Fase 2, striscioni su 85 scuole milanesi per riprirle a settembre

Mobilitazione per chiedere ripresa della didattica in presenza

MAG 23, 2020 -

Milano, 23 mag. (askanews) – A Milano, data la situazione epidemiologica, si sono limitati a attaccare degli striscioni davanti a 85 scuole di ogni ordine e grado e davanti all’ufficio scolastico territoriale di via Polesine. Sono però centinaia i genitori, gli insegnanti e gli studenti della città che hanno dato il proprio contributo alla mobilitazione nazionale “Priorità alla scuola”, che si è svolta in una decina di città, per chiedere garanzie sulla riapertura a settembre degli istituti con didattica in presenza e continuità. I manifestanti, organizzati in piccoli gruppi indipendenti, hanno appeso striscioni con la stessa scritta: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”, citazione di Antonio Gramsci.

“Non siamo dei matti, anche noi vogliamo una riapertura in sicurezza – sottolinea ad askanews Chiara Ponzini, una delle voci della protesta milanese insieme a Maddalena Fragnito -, ma questo presuppone dei passi e dei pensieri che per ora non ci sono stati. È questo che spaventa”. A settembre, a sei mesi dalla chiusura delle scuole, per i manifestanti di emergenza non si potrà più parlare. “La paura di non aprire in sicurezza a settembre è grossa e per adeguare le scuole bisogna prepararsi per tempo. L’ultima proposta del ministro Azzolina è stata quella di bambini che per metà settimana vanno a scuola e per metà stanno a casa, ma non sarebbe neanche una didattica a distanza ad hoc come adesso. Poi ha detto che si trattava di un’ipotesi per le superiori, ma da lì non ci sono state altre proposte” aggiunge Ponzini.

Per questo ora i manifestanti chiedono risposte urgenti al Governo partendo dal presupposto che “la didattica a distanza è la didattica dell’emergenza”, mentre per settembre servono scuole aperte e didattica in presenza senza fantasiosi “turni nella scuola dell’obbligo”. La soluzione passa dunque da alcune necessità ineludibili: più spazi a scuole e studenti magari anche attraverso strutture temporanee, più educazione all’aperto, più insegnanti attraverso anche l’assunzione di precari e più personale tecnico-amministrativo. “Servirebbe un commissario ad hoc”, osserva Ponzini, che invita a riflettere sulle “diseguaglianze enormi” prodotte dalla didattica a distanza e sul “messaggio educativo inaccettabile” dato, ad esempio, agli studenti 16enni che trovano in città tutti i locali per gli aperitivi aperti, ma non la loro scuola”.