Tra utopia e realtà: 70 anni della dichiarazione dei diritti umani

DIC 11, 2018 -

Roma, 11 dic. (askanews) – (di Lucia Ori, 17 anni)

Ieri, 10 dicembre, ricorreva il settantesimo anniversario della dichiarazione dei diritti umani. Molti ragazzi non lo sanno. Anzi, per essere più chiari, molti ragazzi non sanno nemmeno l’anno in cui questa dichiarazione è stata emanata. Il 1948. Molte cose sono cambiate da quel 10 dicembre. Il mondo aveva appena conosciuto una delle guerre più sanguinose della propria storia, la Seconda Guerra Mondiale, paesi in ginocchio erano stremati dal conflitto che per cinque anni aveva sommerso e distrutto la vita di milioni di persone. Un mondo segnato dal nazionalismo, dall’odio verso lo straniero, dalla paura del diverso.

Prima fra tutte la guerra fa sì che i diritti non vengano rispettati ed è causa dell’annullamento totale dell’individuo. I 30 articoli presenti nella dichiarazione proponevano un nuovo modello di società. La dichiarazione dei diritti umani ha proprio come obbiettivo lo scongiurare un’altra carneficina come quella che si era appena conclusa ed evidenziare l’importanza della dignità del singolo individuo. Il cambiamento è però stato graduale e lungo da accettare. Si pensi a Martin Luther King e alla sua battaglia per i diritti degli afroamericani, oppure al suffragio femminile, ottenuto in Italia solo nel 1970. Oggi però possiamo vedere che queste battaglie hanno dato i loro frutti: fino a due anni fa il presidente degli Stati Uniti d’America era un afroamericano, Barack Obama, e oggi la nostra presidentessa del senato è una donna, come lo sono senatrici e parlamentari della nostra Repubblica.

Tutto quello che è penetrato nella nostra società e che ormai è strutturalmente essenziale per essa, tutto quello che conosciamo oggi e che riteniamo insito nella nostra cultura, è stato frutto di lunghe battaglie. Tanto è quello che siamo riusciti ad ottenere seguendo il ritratto di società che ci è dato dalla dichiarazione. Ma non dobbiamo pensare che ciò che abbiamo ottenuto sia il punto di arrivo, non dobbiamo convincerci che la nostra realtà sia immutabile e che le ingiustizie a cui assistiamo siano ammissibili e non si deve giustificare la propria inerzia di fronte a queste.

Si pensi a tutte le guerre che si stanno combattendo tutt’ora, si pensi alla Birmania, dove due reporter sono stati arrestati e torturati solo per aver svolto il proprio mestiere; alle donne che in molte parti del mondo ancora non hanno diritto ad un avvenire, costrette ad essere subordinate prima al proprio padre, poi al proprio marito, ridotte ad un puro oggetto di scambio e, durante le guerre, utilizzate come arma dai soldati, stuprate: uccise senza aver tolto loro la vita, come succede in Congo.

Ma non dobbiamo allontanarci così tanto per vedere le ingiustizie che ancora appartengono al nostro mondo. La parola dignità è strutturale non solo per la costituzione italiana, ma anche per la carta fondamentale dell’UE, ma sembriamo dimenticarcene con i migranti, alzando barriere e discriminandoli. E dire che anche noi italiani venivamo spesso disprezzati in giro per il mondo, quando partivamo con il nostro sacco in spalla, contenente tutti i nostri averi, per far fortuna, per fare un po’ più di soldi di quelli che si facevano nel Bel Paese, dove non c’era lavoro.

“Solo la battaglia per la dignità può salvare la democrazia”. La nostra democrazia si fonda sulla battaglia per i diritti umani. Il pericolo più grande è l’indifferenza. Non dobbiamo dimenticarci del nostro passato e non dobbiamo dimenticarci dei traguardi ottenuti e delle ingiustizie vissute, per non riviverli più e per non farli vivere ad altri. Questo lavoro comincia dalle scuole.

Preoccupante è il fatto che le iniziative per questo 10 dicembre non abbiamo coinvolto le scuole e tutti gli allievi, ma, in rari casi, soltanto una piccola delegazione di studenti oppure una singola classe. La divulgazione di quei diritti che rappresentano un traguardo fondamentale per l’umanità tutta non dovrebbe essere lasciata da parte all’interno della discussione scolastica. Molti ragazzi non sanno ciò che è successo il 10 dicembre del 1948, e non sapendolo non si rendono nemmeno conto di che traguardo ha significato per il genere umano.

La Dignità non è soltanto un diritto che va difeso più di tutti gli altri ma anche un dovere che va rispettato, perché la dignità e l’uguaglianza dei diritti ci permette di esprimere al meglio le nostre diversità, tutelati e apprezzati per quello che siamo, liberi ed eguali in dignità e diritto.