Islam, Corte Appello Milano: giusto no a burqa in luoghi pubblici

L'annuncio di De Corato: legittima la delibera regionale del 2015

OTT 31, 2019 -

Milano, 31 ott. (askanews) – E’ “giustificato e ragionevole” vietare l’ingresso nei luoghi pubblici alle donne con il volto coperto dal burqa. E’ il principio giuridico sancito dalla Corte d’Appello di Milano dopo che, già nell’aprile 2017, i giudici del primo grado di giudizio avevano ritenuto legittima la delibera regionale lombarda del 2015 che impone l’obbligo di identificazione per chi accede in luoghi pubblici con il volto coperto. L’annuncio arriva dall’assessore lombardo alla Sicurezza, Riccardo De Corato: nelle motivazioni della sentenza, sottolinea in una nota l’esponente della giunta Fontana, la Corte d’Appello “ha confermato quanto già sentenziato il 20 aprile 2017 in primo grado dal Tribunale di Milano”, ossia “il divieto di ingresso a volto coperto posto nella delibera appare giustificato e ragionevole alla luce della esigenza di identificare coloro che accedono nelle strutture indicate, poiché si tratta di luoghi pubblici, con elevato numero di persone che quotidianamente vi accedono per usufruire di servizi ; pertanto è del tutto ragionevole e giustificato consentire la possibilità di identificare i predetti fruitori dei servizi”.

“Finisce così – continua l’assessore lombardo – il secondo round di una vicenda che aveva visto l’Associazione degli studi Giuridici sull’Immigrazione, gli Avvocati per Niente Onlus, l’Associazione Volontaria di Assistenza sociosanitaria e per i diritti dei Cittadini stranieri, Rom e sinti e la Fondazione Guido Piccini per i Diritti dell’Uomo Onlus portare in Tribunale la Regione per la delibera di Giunta n.X/4553 /10.12.2015, che vietava, per motivi di sicurezza, l’ingresso alle donne con il volto coperto dal velo in luoghi pubblici”. In particolare i giudici, precisa ancora De Corato, hanno “bocciato lo strenuo tentativo proposto dai ricorrenti, cioè quello di consentire l’identificazione mediante rimozione temporanea del burqa”.

Dito puntato contro le associazioni che si battono per il riconoscimento del burqa, “pratica alquanto discriminatoria verso le donne – afferma De Corato – considerate di proprietà esclusiva dai loro compagni musulmani al punto che nessun altro le può guardare. La sentenza- conclude l’assessore – non lascia altre interpretazioni per le associazioni: la Corte condivide integralmente la motivazione del giudice di primo grado, ma questo sicuramente non basterà loro ed è scontato che si appelleranno in Cassazione”.