Papa Francesco cita Fabrizio De Andrè

Introduzione al diario di quarantena di A. Metalli da baraccopoli

MAG 21, 2020 -

Città del Vaticano, 21 mag. (askanews) – “I versi di un cantautore italiano, Fabrizio de André, raccontano di quartieri malfamati dove ‘il sole del buon Dio non dà i suoi raggi’ perché troppo impegnato a ‘scaldar la gente di altri paraggi’. Ecco, questo libro ci fa invece vedere come – attraverso il dono della testimonianza – non ci sia zona, per quanto oscura, dove un raggio del buon Dio non arrivi a riscaldare qualche cuore e illuminare esistenze altrimenti invisibili”. Lo scrive Papa Francesco in introduzione ad all’ebook Quarantena di Alver Metalli, pubblicato dalle edizioni San Paolo: appunti, storie, pensieri sulla pandemia vissuta in una baraccapoli alla periferia di Buenos Aires.

Su Vita, magazine dedicato al racconto sociale, al volontariato, alla sostenibilità economica e ambientale e al mondo non profit, Lucio Brunelli racconta che l’autore, un giornalista e scrittore italo-argentino, discepolo spirituale di don Giussani, sei anni fa scelse di lasciare la sua bella casa in un quartiere residenziale della capitale per andare a vivere a La Carcova, una malfamata ‘villa miseria’ dove in spirito di servizio dà una mano a don José Maria di Paola, più noto come padre Pepe, uno di quei sacerdoti di Buenos Aires dediti alla cura dei più poveri ai quali, scrive il Papa, “voglio tanto bene”.

E “per esprimere il senso della esperienza cristiana narrata nel Diario il Papa cita una delle canzoni più ‘dissacranti’ di Fabrizio de André, La Città vecchia”. Una canzone, ricorda Brunelli, uscita nel 1965, che rubava il titolo a una poesia di Umberto Saba ambientata nei vicoli della zona portuale di Trieste. Le assonanze sono tante: “Qui prostituta e marinaio, il vecchio che bestemmia, la femmina che bega […] sono tutte creature della vita e del dolore», dice Saba che aggiunge: “s’agita in esse, come in me, il Signore”. De André invece punta il dito contro il Padreterno: “Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldare gente d’altri paraggi”. Un incipit che a sua volta trae ispirazione da una canzone del poeta francese Jacques Prevert, anche lui di famiglia borghese, come Fabrizio diventato anarchico e fieramente ateo: “Il sole del buon Dio non brilla dalle nostre parti, ha già troppo da fare nei quartieri dei ricchi” (Embrasse moi, 1946).

Brunelli ricorda anche un altra notizia: “Negli anni Sessanta la Radio vaticana trasmise tre canzoni ‘religiose’ di Fabrizio che erano state censurate dalla Rai. Lo raccontò lui stesso, in un’intervista a Bolero apparsa nel mitico maggio 1968, mentre a Parigi s’incendiava la ricolta studentesca. «È una storia» racconta De André «che sembra quasi inverosimile. Un giorno mi venne recapitata una lettera della Pro Civitate Christiana. Quando la lessi, quasi non credevo ai miei occhi. Paolo Scappucci, infatti, mi avvertiva che aveva avuto modo di ascoltare alcuni miei dischi e che gli erano piaciuti, tanto che li avrebbe messi in onda in una trasmissione domenicale della Radio Vaticana. Più tardi ricevetti un’altra lettera nella quale mi specificava quali canzoni erano state trasmesse e come erano state presentate. Le canzoni in questione erano: Si chiamava Gesù, Preghiera in gennaio e Spiritual. Tutti pezzi regolarmente censurati dalla radio-televisione. Non puoi immaginare quanto mi fece piacere”.