Succo di mela falso biologico, 9 arresti e sequestri per 6,5 mln

Bloccate partite potenzialmente a rischio per la salute

GIU 25, 2019 -

Roma, 25 giu. (askanews) – La Guardia di Finanza ha scoperto una maxi frode nel settore del commercio di prodotti biologici: con un’operazione chiamata “Bad Juice” sono stati eseguiti 9 arresti (8 in Italia) tra le province di Pisa, Salerno e in Serbia, sequestrati beni (6 società, beni mobili e immobili) per oltre 6,5 milioni di euro e prodotti adulterati per un valore di 4,8 milioni (1.411 tonnellate di prodotto adulterato e falsamente designato “biologico” tra succhi, confetture e conserve alimentari).

Le indagini della Procura di Pisa, degli ispettori dell’ICQRF (il Dipartimento Antifrode del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo) e dei militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Pisa hanno permesso di sgominare un gruppo criminale dedito alla produzione illecita e alla commercializzazione di succo concentrato di mela, sofisticato con acqua e sostanze zuccherine e falsamente dichiarato biologico di origine europea.

Il prodotto sofisticato era ottenuto da aziende formalmente localizzate in Serbia e Croazia, ma di fatto gestite direttamente dall’Italia da due fratelli imprenditori pisani, al vertice di un’associazione a delinquere che poteva contare sulla collaborazione attiva dei propri dipendenti e altri soggetti esteri compiacenti, aderendo ciascuno ad un ruolo specifico nell’intera filiera della frode.

Come hanno scoperto gli inquirenti, con modalità consolidate e collaudate il gruppo ha prodotto e commercializzato ingenti quantitativi di succo di mela non biologico ma dichiarato come tale e sofisticato, veicolandolo nel territorio dell’Unione europea. Grazie all’interposizione fittizia di aziende croate – che provvedevano a sdoganare il prodotto in realtà ottenuto in Serbia – venivano prodotti innumerevoli falsi documentali finalizzati a legittimare (solo sulla “carta”) la falsa natura, qualità e origine dichiarata del prodotto.

Il lavoro degli investigatori ha permesso di dimostrare che i succhi di mela ottenuti in Serbia erano prodotti in modo illecito partendo da frutti non idonei all’alimentazione umana in quanto deteriorati o in avanzato stato di decomposizione, anche per l’elevata presenza di micotossine; contaminati con prodotti chimici non ammessi in agricoltura biologica (fungicidi, insetticidi ed erbicidi). Inoltre il prodotto veniva sofisticato aggiungendo – al succo base – acqua e zuccheri di diversa qualità, conferendo così al prodotto finito un profilo chimico il più possibile simile a quello della mela, con il fine di depistare eventuali controlli ufficiali. Il prodotto veniva però rivenduto ad inconsapevoli aziende leader nel settore alimentare italiano come succo di mela biologico.

Il gruppo non si è limitato alla sola contraffazione del succo, ma ha prodotto innumerevoli falsi documenti per conferire al succo di mela la certificazione di prodotto biologico e di provenienza europea nonché per evadere le imposte mediante l’esterovestizione di imprese satelliti – costituite in Croazia e Serbia – ma di fatto gestite direttamente dall’Italia.

Gli investigatori hanno seguito il flusso dei succhi alimentari, che è stato monitorato, mappato ed analizzato con complesse attività di osservazione e pedinamento all’estero e, attraverso sofisticati sistemi di analisi che prevedono molteplici controlli intermedi, è stata accertata la non genuinità del prodotto, bloccando anche la commercializzazione di partite potenzialmente a rischio per la salute umana.

In seguito ad accertamenti e riscontri stato possibile mettere in campo una task force, composta da militari della GDF e da ispettori dell’ICQRF, che ha pazientemente ricostruito il giro del succo e della “carta” rivelando l’imponente fenomeno fraudolento. E’ stata così accertata anche la sussistenza del reato di autoriciclaggio commesso dagli indagati i quali hanno di fatto reinvestito i proventi delle vendite del succo non genuino in attività aziendali.

Le misure cautelari all’estero sono state possibili grazie alla collaborazione di funzionari di Eurojust che hanno operato le perquisizioni e il sequestro delle aziende con sede in Serbia e Croazia.