Il Papa manda Krajewski tra i migranti dei “ghetti” del Foggiano

L'elemosiniere tra i braccianti che vivono nelle baraccopoli

SET 27, 2019 -

Città del Vaticano, 27 set. (askanews) – Già assurto agli onori delle cronache per essersi calato in un tombino, avere spezzato i sigilli dell’Acea, ed avere così restituito luce ed energia agli abitanti di uno stabile occupato a Roma, il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski è stato inviato da Papa Francesco “a visitare i cosiddetti ‘ghetti’ dell’area della Capitanata nel foggiano”, a ridosso della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato di domenica prossima.

Con l’occasione, peraltro, il Papa celebrerà, alle 10 di domenica a San Pietro, una messa (trasmessa in diretta su Tv2000) dedicata ai migranti e ai rifugiati.

E oggi, rende noto la sala stampa vaticana, l’elemosiniere polacco, accompagnato dal Vescovo di San Severo, mons. Giovanni Checchinato, e dall’arcivescovo di Foggia-Bovino, mons. Vincenzo Pelvi, si è recato in due di questi insediamenti, in forma di baraccopoli o masserie abbandonate, per incontrare migliaia di lavoratori agricoli, per la maggior parte migranti provenienti dall’Africa (principalmente dalla Nigeria, Ghana, Senegal e Gambia), che vivono in condizioni di grave precarietà a livello giuridico, abitativo e sanitario.

“Con questo gesto”, si legge nella nota vaticana, “il Pontefice desidera essere vicino a tutte queste persone vittime dello sfruttamento, dell’emarginazione e dell’esclusione, portare ad essi una parola di speranza e farsi voce del loro grido di aiuto in una società che sviluppa ‘al proprio interno la tendenza a un accentuato individualismo che, unito alla mentalità utilitaristica e moltiplicato dalla rete mediatica, produce la globalizzazione dell’indifferenza’.

La nota vaticana sottolinea che la raccolta del pomodoro segna il massimo numero di presenze da luglio a settembre: in questi mesi di raccolta intensiva almeno 6.000 persone cercano riparo nelle baraccopoli e nelle masserie abbandonate. I più grandi insediamenti dell’area sono l’ex Pista aeroportuale di Borgo Mezzanone, il Gran Ghetto di Rignano Scalo (Località Torretta Antonacci), il Ghetto Ghana di Borgo Tre titoli, e una moltitudine di masserie occupate a macchia di leopardo in un raggio di 50 km da Foggia.

Il primo ghetto visitato dall’Elemosiniere del Papa e dal Vescovo di San Severo è il Borgo Mezzanone, frazione del comune di Manfredonia: si tratta di una piccola comunità rurale di circa 800 abitanti, appartenente alla Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. Da un ventennio, a poco meno di un chilometro dalla borgata, l’ex aeroporto militare dell’Amendola è adibito e usato per l’emergenza dei profughi, prima della vicina Albania e successivamente dei migranti dell’Africa e Asia che chiedono protezione nel nostro Paese. Oggi il Cara di Borgo Mezzanone conta una presenza di circa un centinaio di richiedenti asilo, su una capienza di 450 posti. A poca distanza, nel luogo chiamato ‘ex pista’, 1.500 persone, di diversa nazionalità, sono accampati in container o baracche di fortuna. Negli ultimi mesi, sono stati compiuti diversi interventi di abbattimento di edifici e baracche , con l’obiettivo di smantellare nel minor tempo possibile l’intero ghetto, ricollocando i migranti in ‘luoghi’ più dignitosi che favoriscano anche un percorso d’integrazione. La buona volontà delle Istituzioni, tuttavia, sembra non seguire un lavoro coordinato per la soluzione della questione.

Il secondo insediamento visitato è il cosiddetto Gran Ghetto, che sorge in Località Torretta Antonacci, nel territorio del Comune e della Diocesi di San Severo, a 25 Km da San Severo. Circa 20 anni fa, a Rignano Scalo, a metà strada fra San Severo e Foggia, venne sgomberato il primo Gran Ghetto, che la comunità dei lavoratori aveva creato in un ex zuccherificio. Dopo lo sgombero, la comunità dei lavoratori si insediò in un’area distante 15 minuti in automobile, immersa nelle campagne. Dopo quasi 20 anni dalla sua nascita, nel marzo del 2017, il Gran Ghetto venne sgomberato con il sequestro dell’intera area da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari. Quest’ultima propose a una piccola quota degli abitanti, un’alternativa abitativa composta da tende e container o presso strutture comunali nel centro abitato di San Severo, senza riuscire a trovare soluzioni reali e dignitose all’emergenza. Nell’incendio scoppiato nella notte tra l’1 e il 2 marzo 2017, poche ore prima dello sgombero del Gran Ghetto, persero la vita due giovani del Mali di circa 30 anni, Mamadou Konate e Nouhou Doumbouya. Immediatamente dopo lo sgombero, una parte della comunità si è riversata in altri insediamenti della Capitanata, primo fra tutti l’ex Pista di Borgo Mezzanone, e un’altra parte ha ricostituito, nello stesso punto dello sgombero, il Gran Ghetto, con un gran numero di roulotte e di baracche. Se ne contano oltre 400. Le persone abitano in questo insediamento per tutto l’anno: il numero delle presenze – conclude la nota vaticana – varia dalle 200 unità nei mesi invernali, quando il lavoro nei campi diminuisce, fino alle oltre 800-900 unità nei mesi in cui si svolge la raccolta del pomodoro-uva-olive.