferma Angelo Lameri della Pontificia Università Lateranense in una nota diramata dalla sala stampa vaticana a commento dell’odierno motu proprio, ‘ridurre la nuova disciplina introdotta a mera ‘promozione’ della donna, della quale la Chiesa deve sempre più riconoscere il ruolo anche nei luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, o come una prima apertura alla sua ammissione al presbiterato, per la quale vi è già stato un pronunciamento magisteriale di carattere definitivo, o al diaconato, ancora oggetto di studio di un’apposita Commissione’.

E’ proprio sul nodo delle donne diacono che il dibattito, dirimente, è solo rinviato. Pungolato dalle suore superiori (Uisg), infatti, nel 2016 il Papa aveva creato una prima commissione di studio per valutare se nella storia remota della Chiesa vi fossero precedenti che rendessero possibile, oggi, reintrodurre il ruolo delle diaconesse. I pareri dei commissari furono molto discordanti e Francesco non decise. A ottobre dell’anno scorso, però, un sinodo sull’Amazzonia si è concluso chiedendo al Papa di riconsiderare questa possibilità, e il Papa ha creato una nuova commissione, guidata dall’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Petrocchi, che sta svolgendo ulteriori approfondimenti, questa volta di ordine teologico più che storico.

Per i cattolici conservatori, aprire alle donne diacono sarebbe tradire la tradizione sempiterna della Chiesa. Per i progressisti come Serena Noceti, è non solo opportuno riconoscere il diaconato alle donne, tanto più dopo il Concilio vaticano II, ma necessario riconoscerne la natura non già di ministero istituito bensì di vero e proprio ministero ordinato, autonomo e distinto dagli altri ministeri ordinati del presbiterato e dell’episcopato: ‘Nei primi secoli – ha avuto a dire alla rivista Jesus la teologa Serena Noceti – ci sono state diacone, profetesse e altri ministeri esercitati da donne. Data la possibilità teologica; viste le testimonianze del Nuovo Testamento e quelle storiche, che dicono che fino al VII-IX secono ci sono state diacone; considerata la necessità pastorale, direi che è giunto il tempo di fare coraggiosamente questo passo’.

Il motu proprio odierno non scioglie il nodo, anzi. ‘Per secoli’, scrive il Papa citando Paolo VI, ‘la ‘venerabile tradizione della Chiesa’ ha considerato quelli che venivano chiamati ‘ordini minori’ – fra i quali appunto il Lettorato e l’Accolitato – come tappe di un percorso che doveva portare agli ‘ordini maggiori’ (Suddiaconato, Diaconato, Presbiterato). Essendo il sacramento dell’Ordine riservato ai soli uomini, ciò era fatto valere anche per gli ordini minori. Una più chiara distinzione fra le attribuzioni di quelli che oggi sono chiamati ‘ministeri nonordinati (o laicali)’ e ‘ministeri ordinati’ consente di sciogliere la riserva dei primi ai soli uomini’. A conclusione del motu proprio, peraltro, riecheggiando ma non alla lettera Paolo VI, Francesco sottolinea che ‘sarà compito delle Conferenze Episcopali stabilire adeguati criteri per il discernimento e la preparazione dei candidati e delle candidate ai ministeri del Lettorato o dell’Accolitato, o di altri ministeri che riterranno istituire, secondo quanto già disposto nel Motu Proprio Ministeria quaedam, previa approvazione della Santa Sede e secondo le necessità dell’evangelizzazione nel loro territorio’. Sottolinea Phillys Zagano, che ha fatto parte della della prima commissione sulle donne diacono, che accolitato e lettorato sono entrambe precondizioni per l’ordinazione diaconale. E, dunque: porta chiusa o porta aperta alle donne diacono? Il dibattito è aperto.

(di Iacopo Scaramuzzi).