Addio al cardinale Ortega, l’uomo della svolta Cuba-Washington

Wojtyla disse: 'A Cuba ci sono due comandanti: Castro e Ortega'

LUG 27, 2019 -

Città del Vaticano, 27 lug. (askanews) – Addio al cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo emerito dell’Avana, unico arcivescovo del mondo ad aver ricevuto la visita di tre Papi, amico personale di Jorge Mario Bergoglio, uomo del dialogo con il regime castrista pur essendo stato internato in un campo di lavoro quando era giovane sacerdote, nonché figura-chiave nella svolta dei rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti.

Il porporato si è spento il 26 luglio nella sua residenza all’Avana. Aveva 82 anni e negli ultimi giorni le sue condizioni di salute si erano aggravate a causa di un cancro. Papa Francesco ha espresso il suo cordoglio per mezzo di un telegramma a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Raul Castro e il suo successore alla guida dell’isola caraibica, il presidente Miguel Diaz Canel, hanno recapitato le loro condoglianze al Papa, come riporta il sito Il Sismografo. Il giornale ufficiale di Cuba, “Granma”, ha dato notizia del decesso del cardinale ortega, sottolineando che “il suo instancabile lavoro pastorale e il suo amore per Cuba lo portarono a rafforzare decisamente le relazioni tra Chiesa cattolica romana e Stato”. Una celebrazione solenne si svolgerà nella cattedrale dell’Avana domenica alle 15, mentre i veri e propri funerali si svolgeranno lunedì nel cimitero Colon dove sarà seppellito.

Nato a Jaguey Grande, in diocesi di Matanzas, il 18 ottobre 1936, era stato ordinato sacerdote il 2 agosto 1964. Eletto alla Chiesa residenziale di Pinar del Rio il 4 dicembre 1978, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 14 gennaio 1979. Promosso alla sede arcivescovile della capitale di Cuba il 20 novembre 1981, da Papa Wojtyla era stato creato e pubblicato nel concistoro del 26 novembre 1994 cardinale del titolo dei Santi Aquila e Priscilla. Aveva partecipato al conclave dell’aprile 2005 che ha eletto Joseph Ratzinger e a quello del marzo 2013 che ha eletto Papa Bergoglio, il quale il 26 aprile 2016 aveva accettato le sue dimissioni alla guida dell’arcidiocesi dell’Avana.

L’Osservatore Romano ricorda, nel necrologio, che “il suo primo incarico era stato a Cardenas, come vicario cooperatore, ma era durato solo due anni, bruscamente interrotto nel 1966 quando era stato internato in campi di lavoro conosciuti con la sigla Umap (Unidades militares de apoyo a la producción), controllati direttamente dal ministero degli Interni. Una detenzione durata otto mesi, durante i quali riusciva a celebrare la messa di nascosto usando un bicchiere di alluminio come calice. La ‘rieducazione’ castrista dunque non aveva avuto effetti sul ‘detenuto Ortega’, che appena rilasciato dal carcere aveva iniziato a fare il parroco nel suo paese natale”. Il giornale vaticano ricorda che “uomo di dialogo, capace di mantenere viva la Chiesa cubana in anni difficili”, Ortega “era amato, rispettato e ammirato dal popolo e anche dalle autorità di governo del paese”.

Nei trentaquattro anni del suo lungo ministero quale arcivescovo di San Cristobal de La Habana – questo il titolo ufficiale – aveva avuto il privilegio di accogliere gli ultimi tre Pontefici: Giovanni Paolo II, nella storica visita del 1998 (“A Cuba ci sono due comandanti: Castro e Ortega”, disse in quell’occasione Karol Wojtyla), Benedetto XVI, nel 2012 e, per ben due volte in pochi anni, Francesco: nel settembre 2015 e poi, in occasione della sosta compiuta da Jorge Mario Bergoglio all’aeroporto dell’Avana per lo storico incontro, avvenuto nell’hangar prima di proseguire il viaggio verso gli Stati Uniti, il patriarca russo Kirill, il 12 febbraio 2016.

Di Papa Francesco, che lo ha ricevuto anche dopo il pensionamento, il cardinale Ortega era amico personale. Tanto che subito dopo il Conclave del 2013 Jorge Mario Bergoglio regalà al porporato cubano – che poi, su sua autorizzazione, li pubblicò su internet – i due fogli di appunti a mano su cui l’allora arcivescovo di Buenos Aires aveva preparato il proprio intervento alle congregazioni generali che hanno preceduto la sua elezione, passato poi alla storia come il discorso programmatico del pontificato, nel quale il futuro Pontefice parlava di una Chiesa missionaria e misericordiosa capace di andare alle periferie geografiche ed esistenziali.

Negli anni sucessivi, il Papa affidò al cardinale Ortgega una missione riservata quanto delicata, che, con la sua consueta cordialità, il porporato cubano svolse efficacemente: la storica svolta dei rapporti tra Cuba e Stati Uniti. Come hanno rivelato infatti i due accademici statunitensi Peter Kornblum e William M. Leogrande nel libro “Back Channel to Cuba: The Hidden History of Negotiations Between Washington and Havana” (2015), e poi la giornalista francese Constance Colonna-Cesari nel libro “Dans les Secrets de la diplomatie vaticane” (Seuil 2016) e nel documentario “Les Diplomates du pape” (Arte 2018), fu ortega che, all’Avana prima e con un viaggio segreto a Washington poi, consegnò personalmente ai presidenti Raul Castro e Barack Obama, nel corso di un incontro riservato al Rose Garden alla Casa Bianca, due lettere nelle quali il Papa chiedeva ai due statisti di risolvere le questioni umanitarie pendenti, inclusa la situazione dei prigionieri politici, “per avviare così una nuova tappa nei rapporti”, e si diceva poi disponibile a dare “un aiuto in qualsiasi modo” per contribuire a una svolta che, pochi mesi dopo, effettivamente arrivò. Obama e Castro ringraziarono pubblicamente il Papa, in due storiche conferenze stampa parallele in mondo visione, ma senza il cardinale Ortega, a 70 anni dalla seconda guerra mondiale, non si sarebbe concluso l’ultimo capitolo della guerra fredda.