Padre Dall’Oglio, la speranza a sei anni dal rapimento in Siria

La famiglia grata al Papa per la recente lettera ad Assad

LUG 29, 2019 -

Città del Vaticano, 29 lug. (askanews) – Sesto anniversario del rapimento del padre Paolo Dall’Oglio, sparito a Raqqa in Siria il 29 luglio 2013. Per l’occasione, a Roma, presso la sede della Stampa estera si è tenuta oggi una conferenza organizzata dall’Associazione Amici di Padre Paolo Dall’Oglio che, per la prima volta, ha visto tre fratelli del gesuita incontrare la stampa.

“La speranza di saperlo vivo c’è sempre, non avere notizie non significa che sia morto”, racconta Immacolata Dall’Oglio a quanto riportato dall’Osservatore Romano. “E soprattutto non dobbiamo dimenticare il contesto al quale facciamo riferimento, tutto in Siria è possibile”.

Nel cuore di questa famiglia c’è oggi il desiderio di sapere di più del destino di padre Paolo soprattutto adesso che Raqqa è stata liberata dalle forze del sedicente Stato islamico. Da sei anni, si rincorrono notizie in modo incontrollato: voci sulla sua morte come ricostruzioni di una prigionia a Baghouz. Non sono, purtroppo, mancati momenti particolarmente delicati, ricorda il giornale vaticano, come quando è stata consegnata loro una piccola valigia del fratello contenente alcuni effetti personali, a ben 4 anni dal ritrovamento. “Siamo qui per sperare ancora”, ha detto Giovanni Dall’Oglio, dottore per il Cuamm – Medici per l’Africa. “Paolo – ha soggiunto – si arrabbierebbe perché non vorrebbe che si parlasse soltanto di lui e non della Siria”.

La sorella Francesca ricorda l’incontro della famiglia Dall’Oglio col Papa lo scorso 30 gennaio. “E’ stato un incontro riservato con parole di vicinanza e affetto profondo per nostra madre. Parlare con il Papa ci ha dato fiducia, ci ha donato la speranza cristiana”. Francesca Dall’Oglio ha definito “molto importante” anche la lettera che il Pontefice ha indirizzato recentemente al presidente siriano al-Assad: “Un gesto forte e coraggioso che esprime la volontà del Papa di farsi portavoce della giustizia, del dolore di un popolo”.

“Chi ricorda padre Macalli, sequestrato nel Niger, chi ricorda Silvia Romano, sequestrata in Kenya, chi ricorda Luca Tacchetto, sparito dopo essere arrivato in Burkina Faso con la sua fidanzata canadese?”, ha commentato il giornalista Riccardo Cristiano, animatore dell’associazione dedicata al sacerdote che in Siria, nel monastero Deir Mar Musa, aprì una comunità spirituale ecumenica mista. “E chi ricorda padre Paolo? Ricordare lui vuol dire ricordare una persona che ha consapevolmente scelto di andare incontro alle più inquietanti incognite. Perché? Gli arabi hanno un proverbio molto interessante, dice ‘tu vai al pellegrinaggio quando tutti tornano’: indica il ritardo nel capire. Ecco, nel caso di Paolo si potrebbe coniare un proverbio tutto nuovo, ‘tu vai a Raqqa quando tutti fuggono’. Perché? Perché andare a Raqqa nel luglio del 2013? Perché Paolo aveva capito quel che di lì a qualche mese sarebbe accaduto, il Mediterraneo e il Medio Oriente sarebbero cambiati in modo sconvolgente se la storia avesse seguito il corso che lui presumeva, se l’Isis avesse fatto esplodere i confini di Siria e Iraq, coinvolgendo i curdi, i turchi e tutti gli altri attori già coinvolti in un incendio regionale. Era l’incendio perfetto, la follia genocidiaria dell’Isis avrebbe fatto da contrappeso alla follia genocidiaria di Assad, la fuga dalla Siria e dall’Iraq avrebbe coinvolto milioni di persone, l’intera Europa ne sarebbe stata sconvolta. È andata esattamente così”.