Quando arriverà il giorno “zero nuovi contagi”

L'opinione del professore Arbia

MAR 30, 2020 -

Roma, 30 mar. (askanews) – La statistica con i suoi modelli previsionali può aiutarci a capire quando arriverà il giorno “zero nuovi contagi”, quando le misure di isolamento potranno finire e anche come. Il professore Giuseppe Arbia, docente di statistica economica all’università cattolica del Sacro cuore e membro del consiglio direttivo della società italiana di statistica, osservando i modelli, ci dà alcune date di riferimento importanti.

“I numeri ci aiutano a dire, sulla base dei modelli, quando arriveremo al momento del numero zero contagiati, come questo si traduca nel rilasciare le misure di lockdown spetta alla politica ma il buon senso suggerisce comunque che quando arriveremo al numero di zero nuovi contagi ancora bisognerà aspettare. Saranno comunque necessarie misure di sorveglianza attiva ma ad un certo punto chi ha la responsabilità di prendere le decisioni dovrà porsi la questione di come equilibrare l’esigenza sanitaria con quella economica”, premette il professor Arbia. Detto questo “ci sono alcuni momenti cruciali nello sviluppo dell’epidemia che dobbiamo tenere presenti” per capire quando agire.

1)”Il picco del giornaliero, è il primo momento importante, ci siamo dentro adesso, i numeri sembrano stabilizzati sul plateau.

Tutti si aspettavano naturalmente il picco poi la discesa, ma non sarà così per varie ragioni. Innanzitutto per il criterio di raccolta dei dati, che si basa solo sul numero dei tamponi effettuati, ma non abbiamo una misura obiettiva di quanti sono i contagiati. Ci sono stati tre giorni di calo, poi una ripresa, poi un nuovo calo. Dopo la fase di plateau poi inizia la discesa del numero giornaliero dei contagi, che è il primo importante momento”.

2) “Il secondo momento importante è quando la discesa arriverà a zero e arriveremo al momento in cui ci saranno zero nuovi contagiati, e questo secondo i miei modelli, ma anche quello di altri colleghi statistici impegnati su questo fronte, ci dicono che sarà tra il 10 e il 18 aprile. Intorno a quella data arriveremo al punto zero nuovi contagi”. E “non vuol dire che non ci saranno contagiati in giro anzi ce ne saranno il massimo possibile, perché si saranno andati ad accumulare. Nel momento in cui non avremo più nessun nuovo contagio, avremmo tutti quelli che fino quel momento si sono contagiati e non sono ancora usciti dalla malattia, e potenziali fonti di ulteriori contagi”.

3) “Da quel momento in poi gli epidemiologi suggeriscono di contare due cicli di 14 giorni ciascuno, tenendo conto del periodo di incubazione del virus e quindi arriviamo intorno a metà-fine maggio. A quel punto dovremmo essere garantiti abbastanza, e dovremmo essere abbastanza sicuri di non avere più contagiati sul suolo nazionale”.

Il docente di statistica economica all’università cattolica del Sacro Cuor però fa un passo ulteriore, partendo da un problema che riporta alla ribalta il tema dei tamponi: “I dati che abbiamo a disposizione non sono un campione statistico, raccogliamo i dati così come vengono, come è giusto che sia in questo momento, in base a come vengono fatti i tamponi per il nuovo coornavirus.

Tutti gli statistici si stanno dicendo da un po’ che quando arriveremo, e ci stiamo arrivando, alla fase in cui decresce il numero dei nuovi casi e intravediamo la fine dell’emergenza, allora è il momento di mettere in piedi un’indagine statistica.

Dobbiamo sapere quante davvero sono le persone infette, dobbiamo stimare anche gli asintomatici. Perché tutti i calcoli che abbiamo sono basati su dati che sottostimano notevolmente il fenomeno. L’indagine a campione si fa normalmente in ogni settore, a maggior ragione va fatta in un caso come questo dove la conoscenza è importate per prendere decisioni”.

Per gli statistici è quindi fondamentale testare a campione per il nuovo coronavirus: “Finora abbiamo testato solo quelli che stavano molto male. Non va bene neanche davanti al supermercato, è una visone distorta: sto osservando quelli che stanno benino, altrimenti sarebbero stati a casa. Invece bisogna fare un ragionamento serio, un esperimento scientifico. Prendere un migliaio di individui in diverse regioni scelti con criterio statistico attraverso i quali si possa estendere l’analisi del risultato a tutta la popolazione”.

Per poter stimare asintomatici, paucisintomatici, per vedere l’incidenza della malattia per classi di età, per genere serve “un campione ben fatto” che ora non c’è. Ma perché servirebbero questi dati? “Ad esempio se andiamo a vedere l’incidenza della malattia per classi di età e confrontiamo il dato con la Corea del Sud, in Italia abbiamo una prevalenza dei più anziani, in Corea dei più giovani. La spiegazione sta solo nel fatto che noi finora abbiamo testato persone con sintomi e queste prevalentemente erano anziani. In Corea hanno distribuito i tamponi su tutte le fasce di età e osservato che c’è molta diffusione tra i giovani. Questo è un campanello d’allarme, noi probabilmente abbiamo tanti giovani infetti che non manifestano sintomi o ne manifestano pochi che però sono veicolo di contagio. E’ bene saperlo quanti sono per modulare le decisioni e le politiche di uscita dal lockdown. Così come serve stimare gli immunizzati e le caratteristiche del paziente tipo immunizzato, chi è per fascia di età, genere, uomini o donne. Anche il tasso di letalità con questi dati non si può calcolare. Fare i tamponi a tutti è impossibile, fare un’indagine mirata a campione per misurare il valore assoluto il fenomeno ha costi e tempi inferiori. E aiuterebbe le decisioni economiche e sanitarie da prendere”.

E non serve solo per questo momento: “Tutte le epidemie – avverte il professore Giuseppe Arbia – hanno un picco secondario. Tra qualche mese, ottobre-novembre ci sarà un ritorno, meno importante, perché ci sarà già una quota di immunizzati, ma ci sarà e bisognerà anche ripristinare alcune misure nel frattempo tolte. Sarà necessario sapere bene quali, e quando. Non improvvisare”.

Ultima avvertenza: “Non appena avremo dati più confortanti non si può mollare la presa perché altrimenti ci mettiamo nei guai”.

Serve cautela. E questo anche per il bene dell’economia: “Il calo dei consumi per il lockdown si tradurrà in un rischio economico per un certo numero di famiglie e persone, ma nel momento in cui si rilasceranno le misure, ci sarà una ripresa. E’ importante che il calo non vada troppo giù e quindi servono politiche di sostegno. Ma anche per l’economia il rilascio delle misure di contenimento deve essere graduale e adeguato, sarebbe molto peggio non saper aspettare il momento giusto, i sacrifici di oggi sarebbero vanificati e ci troveremmo in una situazione ben peggiore. Meglio aspettare due settimane in più. Per non rischiare negative ricadute”.

Gtu/Int2