Ricerca, attività umane e clima minacciano le orchidee alpine

Da anni '90 a oggi alcune specie estinte, di altre pochi esemplari

NOV 17, 2020 -

Roma, 17 nov. (askanews) – Cambiamento climatico e trasformazione del paesaggio (come la conversione di prati in vigneto o l’abbandono di aree scoscese e remote) costituiscono una minaccia per la sopravvivenza di specie rare e a rischio come le orchidee alpine. È quanto emerge da uno studio pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista internazionale “Nature Communications” guidato da ricercatori dell’Università di Padova sugli effetti delle attività antropiche sulle popolazioni di orchidee alpine, in particolare la diminuzione e lo spostamento verso quote più alte delle popolazioni di orchidee delle Alpi Nord Orientali dagli anni ’90 ad oggi.

Le orchidee sono uno dei gruppi di piante più numerosi eppure più minacciati al mondo e circa un’ottantina di specie diverse di orchidee popolano le nostre Alpi. Alcune di queste piante sono estremamente rare e strettamente associate ad ambienti incontaminati, oltre ad aver evoluto nel corso dei millenni complesse simbiosi con funghi mutualistici e insetti impollinatori che hanno da sempre affascinato ricercatori e appassionati di flora. Lo studio – spiega Unipd – è nato da una collaborazione tra il Professore Lorenzo Marini e la dottoranda Costanza Geppert del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova con i botanici Giorgio Perazza, Alessio Bertolli e Filippo Prosser del Museo Civico di Rovereto.

“Il nostro studio dimostra che oggi sulle Alpi si trovano molte meno orchidee rispetto a trent’anni fa – spiega il prof Lorenzo Marini -. Alcune popolazioni si sono estinte, altre, prima numerose, sono oramai ridotte a pochi individui. Questa diminuzione non è affatto casuale. Il paesaggio alpino ha subito importanti trasformazioni negli ultimi anni: a valle sono aumentate le aree urbane e l’agricoltura si è intensificata, mentre a quote più alte vengono abbandonati quei prati semi-naturali che non sono sfruttabili da una agricoltura sempre più intensiva. Dallo studio è emerso chiaramente come questi cambiamenti stiano privando le orchidee dei loro habitat e le stiano portando a ridurre in modo consistente le loro popolazioni. Un’eccezione rassicurante è quella delle orchidee tipiche di ambienti umidi che negli ultimi trent’anni non sembrano essere diminuite, probabilmente perché quasi tutte le zone umide si trovano all’interno di aree protette”.

Ma non è solo trasformando il paesaggio che l’uomo minaccia le popolazioni di orchidee. Il cambiamento climatico ha fatto sì che al margine più caldo della loro distribuzione le orchidee siano sottoposte a temperature troppo alte per la loro sopravvivenza. Alcune specie sono costrette a migrare a quote più alte, dove la temperatura è più fredda. Solo le orchidee più flessibili sono in grado di scalare le montagne alla ricerca di condizioni termiche più favorevoli, ma la stragrande maggioranza non riesce a stare al passo con l’innalzamento della temperatura. Infatti, proprio perché le orchidee sono specializzate in habitat ormai sempre più rari, non tutte le specie trovano gli ambienti adatti lungo il gradiente di altitudine e, di conseguenza, restano bloccate lì dove la temperatura si alza.

“Per proteggere le orchidee alpine non ci si può concentrare solo sul cambiamento climatico o solo sulla trasformazione del paesaggio – dice Costanza Geppert -. È essenziale offrire alle specie di orchidee la possibilità di reagire all’innalzamento di temperatura salvaguardando da fondo valle fino alle quote più elevate i loro habitat, arrestandone la trasformazione in coltivi, piste da sci o zone urbane”.

Lo studio rientra in un progetto biennale (BICE – Global change, Biotic Interactions, and plant invasions in Cold Environments) finanziato dall’Università di Padova attraverso il bando STARS (“Supporting Talent in ReSearch @ University of Padova – STARS Grants”). STARS incoraggia a Padova la conduzione di ricerche di elevato standard internazionale, innovative e ambiziose, e incentiva la partecipazione dell’Ateneo ai bandi ERC, promuovendo un atteggiamento positivo e aperto verso le opportunità di finanziamento alla ricerca di base in ambito internazionale.