Coronavirus, l’opinione del virologo Andrea Crisanti

Ha studiato il caso di Vò Euganeo

MAR 25, 2020 -

Roma, 25 mar. (askanews) – Il virus SARS-CoV-2 è nuovo, tante cose non le sappiamo, ma altre avremmo dovuto già impararle. Quali lo spiega Andrea Crisanti direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università-azienda ospedaliera di Padova. Un virologo di esperienza internazionale, che prima di tornare a Padova ha lavorato anni all’Imperial College di Londra, e che ha studiato il focolaio del Comune veneto di Vò Euganeo. Ecco le cose importati che quel caso ci ha insegnato. “Sono tre: 1) che la percentuale degli infetti era già elevatissima al momento del primo caso, era del 3% una percentuale che è stata totalmente sottovalutata, quando il signor Trevisan è deceduto il 3% della popolazione di Vò era già infetta. Un numero enorme, che abbiamo sottolineato ma che è stato completamente sottovalutato”, sottolinea Crisanti.

Un errore importante di sottovalutazione: se il 3% sembra poco, per capire come mai non lo è affatto “basta fare il calcolo su scala nazionale per capire che il 3% è un’enormità, è un milione e mezzo di persone”. A Vò, tremila anime circa, erano 89 persone già infette, quindi, quando si è avuta la prima vittima “il contagio aveva già raggiunto livelli elevatissimi”.

La cosa importante numero 2) “il 45% dei contagiati era asintomatico, una porzione molto importante”, e 3) “facendo il secondo campionamento abbiamo scoperto che 3 su 8 dei nuovi casi erano conviventi di persone infette asintomatiche. Quindi non solo ci sono gli asintomatici, ma trasmettono il virus”.

E “il focolaio di Vò si è spento per un motivo molto semplice perché abbiamo messo tutti quanti in quarantena, abbiamo testato tutti, sia asintomatici che non. Dopodiché abbiamo ri-testato tutti una seconda volta, e abbiamo individuato altre 8 persone, un calo del 90% della trasmissione. E quelle otto persone sono state messe in quarantena. Fine. Non ci sono stati più casi tranne uno, parente di un infetto”.

Crisanti fa notare anche che la quarantena nei nuclei conviventi ha un aspetto problematico: “Sei delle otto persone trovate positive nel secondo campionamento vivevano con persone infette, di cui tre asintomatici. Anche la persona infettata 15 giorni dopo era una persona che viveva con degli infetti. Quindi i conviventi di infetti hanno una probabilità elevatissima di essere contagiati”.

Le donne comunque più protette dal virus? Nel campione di Vò “le donne si infettano come gli uomini, non c’è differenza, ma sembra sviluppino una sintomatologia più blanda”.

Dalla lezione di Vò arrivano indicazioni su quello che ancora siamo in tempo a fare ma non per tutti: “Quello che possiamo ancora fare – sottolinea il virologo dell’Università di Padova – lo possiamo fare al Sud: dove ci sono i cluster bloccare tutto, e significa che nessuno si muove, mettere tutti in quarantena, testare tutti e isolare gli infetti.

Questa è l’unica soluzione”.

Invece ” per il Nord bisogna aspettare che l’infezione cali un po’, perché non ci sono le risorse per queste misure di sorveglianza attiva su larga scala. Non è che non si possono fare – precisa – non si sono le risorse, test, macchinari. In una situazione come quella della Lombardia l’unica cosa è aspettare che la quarantena faccia effetto e – aggiunge – sperando anche nella buona stagione, perché la quarantena da sola secondo me non ce la fa. Perché non è una quarantena al 100%, c’è ancora un sacco di gente che si muove, attività in funzione”.

“La quarantena è â€tutti fermi’ come a Wuhan”. Con una quarantena meno stringente “il rischio è che la curva dei contagi in Lombardia non scenda piĂą di tanto, a meno che non intervenga un altro fattore: se il virus è sensibile a fattori meteorologici e la velocitĂ  di contagio diminuisce, forse ci si può fare.

Altrimenti – avverte – solo la quarantena fatta così non basta.

Abbiamo tenuto a casa i ragazzini, le casalinghe, gli anziani e fino ad una settimana fa c’erano centinaia di migliaia di persone che andavano in fabbrica senza nessuna protezione. Il nuovo decreto è un po’ più restrittivo ma c’è ancora gente che si muove per lavoro, che avrà sicuramente un impatto”.

E “quanto sarà l’impatto, quanto graverà ancora sul carico degli ospedali, lo vedremo nei prossimi 5-6 giorni”.

Poi “dal momento che l’infezione via via cala si possono implementare le misure di sorveglianza attiva che danno un’accelerata alla caduta della curva”.

Se il quadro al Nord è questo, un’ altra parte importante della partita ce la giochiamo al Sud secondo il virologo Crisanti, un Sud che può diventare il traino: “Bisogna fare tutto il possibile per mettere in sicurezza le regioni del Sud dove ancora si può, perché se ci si riesce, là può riaprire l’attività produttiva.

Ripulire il Sud che diventerebbe l’area produttiva, perché le regioni del Nord non ce la faranno a breve tempo”.

La speranza che le temperature estive aiutino c’è ma è solo una speranza avverte il virologo: “Per altri coronavirus è stato così, ma questo è un virus nuovo, quindi che ne sappiamo? E’ presto per dirlo, anche se le regioni temperate, continentali sembrano al momento le più colpite”.

Se fosse così, anche in parte, l’uscita dal tunnel avrebbe un’accelerazione positiva perché “i tre fattori lavorerebbero insieme: la quarantena, la sorveglianza attiva, la stagione calda, che diminuisce almeno la velocità di diffusione del contagio”.

E’ una speranza. Ma che evidentemente ci deve cogliere comunque preparati, con le altre misure di sorveglianza sanitaria attiva.

Quindi da non sprecare.

Ultima piccola cosa che ci può insegnare Vò: nel paese gli sintomatici c’erano e infettavano, quindi “le mascherine le dovremmo indossare tutti. Non solo per proteggersi ma soprattutto per proteggere gli altri. E limitare la diffusione del virus. Non le mettiamo – chiosa Crisanti – perché non ci sono non perché non servano”.

Gtu/Int2