Il clima al tempo del Coronavirus: cosa può insegnarci la crisi

Articolo nel blog La mela di Newton della rivista MicroMega

MAR 16, 2020 -

Milano, 16 mar. (askanews) – Il tema della pandemia globale del Coronavirus ha sostanzialmente eclissato tutte le altre notizie, comprese quelle su un’emergenza altrettanto, se non di più, pericolosa per la sopravvivenza sul nostro pianeta: il riscaldamento globale. E se è vero che la lotta al contagio, con il conseguente blocco delle attività produttive in zone chiave del mondo come la Cina o l’Europa Occidentale ha prodotto visibili miglioramenti nella qualità dell’aria, il dato ufficiale del 16 gennaio 2020 parla di un nuovo livello record per la CO2, registrato dal Mauna Loa Observatory nelle Hawaii, di 413 parti per milione. E sono numeri impressionanti.

Anche di questo si occupa la rivista MicroMega, che dedica alla crisi climatica il proprio ultimo numero e, nel blog La mela di Newton, si concentra sul cambiamento climatico al tempo del Coronavirus un pezzo a firma di Giuseppe Di Capua e Silvia Peppoloni. “Il mondo – si legge nell’articolo – è giustamente spaventato dal Coronavirus e dalle conseguenze sanitarie di una pandemia rapida e ancora parzialmente ignota. L’economia globale è entrata in una fase di crisi che potrebbe addirittura avere conseguenze superiori alla grande crisi del 2007-2009. Le catene di approvvigionamento mondiali in grado di spostare rapidamente enormi flussi di energia e materia da una parte all’altra del pianeta si sono bruscamente interrotte o hanno ridotto la loro capacità operativa. Crolla il prezzo del petrolio per ragioni legate anche a strategie economiche e geopolitiche guidate dal alcune nazioni produttrici: questo renderà il greggio una fonte energetica ancora più appetibile per far ripartire l’economia nel breve futuro, ricordandoci ancora una volta che la storia energetica dell’umanità non è fatta di transizioni, ma di addizioni energetiche e che nei prossimi anni occorrerà aspettarsi una modifica del mix energetico utilizzato dalle società umane (con un incremento delle fonti rinnovabili di energia), piuttosto che un completo abbandono delle fonti fossili”.

“Di certo – aggiungono da MicroMega – l’emergenza del Covid19 insegna, o meglio conferma, alcune riflessioni già emerse da alcuni anni nell’ambito della geoetica (etica per la gestione dell’interazione tra gli esseri umani ed il sistema Terra) utili proprio per affrontare la crisi ambientale in corso”. In particolare, i due autori individuano alcuni punti: “I comportamenti individuali fanno la differenza nell’affrontare anche le crisi globali”; “Le responsabilità personali, inter-personali e verso la società sono fondamentali per vivere in salute e sicurezza in una società globalizzata, fortemente interconnessa”; “La responsabilità di ciascuno verso il sistema Terra, implica il rispetto dei sistemi socio-ecologici. La disattenzione e l’azione umana violenta nei confronti degli ecosistemi hanno l’effetto di accrescere l’esposizione e quindi il rischio di tutte le comunità umane a fenomeni imprevedibili che possono mettere a repentaglio l’attuale strutturazione della società globalizzata, portandola ad un collasso sistemico”.

Da questi punti, poi, derivano altre considerazioni di ordine più generale, di cui vale la pena di indicare per esteso la prima: ” L’individuo non può sottrarsi dal confrontarsi con il proprio senso di responsabilità articolabile nei quattro domini etici dell’esperienza umana: il sé, la relazione prossimale con gli altri nelle comunità sociali di riferimento, la società per esteso, il sistema Terra da intendersi come aggregato complesso di sistemi socio-ecologici. Il comportamento irresponsabile anche di un solo individuo può generare nel tempo una crisi sistemica planetaria”. E’ chiaro come questa lettura, aggiornata all’esperienza che ciascuno di noi ha sperimentato direttamente in questi giorni di quarantene e blocchi, diventi ancora più cruciale dal fatto di essere suffragata dall’attuale situazione in Italia.

L’articolo poi prosegue con considerazioni sulle catene di approvvigionamento globale, sulla necessità di una governance internazionale, sul bisogno di creare “un quadro di riferimento di principi e di valori comuni che sappiano andare oltre la Carta dei Diritti dell’Uomo per diventare una Carta per lo Sviluppo Umano Responsabile”, sulla necessità di una “modifica dei paradigmi economici, sociali e politici richiesti per dare una concreta ed efficace risposta ai problemi antropogenici globali” che “ha bisogno di un cambiamento anche culturale nella società”. E la conclusione di MicroMega è abbastanza chiara: “Il tempo dell’improvvisazione e del pressappochismo sta per finire”. Resta da capire, probabilmente, che cosa verrà dopo.