Coronavirus, come la vede il professor Nino Cartabellotta

Come evolve il virus, cosa fare a livello di istituzioni e personale

MAR 3, 2020 -

Roma, 3 mar. (askanews) – “La diffusione del nuovo coronavirus in Italia è molto rapida. Social distance per tutti: è l’unico argine”. L’avvertimento arriva dal professor Nino Cartabellotta, medico, esperto a tutto tondo di medicina, metodologia e sistemi sanitari, molto seguito anche sui social, che invita ad agire subito: “Non si può aspettare che i casi aumentino nelle altre Regioni prima di intervenire”.

Dati alla mano il professore ha la certezza che “l’impennata improvvisa dei casi di coronavirus in Italia è molto simile a quella della Corea del Sud, il numero dei casi in Italia, infatti si sta diffondendo con un incremento percentuale giornaliero di crescita più veloce di Hubei”. Quindi “c’è solo una cosa da fare: misure di contenimento e distanziamento sociale in tutte le Regioni. Non bisogna farsi prendere dal panico, ma neanche sottostimare la situazione o continuare con strategie attendiste”. Perché – avverte – “è evidente che il virus sta circolando in tutte le Regioni”.

“E’ vero – ricorda il professore, presidente della Fondazione Gimbe (Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze) – che al momento i casi sono concentrati in Lombardia nel lodigiano, nel cremonese e nel bergamasco, in Emilia, nel piacentino e in Veneto, quindi la maggior parte di casi si concentra in un popolazione molto ristretta, dove sono già in atto misure di contenimento. Ma, Valle d’Aosta a parte, il virus è già nelle altre regioni che oggi contano 255 casi (10,2%), noi abbiamo una visione in differita, ancora non vediamo i casi, emergeranno dopo il periodo di incubazione e succederà nei prossimi giorni, quindi bisogna già agire adesso. Non aspettare e vedere”.

Perché “il rischio è di vedere in tutte le altre regioni quello che abbiamo visto in Lombardia o Veneto, magari non con quella intensità, ma il virus sta circolando, quindi le misure di contenimento, quanto meno quelle previste dal Dpcm per la “zona gialla” vanno estese a tutto il Paese: no agli eventi di massa, chiusura scuole, telelavoro, ridurre contatti sociali, evitare assembramenti, distanziamento sociale”.

Con due corollari, il primo: “Qualcuno che controlli a livello locale il rispetto delle regole di contenimento; inutile chiudere scuole e università e poi avere biblioteche piene, o file ai musei o party organizzati”. Il secondo: “Comportamenti individuali responsabili: lavarsi le mani, evitare contatti stretti, niente baci e abbracci e strette di mano, se si sta male si sta a casa. Il distanziamento sociale è una responsabilità individuale: ognuno di noi è un potenziale trasmettitore del virus, ognuno di noi deve tenere comportamenti responsabili per se stesso e gli altri: distanziamento sociale.

Punto”.

Un sacrificio? Piccolo e doveroso che “tutti in tutta Italia” devono fare: “Se si riduce il picco e lo diluiamo nel tempo permettiamo al Ssn di reggere la mareggiata, altrimenti con la diffusione esponenziale dei contagi sarà uno tsunami. E alcune regioni, soprattuto al Sud, non potranno reggere il carico dei pazienti negli ospedali”.

Al professore quindi preoccupa un po “la strategia attendista”, “dire aspettiamo una settimana e vediamo cosa succede: già lo sappiamo cosa succede solo che lo vediamo ritardato di 7-10 giorni”. E lo dice la cronistoria dei contagi: “In Europa siamo stati i primi, e al nord è arrivato prima del sud. La curva delle altre regioni se pur più lentamente sta salendo e nei prossimi giorni salirà. Non ci sono regioni immuni. Il virus non conosce confini né di Paesi né di regioni né di città. Lo abbiamo già visto”.

In conclusione, Cina, Italia, Corea, Europa, non fa differenza: “Il virus si comporta diversamente solo in rapporto alle misure messe in atto” e la Cina, l’Hubei “ne è venuta fuori con misure di contenimento draconiane”.

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