Magnani, la “Gioconda” non e’ la Gioconda

Per lo studioso il dipindo ritrare la Signora di Lo'bardia

GIU 7, 2019 -

Roma, 7 giu. (askanews) – La Gioconda non è quella esposta al Louvre. Ne è sicuro Riccardo Magnani, tra i massimi studiosi di Leonardo Da Vinci, secondo il quale quel dipinto che tutto il mondo conosce, dice, non è la Gioconda descritta dal Vasari ne “Le Vite”, né quella che in un documento del 1525 sui beni di Gian Giacomo Caprotti, detto Salai, viene per la prima volta menzionata come la Joconda. Si tratta proprio di un altro quadro.

Magnani cita il Vasari: “Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontanableò. Et in questo di Leonardo vi era un ghigno tanto piacevole che era cosa più divina che umana a vederlo, Et era tenuta cosa meravigliosa, per non essere il viso altrimenti”. Descrive l’opera facendo riferimento alla peluria delle sopracciglia, magnificamente dipinta e ne esalta le fossette sulle guance. Ma nel dipinto del Louvre questi aspetti mancano. Vasari non fa nessuna menzione poi allo Xantelasma che la donna dipinta ha tra l’occhio e il naso.

Allude anche al fatto che l’opera è incompleta. “Ma la Gioconda non lo è – dice Magnani -: non lo è nel paesaggio, che rimanda con estrema precisione nei dettagli al ramo lecchese del Lago di Como, e non lo è nelle fattezze della dama ritratta, i cui particolari del viso, del velo e della veste sono anzi molto curati e definiti. Vasari dunque “sta descrivendo un dipinto diverso”.

Magnani cita anche le annotazioni di Antonio de Beatis, segretario personale del Cardinal d’Aragona, l’unico testimone diretto dell’incontro con Leonardo nell’ottobre del 1517 a Amboise. Parla di un “quatro dove è pintata ad oglio una certa Signura di Lombardia di naturale assai bella: ma al mio iuditio no tanto come la Signora Gualanda”. Potrebbe riferirsi proprio al quadro del Louvre: infatti il paesaggio in esso ritratto, come già detto, è Lariano, dunque lombardo.

Una recente analisi poi, effettuata da Pascal Cotte con tecniche non invasive, ha evidenziato la presenza di particolari attorno al capo della dama abrasi con buona probabilità dallo stesso Leonardo e non visibili a occhio nudo. La loro sagoma richiama gli spadini della Sperada, tipica acconciatura lombarda che identificava la promessa sposa. Lo stesso Alessandro Manzoni chiese all’incisore Gonin nel 1840 di replicare fedelmente la Gioconda per raffigurare la ‘sua’ promessa sposa Lucia: il disegno, oggi conservato in Brera, è infatti sovrapponibile in tutto e per tutto alla Gioconda, solo in forma speculare.

Magnani evidenzia anche come nel dipinto del Louvre, l’ingombro della figura ritratta è leggermente più ridotto rispetto alla sagoma che si percepisce di primo acchito. Un effetto dovuto al velo che la contorna, che nella più classica delle tradizioni iconografiche ne vuole raccontare lo stato spirituale, in cui il matrimonio tra l’energia maschile e quella femminile si manifesta.

Il dipinto del Louvre dunque, conclude Magnani, ritrae la “Signora di Lo’bardia”. La Gioconda o Monna Lisa è un altro quadro, probabilmente andato perduto. Ciò non toglie valore a una delle opere più famose di Leonardo, che anzi si arricchisce di significato: l’autore vi si ritrasse nei panni femminili (lo xantelasma, di cui soffriva, ne è una delle prove tangibili) nella rappresentazione del proprio personalissimo Rebis, il matrimonio spirituale, l’unione degli opposti, a cui lo stesso paesaggio lariano dipinto volutamente in una riproposizione speculare, ne dà conferma implicita.

La “vera” Gioconda, che probabilmente era solo un ritratto, aveva dunque una valenza minore rispetto alla “Signura di Lo’bardia”, che chiunque rappresenti, resta il capolavoro e la summa dell’opera leonardiana. L’importante, sottolinea lo studioso, “è saper dare alle opere il loro giusto significato”.