Perché hanno tolto l’ergastolo a Brega Massone, il primario della “clinica degli orrori”

Quattro pazienti morirono nella clinica Santa Rita a Milano

GEN 16, 2019 -

Milano, 16 gen. (askanews) – Pier Paolo Braga Massone non voleva uccidere i 4 pazienti morti nella sala operatoria della clinica Santa Rita di Milano. Ecco perché i giudici del secondo processo d’appello sulla cosiddetta “clinica degli orrori” hanno derubricato il reato contestato all’ex primario di chirurgia toracica: non più omicidio volontario, come stabilito dalle sentenze dei precedenti gradi di giudizio poi annullate dalla Cassazione, ma quello, meno grave, di omicidio preterintenzionale. Si spiega così la decisione della Corte d’Assise d’Appello del capoluogo lombardo di cancellare la condanna all’ergastolo e di infliggere all’ex primario della clinica milanese una pena pari a 15 anni di carcere.

Stesso discorso per Fabio Presicci, ex braccio destro di Brega Massone, imputato per la morte di due pazienti: nell’appello bis è stato condannato a 7 anni e 8 mesi per omicidio preterintenzionale contro i 24 anni e 4 mesi incassati nei precedenti gradi di giudizio per omicidio volontario. “Nessuna delle prove raccolte supporta l’ardita ipotesi di morti volontarie”, sottolinea la Corte nelle motivazioni della sentenza emessa il 19 ottobre scorso. In sostanza, secondo il collegio presieduto dal giudice Giuseppe Ondei, non ci sono elementi per dimostrare che l’ex primario avesse “accettato” e “messo in conto” la morte dei suoi pazienti.

Per i giudici, in questo caso manca anche il dolo eventuale: in pratica, a loro giudizio, Brega Massone e Presicci non avevano messo in conto la possibilità di provocare il decesso dei pazienti come conseguenza delle loro condotte: “Nessuna prova, tra quelle portate dall’accusa – si legge ancora in un passaggio delle motivazioni – è riuscita a dimostrare con il necessario rigore processuale il dolo eventuale per la palese insussistenza, in ciascuno dei quattro casi esaminati, di una disponibilità interiore degli imputati, assimilabile ad un atteggiamento psicologico volontaristico, ad accettare l’evento negativo poi verificatosi”.

Anche a voler ammettere che Brega Massone fosse animato da “narcisismo e protagonismo esibizionista”, da “spregiudicatezza nella sperimentazione scientifica” o ancora da “sete di guadagno”, per i giudici milanesi “comunque e in ogni caso la morte del paziente è sempre, per un medico, un fallimento professionale prima che umano, destinato – soprattutto se sfrontatamente ripetuto – a soverchiare, vanificandolo, l’obiettivo egoistico perseguito”.

Int2