Le 5 cose da fare subito secondo Cartabellotta

Le mosse per non rincorrere il virus ma anticiparlo

MAR 20, 2020 -

Roma, 20 mar. (askanews) – Nella lotta al nuovo coronavirus ci sono cose da fare subito. Quali? Le cinque azioni che non possono aspettare le scandisce Nino Cartabellotta, presidente dell’associazione Gimbe (Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze), medico, esperto a tutto tondo di medicina, metodologia e sistemi sanitari, molto seguito anche sui social, dove dall’inizio della pandemia divulga dati, analisi e grafici.

Askanews gli ha chiesto cosa dovremmo fare. E lui ha risposto così, in cinque punti, cinque azioni che non possono aspettare. Al primo posto “Protezione di professionisti e operatori sanitari”. E spiega: “L’Istituto Superiore di Sanità, al 19 marzo, ha riportato 3.559 professionisti sanitari con infezione da coronavirus, l’8,6% dei casi totali in Italia. E’ un numeroáenorme, verosimilmente sottostimato per l’utilizzo non sistematico dei tamponi negli operatori sanitari, eppure una percentuale più che doppia rispetto allo studio di Jama pubblicato sulla coorte cinese (3,8%). È evidente che le attuali raccomandazioni per la protezione degli operatori in prima linea a combattere l’emergenza risultano fortemente inadeguate, soprattutto in ospedale ma anche sul territorio”.

Quindi “occorre rifornire urgentemente le strutture sanitarie di tutti i dispositivi di protezione individuale secondo la logica del whatever it takes: se vogliamo vincere questa guerra è fondamentale prendersi cura di chi si prende cura”. Punto due: “Responsabilità pubblica. I cittadini devono essere consapevoli che la vittoria contro questo insidioso virus dipende moltissimo dai loro comportamenti individuali. Bisogna stare a casa. In assenza di un vaccino o di farmaci mirati, drastiche misure di distanziamento sociale (isolamento dei malati, quarantena dei soggetti esposti, tracciatura dei contatti, chiusura delle scuole, misure per gli ambienti di lavoro e divieto di assembramenti) sono l’unica arma a nostra disposizione per contrastare l’epidemia”, avverte Cartabellotta. E “le misure adottate dal governo italiano sono in linea con le recenti evidenze scientifiche pubblicate dalla Fondazione Gimbe, sulla base di una revisione sistematica pubblicata dalla rivista del Center for Diseases Control and Prevention (CDC)”.

Ma qui serve l’aiuto di tutti perché funzioni: “Chiaramente la loro efficacia è sempre condizionata da un’attuazione tempestiva e da un’elevata aderenza alle raccomandazioni da parte di amministratori locali e cittadini”. Terza cosa da seguire: “Trasparenza Istituzionale. In un momento di crisi sanitaria senza precedenti nella storia della Repubblica, le Istituzioni devono offrire la massima trasparenza sui dati e sulle decisioni. Dalla segnalazione del primo caso, abbiamo dovuto aspettare alcuni giorni per avere i dati del contagio dalla Protezione Civile e circa tre settimane per disporre dei dati di sorveglianza epidemiologica da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. E ad oggi i pareri del Comitato tecnico scientifico che dovrebbero informare le decisioni politiche non sono pubblici”, sottolinea Cartabellotta, chiedendosi: “Come possiamo pretendere che i cittadini abbiano cieca fiducia nelle azioni di governo senza permettere di verificare in alcun modo se le scelte politiche siano o meno informate da dati ed evidenze scientifiche?”.

Quattro: “Piano pandemico. Quello che sta andando in onda nel nostro Paese è un film già visto in Cina: conosciamo come si muove il virus, per cui dobbiamo anticiparne le mosse invece di inseguirlo come stiamo facendo con misure corrette, ma non tempestive. Onestamente a quattro settimane dall’inizio del contagio, con le terapie intensive che scoppiano e un numero di decessi che ha già superato quello della Cina, l’Italia (così come l’Europa e gli Usa) non ha un piano pandemico: questo lascia letteralmente allibiti”.

Infine – quinto step: “Catena di comando unica. Nonostante le dichiarazioni d’intento del governo le iniziative autonome di Regioni ed enti locali che si moltiplicano quotidianamente dallo scoppio dell’epidemia. E questo – avverte il presidente della Fondazione Gimbe – riguarda sia ulteriori restrizioni, sia soprattutto messaggi che sino a poco tempo fa hanno offerto ai cittadini una falsa sensazione di sicurezza”.

Che “oggi il dramma della Lombardia è sotto gli occhi di tutti e, giustamente, vengono richiesti ulteriori aiuti. Ma abbiamo già dimenticato #MilanoNonSiFerma, lo slogan che imperversava sui social sino a poco tempo fa?”.

Gtu/Int5