Gli italiani e la pasta: al pomodoro, ma si riducono le porzioni

Per la Giornata mondiale l'iniziativa Al dente in 130 ristoranti

OTT 15, 2019 -

Milano, 15 ott. (askanews) – E’ la regina della cucina italiana, all’estero è uno dei simboli della nostra cultura gastronomica. Eppure come italiani mangiamo sempre meno pasta. Complici i cambi di abitudini alimentari ( 4 italiani su 10 hanno ridotto le quantità e prestano più attenzione a salute e qualità), i consumi di spaghetti &co. diminuiscono, con una riduzione del 17% della porzione media (passata da 106 grammi a 87 grammi) e un calo del 6% della frequenza di consumo. I dati arrivano da una ricerca sul futuro della pasta realizzata da Eumetra per Unione Italiana Food (già Aidepi), l’associazione che unisce e rappresenta i produttori di pasta italiani, su un campione di 3mila persone rappresentativo della popolazione nazionale.

Dietro questi numeri, ci sono delle convinzioni ormai radicate. Lo testimonia il fatto che, se la pasta è il primo alimento consumato a pranzo (lo fa l’85% del campione), a cena è l’ultimo: con il 17% delle preferenze finisce dietro a yogurt e panini. Il motivo, secondo la ricerca, è che gli italiani continuano a pensare che la pasta faccia ingrassare (18%) e che è meglio ridurne i consumi per la propria salute (“per via dei troppi carboidrati”, 16%), mentre quasi un italiano su 2, il 45%, rinuncia alla pasta di sera perché vuole stare leggero.

Eppure i nostri connazionali vedono la pasta come “il vero piatto tipico italiano” e 9 su 10 dicono di mangiarla regolarmente (1 su 3 lo fa tutti i giorni). Sui formati la sfida è all’ultimo maccherone: la pasta corta (penne, rigatoni, fusilli) è in testa alle preferenze del 78% del campione, davanti a spaghetti e vermicelli, 72%. Mentre, per quanto riguarda i condimenti, vince il sugo di pomodoro (80%), davanti al ragù (67%), seguito dal pesto o altri condimenti a base di verdure (64%).

In vista della 21esima Giornata mondiale della pasta, che quest’anno con la kermesse “Al Dente – The Italian way of Pasta” offrirà l’occasione di sperimentare per una settimana (18-25 ottobre) gusti e consistenze della pasta del futuro in 130 ristoranti in Italia e nel mondo, Unione Italiana Food e IPO – International Pasta Organisation, hanno diffuso i dati di questa produzione fiore all’occhiello della nostra industria alimentare: nel 2018 i nostri pastifici hanno prodotto 3.370.000 tonnellate di pasta (+0,3% rispetto al 2017), confermandoci il Paese che ne consuma di più (con 23 kg di pasta pro capite). Più della metà della produzione (il 58%) nel 2018 è stata esportata, col risultato che un piatto di pasta su 5 mangiato nel mondo e circa 3 su 4 in Europa sono preparati con pasta italiana. Del resto è noto che nel mondo i consumi di pasta negli ultimi dieci anni sono aumentati, passando da 9 a 15 milioni di tonnellate annue. I Paesi dove esportiamo di più sono Germania, Regno Unito, Francia e Stati Uniti, mentre i mercati strategici da cui arrivano le performance più importanti di inizio 2019 sono Arabia Saudita, (+90%), Emirati Arabi Uniti (+25%), Cina (+22%) e Australia (+16%).

Dal canto loro i pastifici italiani (120 imprese, 7.500 addetti e 4,8 miliardi di Euro di fatturato) stanno investendo in media il 10% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo per rendere gli impianti moderni, sicuri e sostenibili e cercare di rispondere alle esigenze di un mercato sempre più attento a gusto e nutrizione. E così accanto alla tradizionale pasta gialla (ne esistono oltre 300 formati e rappresenta circa il 90% del mercato), sugli scaffali dei supermercati si può trovare l’integrale (con tassi di crescita nel nostro Paese prossimi al 20%), il gluten free, quelle con farine alternative e superfoods (spezie, kamut, legumi, farro).

L’offerta più ampia ha incontrato la disponibilità del mercato a provare nuovi prodotti, alternativi al classico grano duro: il 10% degli italiani provato varianti come l’integrale, al farro, al kamut, con farine di legumi. Ma la pasta tradizionale stravince alla prova del gusto (piace più delle altre) e della semplicità di preparazione. Per questo il 70-80% dei consumatori di paste alternative continua a consumare ancora pasta tradizionale.