L’ultima stretta del Papa, un comitato per gli investimenti etici

La riforma accelera dopo lo scandalo dell'immobile di Londra

NOV 18, 2020 -

Città del Vaticano, 18 nov. (askanews) – Dopo il codice degli appalti e la centralizzazione della cassa, in Vaticano arriva un comitato che vigilerà sulla natura etica degli investimenti.

Si vanno così stringendo sempre più le maglie di un sistema di prevenzione e controllo teso a superare per sempre le malversazioni che hanno caratterizzato il passato remoto dello Stato pontificiio, ma che il dubbio acquisto di un immobile al centro di Londra nel 2013 ha dimostrato essere ancora possibili.

Forte del mandato dei cardinali elettori, esasperati dagli scandali che hanno segnato l’ultimo tratto del pontificato di Benedetto XVI, fin dall’inizio del Pontificato Jorge Mario Bergoglio ha messo mano ad una riforma degli organismi finanziari ed amministrativi del Vaticano. Ma la prima spinta si è presto esaurita per tre ordini di motivi. Primo, le resistenze, curiali e non solo, sono state subito robuste. Se erano ormai lontani i tempi di Marcinkus e del Banco Ambrosiano, se già Benedetto XVI aveva voltato pagina allo Ior archiviando l’epoca in cui la ‘banca vaticana’ era una lavatrice di denaro spoco a portata di mano di ambienti malavitosi, imprenditoriali, politici italiani, Jorge Mario Bergoglio ha trovato comunque un ambiente vischioso e opaco, dove ogni tentativo di cambiare le cose suscitava ora un boicottaggio passivo ora un’aperta ribellione. Sintomatica, al riguardo, la fuga di documenti riservati (vatilekas) che ha sabotato un primo tentativo di centralizzare gli investimenti dei diversi uffici vaticani. Secondo problema, il Papa ha messo la riforma delle finanze nelle mani del cardinale australiano George Pell, suo grande elettore al Conclave pur essendo un sicuro conservatore nonché esponente di punta del fronte ‘americano’. La sua ostilità nei confronti degli ‘italiani’ era esplicita, i metodi spicci da ‘ranger’ gli hanno inimicato buona parte dei monsignori e dei cardinali già circospetti, in un intreccio inestrcabile tra contrapposizione di ruoli e antipatie personali, la sua ideologia turbocapitalista, e la connessa idea di creare una Sicav (Società d’investimento a capitale variabile) con sede a Lussemburgo e i tratti di una investment bank, gli hanno rapidamente alienato anche la fiducia di Papa Francesco. Terza questione, proprio Pell è stato incriminato da un tribunale australiano di avere assaltato sessualmente due chierichetti nei decenni passati, e il Papa gli ha consigliato di andare a difendersi nel suo paese, lasciando vacante la scrivania del prefetto della Segreteria per l’Economia. Pell è stato processato, condannato, ha trascorso 400 giorni in carcere, poi la Corte suprema australiana l’ha scagionato, ora, pensionato, è tornato in Vaticano. Nel frattempo è esploso lo scandalo di Londra.

A Sloane avenue, al centro della capitale inglese, la Segreteria di Stato vaticana ha acquistato un palazzo, a titolo di investimento, che si è rivelato essere un fallimento e che, tramite una rete di consulenti e finanzieri, è costata al Vaticano parecchie decine di milioni, nonché una plateale perdita di reputazione. Sulla vicenda indaga la magistratura vaticana, le notizie che emergono mostrano alcuni officiali vaticani nel doppio ruolo di truffati e truffatori. Il cardinale Angelo Becciu, Sostituto agli Affari generali all’epoca in cui l’investimento venne deciso, è stato licenziato a fine settembe dal Papa: proprio oggi il porporato, che ha perso anche i diritti legati al cardinalato, ha reso noto di avere chiesto all’Espresso, che ha riferito dell’indagine vaticana, un risarcimento – ‘da devolvere interamente per opere caritatevoli’ – per il ‘danno planetario’ che le accuse ‘infondate’ del settimanale gli avrebbero procurato.

La vicenda del palazzo di Londra ha una duplice valenza: per un verso, ha mostrato come il Vaticano ha, negli anni, sviluppato gli anticorpi: anziché partire da una denuncia esterna, da un’inchiesta della magistratura italiana, da una richiesta di rogatoria, infatti, in questo caso le denunce sono venute dall’interno. E’ stato lo Ior a denunciare all’ufficio del Revisore e alla magistratura vaticana giri sospetti di denaro. Per usare l’immagine del Papa: ‘E’ la prima volta che in Vaticano la pentola viene scoperchiata da dentro, non da fuori’. D’altro canto, il funambolico acquisto dell’edificio di Sloane avenue ha mostrato che il lavoro di riforma avviato dal Papa a inizio pontificato era lungi dall’essere concluso.

E, più specificamente, ha mostrato alcune falle del sistema. L’esistenza di fondi gestiti dalla Segreteria di Stato in modo totalmente autonomo da ogni controllo di un’autorità autonoma(Segreteria per l’Economia, Authority finanziaria, ufficio del Revisore). La possibilità di sfuggire alle maglie dei controlli per materie riservate alla ‘ragione di Stato’. L’esistenza di una disparità di centrali di investimento non coordinate e non supervisionate. Ma anche il sospetto che certi legami – clientelari, se non famigliari – dettassero ancora legge nelle dinamiche economiche dello Stato pontificio. E – questione ancor più grave – il rischio che il Papa, nella sua solitudine istituzionale, fosse esposto alla malafede di qualche collaboratore che, abusando della sua fiducia, gli facesse apporre una firma su affari poco chiari. E’ chiaro – ne sapeva qualcosa il Celestino V di Ignazio Silone – che un Pontefice, oltretutto esterno alla Corte pontificia come era l’arcivescovo di Buenos Aires, non può studiare approfonditamente ogni dossier che finisce sulla sua scrivania e deve fidarsi dei suoi sottoposti: eletto a marzo del 2013, a luglio gli vengono fatte firmare le carte sull’acquisto dell’immobile di Londra.

Un coacervo di problemi che l’immobile di Londra ha fatto esplodere, producendo quale effetto paradossale un’accelerazione e una radicalizzazione della riforma del Pontefice argentino. Che, in modo forse meno spettacolare dei primi mesi, ha approvato nell’ultimo anno una serie di decisioni molto incisive.

Innanzitutto, a partire dalla fine dell’anno scorso, il Papa si è circondato di persone fedeli e competenti, completando l’organigramma del settore amministrativo, giudiziario e finanziario. Francesco ha nominato Giuseppe Pignatone, ex procuratore capo di Roma, presidente del Tribunale vaticano (3 ottobre), il gesuita spagnolo Juan Antonio Guerrero prefetto della Segreteria per l’Economia (14 novembre), Carmelo Barbagallo, ex Banca d’Italia, all’Authority finanziaria (27 novembre), nonché, l’8 dicembre, il cardinale filippino Luis Antonio Tagle alla guida della potente Congregazione per la Evangelizzazione dei popoli. Personalità che si sono andate ad affiancare ad alcuni preziosi collaboratori che il Papa aveva già piazzato in posizioni chiave, a partire da Gianfranco Mammì allo Ior, il cardinale Giuseppe Bertello al Governatorato (il municipio vaticano), il cardinale Reinhard Marx, presidente del Consiglio per l’Economia, e monsignor Nunzio Galantino alla guida dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), la centrale degli investimenti mobiliari e immobiliari della Santa Sede, una sorta di ‘banca centrale’ vaticana. La squadra è affiatata, sono state stemperate le frizioni e i personalismi dell’epoca di Pell, e i diversi responsabili economici hanno l’abitudine di incontrarsi periodicamente per risolvere di comune accordo i problemi che si presentano.

In primavera il Papa ha firmato un nuovo codice degli appalti che rappresenta una autentica rivoluzione culturale in Vaticano. Un testo di legge che combatte ‘le frodi, il clientelismo e la corruzione e per prevenire, individuare e risolvere in modo efficace i conflitti di interesse insorti nello svolgimento delle procedure in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la trasparenza e la parità di trattamento’.

Il Papa ha poi accolto a fine estate Moneyval, il comitato del Consiglio d’Europa responsabile per il contrasto al riciclaggio di denaro sporco e al finanziamento del terrorismo internazionale, ringraziandoli, in una udienza che ha voluto accordare ai tecnici europei, per il loro servizio ‘a tutela di una finanza pulita, nell’ambito della quale ai ‘mercanti’ è impedito di speculare in quel sacro tempio che è l’umanità, secondo il disegno d’amore del Creatore’.

Il prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Guerrero, e Alessandro Cassinis Righini, Revisore generale ad interim, hanno firmato un protocollo di intesa in materia di lotta alla corruzione per collaborare ‘in maniera ancora più stretta nella identificazione dei rischi di corruzione e per una efficace attuazione delle norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano recentemente approvate’.

Il Centro Elaborazione Dati (Ced) è stato trasferito dall’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa) alla Segreteria per l’Economia.

Francesco ha nominato ad ottobre una nuova Commissione Materie Riservate (ne fanno parte il card. Kevin Farrell, mons. Filippo Iannone, e poi il segretario del Governatorato mons. Fernando Vérgez Alzaga, mons. Galantino e padre Guerrero), tesa a stabilire caso per caso su quali atti di natura economica è necessario mantenere la riservatezza. Tradotto in termini pratici: non sarà più possibile ad un singolo officiale, per quanto altolocato, andare dal Papa a farsi firmare lo stanziamento di un fondo straordinario, ma tutto dovrà essere autorizzato da questo comitato.

A fine agosto, poi, ma la notizia è stata pubblicata più recentemente, il Papa ha stabilito che la Segreteria di Stato perde la sua autonomia finanziaria e tutti i fondi che essa amministrava – obolo di San Pietro, un autonomo fondo intitolati che fu creato da Paolo VI per esigenze straordinarie ed un ulteriore fondo riservato del Papa – passino sotto l’Apsa. ‘È di somma importanza che si definisca in maniera chiara quale sia la missione di ciascun Ente (…) al fine di evitare sovrapposizioni, frammentazioni o duplicazioni inutili e dannose per lo svolgimento adeguato del lavoro della Curia Romana’, ha scritto il Papa. ‘Non sembra necessario né opportuno che la Segreteria di Stato debba eseguire tutte le funzioni già attribuite ad altri dicasteri’.

Ancora, è in discussione, tra gli uomini del Papa, la proposta di un ufficio centrale del personale, al fine di ‘assicurare flessibilità – sono sempre le parole del memo interno – nel sistema retributivo in modo tale da poter premiare le competenze e i più meritevoli e essere in grado di poter affrontare periodi di criticità come quelli correnti con strumenti adeguati. Allo stesso tempo si tratta di fornire maggiori opportunità ai dipendenti, assicurando percorsi formativi standardizzati e una mobilità di routine che permetta a ciascuno di conoscere e apprendere, nell’ambito delle proprie competenze, mansioni diverse e assumere differenti responsabilità nel tempo’.

Intanto, però, un altro fondamentale tassello sta per arrivare a compimento. A preannunciarlo è stato monsignor Galantino, che in una intervista ad Annachiara Valle per Famiglia Cristiana ha spiegato che ‘è in dirittura d’arrivo l’approvazione dello Statuto di un ‘Comitato per gli investimenti’, composto da professionisti esterni di alto profilo’. I quali, ha chiarito il vescovo, ‘sono chiamati, assieme al Consiglio per l’economia e alla Segreteria per l’economia, a garantire la natura etica degli investimenti ispirati alla dottrina sociale della Chiesa e, nello stesso tempo, la loro redditività’. Le maglie sono ormai sempre più strette e la squadra di Papa Francesco procede a spron battuto per voltare per sempre la pagina di scandali che danneggiavano le finanze vaticane e, ancor di più, la cedibilità del messaggio evangelico.