Sinodo, Germania e Conclave: le battaglie dietro i preti sposati

L'eredità del Concilio, Roma-Chiese locali, il ruolo di Ouellet

GEN 17, 2020 -

Città del Vaticano, 17 gen. (askanews) – La recente diatriba sui ‘preti sposati’ è stata spesso raccontata come uno scontro tra due Papi, uno in carica, Francesco, e uno emerito, Benedetto, circondato, quest’ultimo, da comprimari (se tra loro alleati o avversari è dubbio): il cardinale Robert Sarah, promotore del libro ‘Des profondeurs de nos coeurs’, mons. Georg Gaenswein, che ha annunciato la decisione di Joseph Ratzinger di togliere la firma da questa operazione, editoriale e politica, anti-Bergoglio. Una vicenda, si potrebbe pensare, personale. Che, invece, è ben più ampia, e sottende tre questioni maggiori.

Innanzitutto, c’è di mezzo un Sinodo. L’assemblea sull’Amazzonia ha discusso per tre settimane (6-27 ottobre), ed ha poi votato, ed approvato con il quorum dei due terzi, un documento ricco di temi (dall’ecologia alle popolazioni indigene, dal rito amazzonico al ruolo delle donne), tra i quali, la proposta di ordinare sacerdoti ‘uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica’. Nell’esortazione apostolica che pubblicherà da qui a inizio febbraio, il Pontefice verisimilmente recepirà questa proposta. Ma chi lo critica, non critica solo un Papa, ma un Sinodo e un Concilio. Il Sinodo è un’istituzione nata sull’onda del Concilio vaticano II, con l’idea di coinvolgere collegialmente i vescovi del mondo nel governo della Chiesa, che rimane, beninteso, prerogativa del Romano pontefice. Fino all’elezione del Papa argentino, il Sinodo è stato sottoutilizzato, ridotto ad una sorta di convegno. Francesco lo ha resuscitato: ha scelto temi controversi (la famiglia, la comunione ai divorziati risposati, le coppie gay, le donne diacono, i preti sposati…), ha voluto che a conclusione di ogni Sinodo il documento venisse votato e pubblicato, e con la costituzione apostolica Episcopalis communio (2018), ha riformato il funzionamento del Sinodo, stabilendo, tra l’altro, che ‘qualora il Romano Pontefice abbia concesso all’Assemblea del Sinodo potestà deliberativa, a norma del can. 343 del Codice di diritto canonico, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro una volta da lui ratificato e promulgato’. Il Sinodo può ora partecipare sostanzialmente al governo pontificio e ai pronunciamenti magisteriali. Non solo: le assemblee sinodali possono essere ‘speciali’, relative cioè ad una specifica area geografica. E se in passato si sono già svolte assemblee del genere (l’ultima, sotto Benedetto XVI, fu sul Medio Oriente, nel 2010, quella precedente sull’Africa nel 2009, e, regnante Giovanni Paolo II, si sono celebrati sinodi sull’Europa, sull’America, sull’Oceania, sull’Asia) è evidente che affrontando – e votando – questioni dirimenti, come avvenuto al Sinodo sull’Amazzonia, la compartecipazione al governo della Chiesa assume anche un carattere decentrato. Compartecipazione e decentramento tolgono, con tutta evidenza, un po’ di potere alla Curia romana. E suscitano reazioni irritate da parte di chi quel potere ha esercitato e custodito.

Non è inutile ricordare che il primo, e più clamoroso, scontro tra il cardinale Sarah e il Papa, è avvenuto sullo stesso principio. Richiamandosi – ancora una volta – al Concilio vaticano II, Francesco ha pubblicato, nel 2017, il motu proprio Magnum Principium, nel quale estendeva la prerogative in materia di traduzione dei testi liturgici e biblici alle conferenze episcopali nazionali. Tali testi, ha spiegato il Pontefice, non debbano più essere sottoposte alla revisione da parte della Sede Apostolica (recognitio) ma alla sua conferma (confirmatio). Sui blog e i siti internet tradizioanlisti, fu pubblicata una nota, condivisa da Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, che dava del provvedimento una lettura riduttiva, sostenendo sostanzialmente che nulla era cambiato. Francesco, evidentemente irritato, intervenne pubblicamente per chiarire che invece le cose erano cambiate eccome, che la confirmatio ‘non suppone più un esame dettagliato parola per parola’ da parte di Roma, e che le Chiese nazionali hanno oggi più potere di ieri. Robert Sarah, che aveva tentato a contraddire il Papa sulla liturgia, ha riprovato a farlo adesso con i ‘preti sposati’, ma la sostanza è la stessa: non attacca solo un Pontefice, ma un metodo di governo, la sinodalità.

Metodo – ed è la seconda questione – che può essere adottato anche a livello di Chiesa particolare. E’ quanto sta facendo la conferenza episcopale tedesca. Che, insieme all’organizzazione dei laici di Germania, il Zentralkomitee der Deutschen Katholiken, ha avviato, a dicembre, un ‘percorso sinodale’ per discutere questioni dirimenti: potere e la separazione del potere nella Chiesa, vita sacerdotale, ruolo delle donne nella Chiesa, vita relazionale e sessualità. Una scelta di questioni che ha subito suscitato più di una apprensione in Vaticano, tanto che al cardinale presidente, Reinhard Marx, a settembre scorso è giunta una lettera firmata dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione dei Vescovi, e una valutazione giuridica firmata dal presidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, monsignor Filippo Iannone, che sollevavano dubbi sulla validità canonica del percorso sinodale. E, in particolare, sul suo carattere vincolante: in altre parole, se la Chiesa tedesca, tra un paio d’anni, decide di voler ordinare donne diacono o preti sposati, come può farlo senza l’assenso di Roma? E la sua decisione che ricadute avrà nelle Chiese degli altri paesi? La Chiesa tedesca ha intrapreso questa discussione per rispondere al crollo di credibilità seguito all’esplodere della crisi della pedofilia: molti fedeli sentono la Chiesa distante, non se ne fidano, e i vertici della Chiesa hanno imboccato la strada dell’aggiornamento. Ma a Roma i settori conservatori della Curia temono fughe in avanti dottrinali. E temono che il Sinodo sull’Amazzonia possa fare da apripista per la Germania. Per questo non sorprende che anche Joseph Ratzinger, che sin da cardinale, poi da Papa, ha sempre avuto un rapporto polemico con i settori progressisti del cattolicesimo tedesco, abbia potuto essere coinvolto, in certa misura, nell’iniziativa editoriale del cardinale Sarah. Il quale, in una intervista a Le Figaro, ha chiarito i suoi timori: l’ordinazione dei preti sposati, secondo il cardiale guineano, non sarebbe ‘una domanda dei popoli dell’Amazzonia’, ma ‘un fantasma di teologi occidentali in vena di trasgressione’. Probabilmente – sembra il sospetto di Sarah – tedeschi. ‘Un indebolimento del principio del celibato, anche limitato ad una sola regione, non potrebbe essere un’eccezione ma una breccia, una ferita nella coerenza interna del sacerdozio’.

E’ la teoria, sempre più insistito da parte di conservatori e reazionari, gli uni impegnati a conservare il presente gli altri desiderosi di tornare al passato, della breccia che, alla fine, fa cadere il muro, se non l’intero edificio. Una teoria che anniente qualsiasi obiezione ragionevole (che il celibato obbligatorio non è un dogma della Chiesa ma una disciplina introdotto nel secondo millennio, che ancora oggi ci sono preti sposati nella Chiesa cattolica, ad esempio in quella di rito greco-albanese o nella comunità di ex anglicani ai quali proprio Benedetto XVI dette ospitalità, che il giovane Joseph Ratzinger quando era un teologo progressista ipotizzò l’ordinazione si uomini sposati, che, soprattutto, Papa Francesco non ha alcuna intenzione di abolire il celibato, solo potrebbe ammettere un’eccezione in Amazzonia dove le parrocchie vedono il parroco una volta l’anno…). Se il problema è che dietro ogni breccia c’è un crollo, è il ragionamento degli oppositori, allora non possono essere ammesse sfumature, diversità, complessità. Chi dice breccia non pensa al presente, ma al futuro.

Sulla questione dei preti sposati ci si confronta animatamente. Il tema non è solo il Sinodo di ottobre, o l’esortazione apostolica delle prossime settimane. Ma il prossimo Papa. La questione non viene affrontata apertamente, ma – ed è la terza questione – le diatribe di oggi portano alla luce posizionamenti, e riposizionamenti, in vista del prossimo Conclave. Papa Francesco ha 83 anni e sta bene. Ma col procedere della sua riforma, aumenta l’ansia degli avversari, che cercando di scrutare il futuro. Il campo conservatore e tradizionalista è tutt’altro che compatto, come dimostrano la cacofonia esasperata di questi giorni. Ma il tema dei ‘preti sposati’, nei mesi scorsi come nei prossimi, sarà l’occasione per cogliere le scosse telluriche, a volte difficilmente percettibili, che maturano nel collegio cardinalizio. Una cartina di tornasole. Il cardinale Sarah non è uscito bene dall’ultima vicenda, ma non è mai stato un candidato reale in vista di un prossimo Conclave. Né lui, né gli altri porporati ultraconservatori dell’ala apertamente contraria a Francesco (lo statunitense Raymond Leo Burke, il tedesco Gerhard Ludwig Mueller), hanno mai avuto reali chance. Un Conclave è un collegio elettorale che taglia gli estremi e converge su soluzioni più condivise. Nel campo conservatore, nel corso dei mesi, spicca il cardinale Marc Ouellet: ha difeso il Papa dagli attacchi dell’ex nunzio Carlo Maria Viganò; ha preso pubblicamente posizione in difesa dell’Amoris laetitia, l’esortazione apostolica che il Papa ha scritto dopo il doppio sinodo sulla famiglia; ha presentato un libro del Pontefice si movimenti popolari e i diritti dei lavoratori; ma ha criticato il percorso sinodale della Chiesa in Germania; ha espresso tutta la sua contrarietà ai ‘preti sposati’, sia prima che dopo il Sinodo sull’Amazzonia. Si vedrà. Di certo, la partita dei ‘preti sposati’, insomma, tocca corde delicatissime della Chiesa cattolica: il rapporto tra Roma e le conferenze episcopali, la vita delle Chiese locali, il futuro del cattolicesimo. Altro che scontro tra Bergoglio e Ratzinger.