Mafia, 8 arresti. Boss volevano formare una lista civica comunale

Ricostruiti affari ed estorsioni del clan di Misilmeri (Palermo)

MAG 27, 2020 -

Palermo, 27 mag. (askanews) – Con un’operazione antimafia chiamata “Cassandra” i carabinieri di Palermo hanno arrestato 8 persone (6 in carcere e 2 ai domiciliari), ritenute a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.   L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra investigativa condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno.   Due erano le figure a capo del mandamento mafioso: Salvatore Sciarabba, storico uomo d’onore misilmerese, sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Palermo; e Filippo Bisconti, divenuto poi collaboratore di giustizia, dopo essere stato anch’egli arrestato nel corso dell’operazione “Cupola 2.0”.

A maggio del 2017 sono state documentati importanti summit, presieduti da Sciarabba all’interno dell’abitazione di un imbianchino, incensurato, anch’egli oggi indagato. In particolare, in una riunione summit, avvenuta il 27 maggio 2017, il clan valutava l’opportunità di infiltrarsi all’interno dell’amministrazione comunale misilmerese. Uno dei boss infatti proponeva al reggente del mandamento di supportare, con largo anticipo, una persona di loro fiducia da porre a capo di una lista civica, slegata dalle logiche di partito, costituita da persone appositamente selezionate, capace di indirizzare le scelte dell’amministrazione in favore della famiglia mafiosa. La proposta veniva accolta da Sciarabba che, però, invitava il proprio interlocutore a riparlarne più avanti, visto che mancavano ancora tre anni alle elezioni comunali del 2020. Un progetto che però non si realizzava grazie all’operazione “Cupola 2.0” del dicembre 2018 che colpì il mandamento.

L’indagine ha consentito anche di ricostruire una richiesta estorsiva di 12.000 euro ai danni di una ditta edile, impegnata nei lavori di costruzione di una palazzina a Misilmeri; nonché un cosiddetto “cavallo di ritorno” per un camion e un escavatore rubati a un imprenditore legato al mandamento mafioso di San Mauro Castelverde. In particolare, l’imprenditore, per riottenere i propri mezzi, aveva fatto ricorso all’intermediazione di diversi esponenti mafiosi che, a fronte di una richiesta iniziale di 8.000 euro, erano riusciti a diminuire la cifra, pretendendo e ottenendo per la restituzione 2.800 euro.