Sversamento di idrocarburi in Val d’Agri, arrestato dirigente Eni

Le indagini dei carabinieri del Noe di Potenza dal gennaio 2017

APR 23, 2019 -

Roma, 23 apr. (askanews) – I carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) di Potenza hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal gip di Potenza nei confronti del dirigente dell’Eni all’epoca dei fatti responsabile del Centro Olio Val d’Agri di Viggiano.

Le indagini, ricorda una nota della procura diramata dai carabinieri, presero avvio nel gennaio 2017 quando venne rilevato presenza di idrocarburi nel depuratore dell’area industriale di Viggiano. I carabinieri del Noe scoprirono che gli idrocarburi dispersi dal Centro Olio Val d’Agri si erano “insinuati nella rete fognaria” il cui deflusso contaminava “il reticolo idrografico della Val d’Agri non distante dall’invaso del Petrusillo, che rappresenta la fonte primaria di approvigionamento della gran parte di acqua destinata al consumo umano della Regione Puglia oltre che la fonte da cui proviene l’acqua indispensabile per l’irrigazione di un’area di oltre 35000 ettari di terreno”. La fonte della perdita di idrocarburi venne individuata nei serbatoi di stoccattio del greggio stabilizzato.

La nota conclude spiegando che al termine delle investigazioni “è stato possibile ricavare, nitidamente, i profili del delitto di disastro ambientale, e, quindi, non solo la contaminazione e la compromissione di 26mila metri quadrati di suolo e sottosuolo dell’area industriale di Viggiano e del reticolo idrografico a valle dell’impulvio denominato ‘fossa del lupo’, non solo una situazione di incombente pericolo per uno dei più importanti bacini idrici dell’Italia meridionale, ma anche la compromissione di una vasta area che si trova a cavallo degli impianti Enti e dell’invaso del Petrusillo. Tale compromissione era determinata dalla indispensabile opera di bonifica, ancora in corso, dell’area contaminata che ha imposto di estrarre in modo continuo tutte le acque di falda dell’area stessa (ormai contaminate) e trattarle come rifiuto, sicché se per un verso si è impedita la propagazione della contaminazione, tuttavia, per altro verso, si è privata delle indispensabili risorse idriche una vsta area della Regione con inevitabile gravi conseguenze sulla matrice ambientale”.

Il procedimento penale “riguarda, in qualità di indagati, non solo alcuni dirigenti della suddetta compagnia petrolifera, ma, anche, pubblici ufficiali facenti parte del CTR (Comitato tecnico regionale) della Basilicata il cui compito era quello di controllare, sotto il profilo della sicurezza e dei rischi ambientali, l’attività estrattiva dell’Eni”. In particolare, “sono indagate tredici persone ed una persona giuridica (l’Eni) per i reati di disastro, disastro ambientale, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale ed altro”.